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  • Cosa dice a noi giornalisti la vicenda dell'hotel Rigopiano

    La vicenda dell'hotel Rigopiano, sul Gran Sasso, dice molte cose dei nostri tempi e delle modalità dell'informazione. Provo a elencarne alcune...

  • La 'preoccupazione attiva' per l'ambiente che tutti noi dovremmo avere

    Ad Alfonso Cauteruccio, fondatore e presidente di Greenaccord, abbiamo rivolto alcune domande dopo la terribile alluvione nelle Marche.

    Sui temi ambientali c’è un disinteresse anche dei mass media?

    Riferendomi ai giornalisti c’è da dire che c’è stato un grande avvicinamento ai temi ambientali. Ancora molti, però, li affrontano alla Cassandra o alla Polyanna, ossia usando toni molto forti o troppo rassicuranti o non indagando sulla bontà di quanto la reputazione delle aziende che si definiscono “green” proclama. I giornalisti sono chiamati a sviluppare responsabilità nei cittadini, perché la terra grida il proprio malessere, non tacendo la verità ma facendo intravvedere campi di impegno, soluzioni e semi di speranza.

    Altro discorso per gli editori. A muovere la pubblicità sono ancora le grandi aziende spesso legate al fossile che hanno scelto di non negare l’evidenza ma di relativizzarne le conseguenze. Sembra che la logica sia quella del vecchio adagio di Hobbes primum vivere deinde philosophari, ma qui non si tratta di fare ragionamenti oziosi!

    Anche i politici ne parlano poco... Perché?

    La grande sfida del prossimo futuro sono i cambiamenti climatici che ci stanno sconvolgendo la vita. Ciò significa adottare politiche di prevenzione e di adattamento. Ma costano e sono difficili da far digerire ai cittadini che preferiscono l’immediato, mentre il tutto richiede tempi lunghi che non sono propri della politica. Alcuni partiti hanno programmi con previsioni interessanti, altri con pochi contenuti efficaci, altri ancora sono di ispirazione “verde” e quindi più sul pezzo ma, purtroppo, incidono poco nel panorama generale.

    Qual è il “tono giusto” del confronto secondo lei?

    Direi che il “tono giusto” è quello della preoccupazione attiva, cioè quello di non nascondere le numerose nebulose che abbiamo davanti e allo stesso prendere provvedimenti efficaci o inserirli nei programmi come priorità.

    Greenaccord ha aperto una strada e si impegna molto anche nella formazione di giornalisti e comunicatori. Che risultati avete ottenuto in questi anni?

    Sono vent’anni che Greenaccord si fa carico di richiamare la responsabilità del giornalista circa la cura della casa comune. In quest’arco di tempo abbiamo tentato di formare o quanto meno sensibilizzare qualche migliaio di giornalisti, italiani e stranieri, mettendoci a loro fianco mediante il confronto diretto con gli scienziati. Risultati concreti si iniziano a vedere già da qualche anno con giornalisti che hanno iniziato a mettere in portafoglio le tematiche ambientali e spesso in ambiti non propriamente attinenti e quindi con valore maggiore. Sono anche nate in Costa Rica, in India, in Pakistan e in altre zone del mondo delle iniziative di reti di giornalisti del nostro network che hanno come finalità le tematiche ambientali e soprattutto il dibattito serio e avanzato sulla lotta ai cambiamenti climatici. Ma c’è ancora tanto da fare e la comunità dei comunicatori deve crescere e maturare.

    Anche in questa ultima tragedia emerge la “noncuranza”. Si ignorano gli allarmi, i precedenti, i rischi. Forse dobbiamo diventare sentinelle dell’ambiente, noi giornalisti?

    Papa Francesco stigmatizza nella Laudato si’ una sorta di ecologia all’acqua di rose e sonnacchiosa che ci fa sentire appagati ma che in realtà è poco incisiva. Nasce da questo “dormicchiare” delle istituzioni, dei media e dei cittadini un lasciar correre in attesa degli eventi... che poi arrivano senza farsi annunciare e producono tragedie e lutti. L’adattamento ai cambiamenti climatici ci impone di rivedere ciò che nelle nostre città e borghi non è più adatto a far fronte a situazioni a cui non siamo abituati. La soluzione sta nel prendersi cura del territorio non lasciando al caso piccoli interventi che sembrano inutili e dispendiosi ma che possono garantire una certa sicurezza. Ma, per essere chiari, i sindaci sono in grado di spostare risorse su lavori che ai più possono apparire come inutili? A questa evoluzione culturale è affidata molta della nostra capacità di assorbire gli effetti dei cambiamenti climatici.