Riforma del Terzo Settore: le nuove prospettive che apre, oltre alle incertezze che restano

La Riforma del Terzo Settore presenta un quadro normativo altamente rivoluzionario ma molto incerto.

Riguarda uno spazio intermedio di economia che in quasi venti anni di crisi economica, la più aggressiva dal dopoguerra, secondo le rilevazioni dell’Istat, ha continuato a crescere. Un comparto verso il quale il legislatore per un certo tempo ha guardato anche con sospetto.

Ma la legge delega del 2016 è intervenuta con lo scopo di riordinare e semplificare la disciplina del Terzo Settore e responsabilizzare gli enti che vi partecipano. La sua attuazione richiede però ulteriori atti, tra provvedimenti ministeriali ed autorizzazione dell’Unione Europea. Una normativa dunque ancora da definire su cui si sono interrogati ad Assisi, nell’ambito della Scuola di Formazione, i giornalisti dell’Ucsi con il prof. Alessandro Mazzullo, membro del Consiglio Nazionale del Terzo Settore.

La riforma da una parte comporta innovazioni normative e agevolazioni fiscali, dall’altra impone una riflessione sulla società che vogliamo diventare. La sua portata pertanto è anche culturale e sociologica. Il legislatore ha recepito che il mondo del volontariato produce valore. In particolare, nel settore delle politiche sociali sopperisce e sostituisce lo Stato. È stato accertato che il volontariato contribuisce ad abbattere le spese pubbliche e a incrementare il Pil.

La normativa dunque, per quanto incerta, ha cercato di dare delle risposte a questi aspetti dell’economia e della politica che già riguardano il Paese. “Bisogna chiarire innanzitutto –ha sottolineato Mazzullo - che il no profit non è un mondo senza profitto, nel senso che non è capace di produrre reddito. E’ la finalità che caratterizza le imprese del terzo settore, nel senso che non deve avere lo scopo di ripartire utili”. Ne consegue che è compatibile l’organizzazione di impresa con attività di impatto sociale. Molti dei bandi pubblici statali ed europei, infatti, ai fini dell’ammissibilità ai finanziamenti misurano l’impatto sociale, ‘filantropico’ che si sta detereminando. Questo è un aspetto non da poco per il no profit che ha anche un problema di finanziamento. Contando su risorse sempre più risicate, statali e private, un’organizzazione d’impresa lo agevolerebbe nell’accesso ai fondi pubblici.

Appare evidente che si sia già avviato un processo di cambiamento culturale, di cui bisogna prendere atto, che prescinde da quanto la riforma del Terzo Settore sia riuscita a declinare in normative giuridiche. Tutto ciò che concerne il no profit non può più essere distinto dai concetti di economia, sviluppo, impresa. Questa è già una rivoluzione, una risposta.

Ultima modifica: Lun 19 Nov 2018