La riforma del Terzo Settore e le nuove opportunità che apre alle piccole imprese editoriali

Un altro articolo scritto da uno dei giovani presenti alla Scuola di Formazizone "Giancarlo Zizola" di Assisi.

Prospettive dell’associazionismo alla luce delle nuove norme sul Terzo settore”. Questo il titolo dell’intervento tenuto da Alessandro Mazzullo del Consiglio nazionale del Terzo settore, nel corso della prima sessione di lavori della scuola di formazione “Giancarlo Zizola” nella giornata di sabato 17 novembre.

Molte sono ancora le domande inevase che gli enti del Terzo settore si stanno ponendo alla luce della riforma che li riguarda. Riforma che può interessare in parte anche il mondo dell’editoria che adesso può guardare alle novità del settore come un’opportunità per ripensarsi, dando nuovo spazio, nella governance dell’impresa editoriale del futuro, ai protagonisti economici dei territori, giornalisti e lettori-spettatori.

Secondo Mazzullo “nella misura in cui l’attività posta in essere può rientrare nell’ambito delle attività di cui all’art. 1 del decreto legislativo 112/2017 che regola specificatamente l’impresa sociale, questa può, dal punto di vista fiscale per esempio, godere di una completa defiscalizzazione degli utili reinvestiti in riserva. Questa attività può essere svolta, in via esclusiva, o prevalente, anche da un ente che non abbia una forma di tipo societaria, come per esempio un’associazione, o una fondazione. Associazioni o fondazioni che svolgendo una vera e propria attività imprenditoriale - in via esclusiva o prevalente - godono di un regime fiscale diverso, ovvero quello originato dal titolo decimo del Codice del Terzo Settore, che prevede tra le altre cose un regime forfettario e una semplificazione contabile. La prima cosa da capire è pertanto se l’attività giornalistico-editoriale può rientrare tra quelle dell’elenco tassativo contenuta nell’art. 1 del decreto legislativo 112/2017”.

Questo tipo di percorso potrebbe essere intrapreso anche da un’associazione come l’Ucsi per aiutare magari una piccolissima realtà sul territorio, composta per esempio da 4-5 giovani, e sostenerli nel creare una nuova impresa di carattere editoriale, per generare lavoro sui territori legata al suoi principi? Secondo Mazzullo questo “è possibile già oggi” dove un’associazione può diventare socio di una srl, a maggior ragione pertanto lo può essere un’impresa sociale.

La formula “impresa sociale” è una semplice qualifica, non un tipo giuridico; può esserlo pertanto un’associazione, una fondazione e non necessariamente un ente societario. “Impresa sociale” può esserlo una fondazione di partecipazione dove oltre alla classica governance di una fondazione vi si associa un organo di tipo assembleare che può esprimere valutazioni di indirizzo. Tutte queste realtà possono essere impresa sociale.

Non è indifferente scegliere un tipo piuttosto che l’altro e ciascuno di questi porta con se vantaggi e svantaggi. Per esempio nella srl abbiamo una governance più semplice, mentre nella cooperativa o nell’associazione si riescono ad aggregare nell’impresa sociale più soggetti. È ovvio che il loro coinvolgimento se può rafforzare l’attività d’impresa, dall’altra parte rende più complessa la governance di queste “imprese sociali” caratterizzate dal principio democratico “una testa un voto”.

Ultima modifica: Lun 19 Nov 2018