DESK 4/2016 - Le sfide del giornalismo al tempo di Francesco

Questo numero di Desk riprende i contributi principali del Congresso cercando di portare avanti qualche linea di riflessione e di proposta emerse a Matera, una città che è stata più che uno sfondo per i nostri lavori, rappresentando, oltre che un luogo accogliente, anche il simbolo della volontà di riscatto di un meridione ricco non solo di tradizione e di storia, ma anche di potenzialità ancora da esprimere e di valori umani e sociali da testimoniare.
Non è facile definire il tempo di Francesco, né è scontato delineare, per questo tempo che coincide con il nostro, le sfide per il giornalismo. A chi continua a sventolare la bandiera del pessimismo e della crisi senza offrire alcuna alternativa o via di sbocco, ma inducendo semplicemente all’immobilismo e alla paralisi, oppure volgendo lo sguardo nostalgico al passato dei bei tempi andati,  si può obbiettare che si, questi sono tempi di crisi, ma, come afferma papa Francesco, “ogni crisi nasconde un buona notizia che occorre saper ascoltare affinando l’udito del cuore” (Esortazione apostolica Amoris Laetitia, n. 232).
La buona notizia non è quasi mai una notizia eclatante. E’ più spesso una notizia nascosta, che non fa rumore, quella che bisogna cercare, guardando e ascoltando con un costante esercizio di occhio e di orecchio. E’ in fondo un compito dei giornalisti cercare le notizie, così come è una sfida provare a leggere della realtà non solo gli aspetti più evidenti ma anche quelli più nascosti.
Quando un equilibrio si rompe è avanti che bisogna tendere, verso il nuovo da costruire, pur senza perdere la memoria della storia da cui si proviene.
Il tempo di Francesco è un tempo dinamico, mobile, che ha rimesso in movimento la chiesa con un’energia tale da imprimere nuove spinte anche a livello  della sfera pubblica, in un’ottica globale che impone di andare al di là dei confini nazionali. Basti pensare ai grandi temi come la pace, la natura e l’equilibrio del pianeta, i movimenti migratori, la famiglia, l’amore, la giustizia, e poi l’attenzione specifica verso soggetti come i bambini, i giovani, gli anziani, le donne, i poveri e gli esclusi. Basti pensare ai piccoli grandi gesti ecumenici e interreligiosi che indicano la strada possibile, doverosa, già aperta, di una fraternità tra gli uomini che è più forte di ogni differenza di credo, di razza, di lingua o di religione.
Il tempo di Francesco è quel tempo superiore allo spazio di cui si parla nell’Evangelii Gaudium al n. 222, in cui è più importante “iniziare processi” che “possedere spazi”, privilegiando “le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti (…) Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci.” E’ questa un’indicazione e una prospettiva utile anche per  giornalisti e comunicatori, e per lo stesso cammino dell’Ucsi nei prossimi anni.
Il tempo di Francesco è un tempo creativo, in grado di sorprendere e aperto alla sorpresa, è un tempo di dialogo e aperture, in cui costruire ponti è più importante che innalzare quei muri, fisici o ideologici, che dietro il pretesto della sicurezza o della difesa identitaria  nascondono la tentazione della divisione, dell’egoismo, dell’indifferenza, diventano semplicemente, e banalmente, una barriera che esclude, nascondendo una fetta di realtà, ignorando la complessità dei fenomeni.
Nei numerosi viaggi apostolici in Italia e all’estero papa Francesco ha prediletto in questi anni le isole, i luoghi di frontiera e quelli di periferia. Non sono state scelte casuali. Ogni isola non basta a se stessa, e ha come più antica e principale porta di ingresso un porto, che è contemporaneamente il luogo della partenza e dell’ approdo. Dalla periferia si riesce a guardare meglio il centro, e la periferia stessa può diventare centro, in un capovolgimento delle prospettive cui questo papa ci ha abituati. La frontiera, infine, rimanda a un oltre e a un altrove, è un crocevia in cui si agitano tensioni, una soglia da spostare in avanti.
Il tempo di Francesco è un tempo esigente, che rispetto alle grandi sfide e ai grandi interrogativi di oggi richiama ciascuno alle sue responsabilità, secondo il suo ambito, senza indugio, e procedendo in fretta. E’ contemporaneamente un tempo che chiede talora di fermarsi, e di “fare un passo indietro e vedere da lontano”, come invitava a fare il beato Oscar Romero. Non è facile per i giornalisti abituati a stare dentro le cose, immersi nella realtà da raccontare, fare un passo indietro, eppure è talvolta necessario proprio per vedere più distintamente, per cogliere contorni e sfumature, connessioni e relazioni.
Il tempo di Francesco è il tempo della speranza e della misericordia, esploso in un anno santo straordinario e decentrato, tematico, che richiama a un nuovo modo di guardare e di ascoltare che mette in discussione non solo la chiesa, ma chiunque abbia responsabilità pubbliche a diversi livelli, in quel dovere storico che consiste oggi più che mai nel favorire percorsi di pace e di pacificazione, di giustizia e di inclusione sociale. Perché c’è una chiave politica e geopolitica della misericordia che va al di là del fatto religioso, e si ritrova anche nel messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali di quest’anno, che invita a cogliere nel binomio “Comunicazione e misericordia” un incontro fecondo.
L’attenzione è centrata sui modi e sul contenuto della comunicazione, su ciò che si dice e su come si dice, cogliendo nella chiave della misericordia una specie di potere nascosto che consente di “sanare le relazioni lacerate e di riportare la pace e l’armonia” tra le famiglie, nelle comunità, ma anche nei  rapporti tra i popoli. Una delle caratteristiche del messaggio di quest’anno è nel fatto che si rivolge non solo agli informatori, ai giornalisti e ai comunicatori, ma a chiunque abbia un ruolo pubblico, “a quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica”, auspicando che “anche il linguaggio della politica e della diplomazia si lasci ispirare dalla misericordia, che nulla dà mai per perduto”. Perché in fondo, a pensarci bene, la misericordia è un antidoto alla disperazione.
Una grande sfida per i giornalisti al tempo di Francesco consiste nel ripensare se stessi e la propria funzione sociale rifuggendo dalle barriere e dalle logiche corporative, recuperando il senso più profondo della democrazia e del bene comune, aiutando a costruire comunità, in controtendenza rispetto a tante spinte disgregatrici e a tanti interessi di parte spesso camuffati.
Fa parte del passato il meccanismo verticale del sapere e della stessa informazione, oggi la comunicazione è orizzontale, e fiumi di notizie scorrono gratuitamente via internet. E’ sentire diffuso un diritto all’informazione che si può esercitare con una specie di “fai da te”, in modo sempre più personal: ciascuno può costruirsi un proprio palinsesto, o una propria gerarchia delle notizie. In questo quadro i giornalisti che intendono il proprio ruolo come un servizio al pubblico devono sapere intercettare bisogni ed esigenze del pubblico o dei lettori, anche quelli  non espressi, devono essere necessariamente multimediali, sapendosi muovere agevolmente tra più piattaforme integrate. E’ una sfida di aggiornamento e di professionalità cui non tutti, e non sempre, sono preparati, anche perché le trasformazioni in corso sono così veloci che anche per i comunicatori sembra imporsi un salto generazionale se non si vuol perdere l’attenzione dei cosiddetti “nativi digitali” che i giornali non li comprano più, né vedono la televisione come si faceva fino a pochi anni fa, eppure si nutrono di immagini e video molto più che i loro genitori, e sono raggiunti da una considerevole quantità di notizie al di là della loro stessa capacità di ricercarle. Oggi dunque non basta più dare notizie, ma bisogna aiutare a ricostruire contesti, a cogliere connessioni non sempre scontate, fornendo chiavi di lettura per aiutare a orientarsi nella complessità. E’ quello che cerchiamo di fare, senza smettere di fare e di farsi domande, mantenendo vivo quel pizzico di curiosità che è un po’ il lievito del nostro mestiere.
Nella sua relazione a Matera il presidente Melodia ha parlato in alcuni passaggi della crisi “epocale” della professione, in cui “si mescolano conseguenze che derivano dalla trasformazione tecnologica - il digitale, la rete - con quelle di natura culturale”1. In questo quadro, di mutamenti peraltro molto veloci, il nostro Ordine di riferimento, quello dei giornalisti, si trova ad essere regolato da leggi e norme pensate in un tempo e in un contesto molto lontani dai nostri giorni.
Nel dibattito, vivo in questi anni, su una necessaria riforma dell’Ordine, non è mai venuto meno da parte dell’Ucsi quel contributo di idee e proposte per la vita di una categoria di cui siamo parte e che ci sta a cuore nella sua globalità. Oggi non possiamo che auspicare che alla tanto sospirata riforma in grado di rispondere alle nuove sfide ed esigenze si arrivi al più presto, per non aggiungere ritardi a ritardi.
Altro punto che riguarda la vita della categoria è quello relativo alla formazione e all’aggiornamento professionale, che fanno parte da sempre del DNA dell’Ucsi. Da quando la formazione  è diventata per i giornalisti un obbligo di legge, i numerosi corsi Ucsi organizzati in tante parti d’Italia, con il riconoscimento dei crediti da parte dell’Ordine, sono stati per noi un’opportunità e uno stimolo nuovi e contemporaneamente un servizio offerto a tutti i colleghi che ne hanno fruito. E’ una strada sicuramente valida, da continuare a percorrere sia con proposte nazionali, a partire dalla scuola di formazione dedicata a Giancarlo Zizola, sia a livello delle Ucsi regionali. E’ stato, questo, un punto che il Congresso di Matera ha indicato con chiarezza, insieme al rilancio dell’osservatorio di Media Etica, con due temi portanti: la riflessione su ragazzi e media e quella sul servizio pubblico, in mesi di trasformazione profonda per la Rai e non solo. Sono le sfide che ci vedono impegnati da qui in avanti.
Tra i “lavori in corso” in queste settimane, il rinnovamento e il rilancio degli strumenti di comunicazione Ucsi, dal sito, ai social, a Desk, da rinnovare e integrare meglio tra loro. Ma è solo un cammino che continua.   

 

Ultima modifica: Mar 4 Apr 2017