rai

  • Grandi novità per Radio Rai

    La radio è un media ‘sempreverde’, e la Rai punta a rinnovare la propria offerta radiofonica.

  • I bambini italiani cinque ore al giorno tra tv e internet

    Il 97% dei bambini italiani con età compresa tra i 4 ed i 14 anni è stata per 208 minuti al giorno, ogni giorno dell’anno, davanti alla Tv e soprattutto durante le festività; gli ascolti più alti si registrano il sabato e la domenica, giorni in cui viene superata la soglia dei 200 minuti.
    A questo tempo va aggiunto quello speso su Internet. Le elaborazioni Audiweb per il Sole 24 Ore indicano in 128 i minuti passati in rete dai navigatori tra i 4 e i7 anni e in 214 per chi ha da 8 a 14 anni. Insomma, televisione ed internet giocano un ruolo centrale nell’impegnativa vita dei ragazzini...

  • I nostri auguri a Vincenzo Morgante (nuovo direttore di Tv2000), 'attento sempre al lato positivo di ogni fenomeno'.

    I nostri auguri a Vincenzo Morgante, che lascia la Tgr della Rai per andare a dirigere Tv2000, non sono di maniera, avendone incrociato, nel nostro percorso Ucsi, la sensibilità umana e le capacità professionali, come documentano queste sue parole: “E’ nostro dovere professionale raccontare il lato negativo di un mondo del lavoro pieno di criticità, con un’attenzione speciale alle storie delle persone, alla vita quotidiana delle famiglie. Ma in maniera altrettanto professionale continuiamo a porre l’accento sui risvolti positivi, sulle buone pratiche, sul lavoro che cambia”.

  • I presidi del 12 maggio in 15 sedi della Rai

    L’Usigrai organizza 15 presidi nelle sedi della Rai per sollecitare un “CdA autonomo, indipendente e di alto profilo”. E per invitare il Parlamento “a dare una corsia preferenziale ai disegni di legge di riforma della governance”.

  • I programmi più visti del 2020: c'è molta informazione Rai. + 40% per Rainews 24, sale anche la Tgr

    Nella “top 20” dei programmi tv del 2020 i primi 13 sono tutti di Rai1, che è anche il canale più seguito con il 16,5% di share nelle 24 ore e il 18,7% in prima serata.

  • Il 16 maggio in Rai convegno su mafie e libertà di stampa. Ricordando Pippo Fava.

    Il 5 gennaio dell’84 veniva ucciso a Catania Pippo Fava, giornalista e uomo di cultura che aveva denunciato duramentela mafia.

  • Il calcio in radio e in tv (sulla Rai) che fece innamorare noi giovani

    Cinquant’anni fa, il 27 settembre 1970, cominciò una delle trasmissioni più fortunate (e longeve) della Rai e di tutta la televisione italiana: Novantesimo Minuto. I primi conduttori furono Maurizio Barendson e Paolo Valenti. Quest’ultimo rimase al suo posto fino al 1990. Quel programma, a lungo l’unico della domenica a raccontare il calcio con le immagini, ha ispirato intere generazioni di giornalisti. E’ stata la ‘scintilla’ per molti giovani, proprio come "Tutto il calcio minuto per minuto" alla radio. Ecco cosa ha scritto Riccardo Clementi sul nostro sito a proposito del sentimento che suscitavano quelle prime radiocronahce, così diverse da oggi (ar)

  • Il primo commento di Usigrai e Fnsi dopo la nomina di Orfeo a dg della Rai

    Il Consiglio di Amministrazione della Rai ha nominato Mario Orfeo alla direzione generale, dopo l'intesa in assemblea con gli azionisti. Sette i voti favorevoli, compreso quello della presidente Monica Maggioni, contrario solo Carlo Freccero.

  • Il ricordo di Albino Longhi: 'lo ha sempre ispirato un'idea di giornalismo libero e autonomo'.

    L’Ucsi piange la scomparsa di Albino Longhi, storico direttore del Tg1 della Rai, l’azienda nella quale entrò nel 1969. Nato a Mantova nel 1929, aveva iniziato la sua attività giornalistica alla "Gazzetta" locale. Poi è stato caporedattore di "Sicilia del Popolo" a Palermo, dell'Agenzia Italia e di "Avvenire d'Italia" di Bologna. Ha diretto il Tg1per due volte, dal 1982 al 1987 e poi per un breve periodo nel 1993. In seguito lasciò la Rai e diventò direttore del quotidiano "L'Arena". E'stato anche socio dell'Ucsi. Il nostro Andrea Melodia lo ricorda così (ndr):

  • Il ricordo di Emilio Rossi (di Andrea Melodia)

    All'indomani dell'incontro molto partecipato di lunedì a Roma, per ricordare il compianto Enilio Rossi (scomparso il 4 dicembre 2008), riproponiamo ora il bel ritratto che ne fatto nei giorni scorsi proprio qui Andrea Melodia, che ha conosciuto molto bene Rossi e con lui ha lavorato a lungo (ar)

  • Illuminare (di più e meglio) le periferie geografiche e umane

    L’informazione sulle periferie (geografiche e umane) deve ancora crescere di qualità, rimettere al centro gli invisibili, i giovani, le donne, gli esclusi. E’ quanto emerge anche da questo terzo rapporto “Illuminare le periferie”, presentato (non a caso) a Tor Bella Monaca, periferia simbolo di Roma.

  • In Rai una 'struttura contro le fake news'. La dirige Di Bella

    Mentre cresce il volume della comunicazione in tutta Europa (con tutti i mezzi e con internet che raddoppia i contatti) nasce una “struttura contro le fake news” all’interno della Rai. La guida il direttore di Rai News, Antonio Di Bella. Dice l’amministratore delegato Fabrizio Salini: “Questa struttura sarà in grado di sminare le fake news, anche di raccontarle”.

  • Indagine Agcom per la Sicilia: l'84% cerca l'informazione locale

    Interessante analisi del consumo di ‘informazione locale’ in una singola regione. Lo ha fatto per la Sicilia l’Agcom. Risulta che l'84 per cento dei siciliani si interessa di informazione locale e che la Rai è il primo gruppo per 'total audience informativa' (31%).

  • L'ad Fuortes si è dimesso, la reazione dell'Usigrai

    L’ad della Rai Carlo Fuortes si dimette («non ci sono più le condizioni per proseguire il mio lavoro di amministratore delegato», ha detto) e l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti, reagisce con durezza.

  • L'analisi (senza sorprese) dell'osservatorio Agcom su ascolti radio e tv e vendite dei giornali

    Si mantengono abbastanza stabili gli ascolti di Rai e Mediaset nel report dell’Agcom, relativo al mese di marzo 2019.

  • L'analisi dei fatturati del settore media

    Secondo lo studio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, nel 2021 i ricavi delle aziende editoriali italiane sono stati di 3,82 miliardi di euro. Un dato che rappresenta una crescita del 7% su base annua, ma segna una flessione del 10% rispetto al 2017.

  • L'anno che viene, i diritti da riaffermare (anche nel giornalismo)

    Il 2021 ci saluta lasciandoci una forte inquietudine legata a questo momento di recrudescenza della pandemia, con tutte le ricadute, di ordine sanitario, clinico, sociale, culturale e economico.

  • L'eccesso di cronaca "nera" e il giornalismo che costruisce pace e giustizia

    Di recente il vertice Rai ha ritenuto che la cronaca nera che le reti mandano in onda abbia superato ogni limite. Non solamente perché a livello educativo si favoriscono comportamenti emulativi ma soprattutto perché sembra quasi che una faccia della moneta della realtà sia l’unica.


    Nella complessità di leggere il reale il giornalismo deve essere forte e tenersi radicato nel suo fondamento: non serve per distruggere il mondo ma per cambiarlo. Se si parla di violenza e di guerra per fare notizia occorre anche parlare di pace e di giustizia che sono gli unici antidoti per arginare il male.

    Durante il Novecento la Chiesa è ritornata a riaffermare con fermezza il valore della pace. Per i Papi la pace è nutrita da una radice spirituale e può essere costruita da coloro che scoprono la «pace del cuore» e sono capaci di dialogare con culture e religioni diverse. In quale modo si può distinguere un giornalismo che parla di pace? Quello per esempio che si prodiga per investire in formazione, oppure che racconti la costruzione della pace nei territori, o quello che dà spazio alle politiche di riduzione degli armamenti fino a prendere posizione per promuovere la riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro i poteri forti che la bloccano.

    Per la Chiesa punto di arrivo per una nuova partenza rimane la costituzione pastorale Gaudium et Spes del Vaticano II (1965), che dopo aver esaminato la natura della pace, dono di Dio da accogliere e da custodire, contiene l’unica condanna radicale di tutto il Concilio: «Ogni azione bellica […], è un crimine contro Dio e l’umanità che bisogna condannare con fermezza e senza vacillazione» (n. 80).

    Ma c’è di più: quale giornalismo sta promuovendo sistematicamente la giustizia?

    Lo sappiamo. La situazione intesa in senso stretto nelle carceri italiane rimane complessa: nei 195 istituti penitenziari italiani, sono presenti circa 54.000 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 49.480. Il tasso di recidiva all’inizio del 2015 era pari al 69%; questo significa che dei circa 1.000 detenuti che escono dalle carceri ogni giorno, circa 690 ritorneranno a delinquere.

    Eppure il giornalismo al servizio della giustizia aiuta, per esempio, la popolazione carceraria a comprendersi? Si tratta di persone poco rappresentative della società se pensiamo che il 5% dei detenuti sono analfabeti, il 45% è straniero, il 38% è senza fissa dimora, solamente l’1% dei detenuti sono laureati; il tasso di suicidi nelle carceri è 18 volte superiore a quelli fuori.

    E quando scriviamo di giustizia lo facciamo considerando le carceri una discarica sociale oppure un luogo per rieducare in cui è necessario coinvolgere anche la società dei ben pensanti?

    E ancora: il giornalismo è preparato a immettere nell’Ordinamento nuove forme di giustizia che rendano più umano e possibile la rieducazione?

    Il giornalismo può avere il potere di riconciliare, perché questo è possibile. Tuttavia per «rifondare» la giustizia occorre una conversione culturale che contrapponga alla visione retributiva quella riparativa, che si fonda su una domanda: cosa può essere fatto per riparare il danno? La riparazione non è solamente riconoscimento, include un percorso di riconciliazione che è impostato su quattro passaggi fondamentali: la consapevolezza da parte del reo della propria responsabilità; la comprensione da parte del reo dell’esperienza di vittimizzazione subita dalla vittima e del danno compiuto nei confronti della comunità intera; l’elaborazione, da parte della vittima, della propria esperienza di vittimizzazione; infine, la presa di coscienza da parte della comunità dei livelli di rischio.

    E tutto questo va narrato.

    Il modello della giustizia riparativa, chiamata anche restorative justice, è molto diffuso soprattutto negli Stati Uniti e in Canada ma il giornalismo italiano ne parla troppo poco.

    Proprio grazie a una parte del giornalismo nei Paesi anglosassoni, è avvenuto un vero cambiamento promosso dalle comunità, dalle persone, dal basso. Si è partiti con un’idea di restorative community e si è fatto un importante investimento sulla promozione del paradigma riparativo nella formazione dei bambini che, oltre a essere i cittadini del domani, rappresentano la possibilità di cambiare prospettiva nella risoluzione dei conflitti interpersonali.

    Se il modello della giustizia riparativa sta dando buoni risultati e timidamente sta entrando anche nel nostro Ordinamento per quale motivo il giornalismo italiano non si ricompatta per dire che la pena non può rimanere (solo) detentiva? L’idea di corrispettività della bilancia della giustizia in cui al negativo bisogna rispondere con il negativo ha dimostrato il suo fallimento.

    Certo non è semplice, ma per il giornalismo è a portata di mano se vuole essere al servizio della democrazia e della pace. Lo ribadisce anche l’autorevole esperienza di don Ciotti: «Non parliamo, beninteso, di un cammino facile, perché la giustizia riparativa è, prima di un sistema giuridico, un prodotto culturale, capace di promuovere percorsi di riconciliazione senza dimenticare le esigenze della giustizia “retributiva”, incentrata sul rapporto tra il reato e la pena, e della giustizia “riabilitativa”, più attenta al “recupero” del detenuto […]. Percorsi delicati, quasi mai lineari, […] perché il ricostruire le relazioni umane e il tessuto sociale non può andare a discapito dell’equità, della certezza e della funzione riabilitativa della pena».

  • L'Europa spinge sulla riforma della Rai: rischio di 'interferenza politica'

    Per il sindacato dei giornalisti è la conferma dei loro timori. La risposta del commissario europeo per il mercato unico, Thierry Breton, sui rischi per l’indipendenza del servizio pubblico, in Italia, viene giudicata positiva.

  • L'evoluzione (in Italia) del sistema radiotelevisivo

    Lo abbiamo scritto nel precedente articolo (vedi qui): la Corte Costituzionale ha svolto una funzione centrale per l’affermazione dell’art.21, sia perché ha conferito alla libertà di espressione uno status degno dei più alti e nobili principi democratici, sia perché ha contribuito a mantenere aggiornato il diritto, al passo con le necessità della società.