La ' ripartenza' dell'Ucsi, dopo il congresso. Parla il presidente Varagona: 'spazio ai giovani, passiamo al noi, ascoltiamo di più. E apriamo una nuova stagione nell'Ordine'

Vincenzo Varagona è il nuovo presidente dell'Ucsi. E' stato eletto domenica scorsa dal XX congresso nazionale dell'associazione, che si è svolto a Roma. Ha 60 anni, è originario di Lecco ma risiede ad Ancona. E nelle Marche è vice caporedattore della Tgr Rai. Questa è la prima intervista per il sito dell'associazione, gli chiediamo dei giovani, delle difficoltà della ripartenza e anche delle elezioni dell'Ordine dei giornalisti.

É ancora utile oggi, a 62 anni dalla sua nascita, un’associazione come l’Ucsi? A chi si rivolge? Ed è in atto un po’ di rinnovamento al suo interno?

Sono nell’Ucsi da quasi quarant’anni. Ho vissuto un po’ tutte le stagioni, quella più ‘politica’, poi la crisi, poi la ripresa, partita da Emilio Rossi, grande direttore del Tg1 gambizzato dalle Brigate Rosse. C’è stato un momento, nella mia ‘adolescenza associativa’, in cui ero convinto si dovesse cambiare tutto, anche il nome. Con la ‘maturità’ alcuni legittimi bollori sono passati. Adesso c’è convinzione, consapevolezza di un ruolo essenziale da svolgere, e mi ci sono buttato, nella convinzione che sia indispensabile rivedere la governance associativa, come ci viene chiesto da più parti, e come è giusto che sia.

C’è però una crisi della rappresentanza, ad ogni livello, in ogni organismo. Qual è allora la strada dell’associazione per rendersi visibile, per incidere nel dibattito pubblico sulla professione?

Io vedo che i ragazzi, i giovani colleghi, ci cercano. Forse c’è un problema di ricerca di visibilità ma io credo che se già riuscissimo a dare qualche risposta a chi ci guarda con interesse saremmo già sulla buona strada. Come nella vita i ragazzi vivono una profonda ricerca di senso, cosí nella categoria tanti giovani colleghi hanno domande di senso che cercano risposta.

Abbiamo letto i pareri dei giovani su “come dovrebbe diventare questa Ucsi in futuro”. Sono da condividere le loro aspettative? Quali in particolare?

Stiamo vivendo un importante passaggio generazionale. Per un fatto fisiologico l’Ucsi si sta necessariamente svecchiando, altrimenti morirebbe. In generale nell’educazione credo molto nel principio della circolarità educativa: è miope pensare che i ragazzi siano oggetto passivo del processo educativo, in realtà se ci si pone in un ‘assetto’ di comunicazione educativa, hanno tanto da insegnare. Così nella nostra categoria: ognuno di noi ha sempre tanto da imparare da chi ci sta a fianco. Ci si comunica esperienza, velocità, freschezza, anche l’umiltà dell’imparare, ad esempio, da situazioni estreme. Occorre passare, tra giovani e meno giovani dal “voi e noi” al “noi” e basta. Non sono solo parole, sono prospettive diverse che poi offrono prospettive diverse nel lavoro comune.

Questa è certamente una fase particolare, di una possibile ripartenza, per tutti. Ma il virus ha lasciato tante macerie anche nel giornalismo. E i giovani che incontriamo spesso hanno poche prospettive di lavoro e di salario. Rischiamo di perdere un’intera generazione di giornalisti, alla fine. Si può fare qualcosa, anche nel piccolo?

Intanto, come dice il papa, occorre sapersi ascoltare. E poi, rimboccarsi le maniche. Io non sarei eccessivamente pessimista. La ripresa arriverà, sta arrivando. Il problema è farsi trovare pronti e non esserne travolti. Al congresso dell’Ucsi ho visto tanti giovani colleghi che mi hanno trasmesso un’energia straordinaria. Non chiedono a me, a noi, lavoro. Non potremmo darlo, non siamo editori, né agenzie di collocamento. Chiedono di avere spazi di proposta. Questi, più che possiamo, dobbiamo darli. Hanno idee, progetti, proposte. Sono strumenti per creare altro, tanto altro. E su questo ‘altro’ vogliamo esserci.

Tra pochi giorni ci saranno le elezioni dell’Ordine dei giornalisti, e per la prima volta saranno anche on line. La speranza dunque è che aumenti la partecipazione. L’Ucsi si schiera?

Questa è una domanda ‘birichina’, ma non mi tiro indietro, anche se non so se la risposta ti soddisferà. La mia impressione è che dietro l’attuale dibattito, al di la delle parole, delle liste e dei candidati non ci sia quello che dovrebbe esserci. Le distanze non sono, mi sembra, su un’idea di professione, o di futuro, su una legge di riforma. Conosco bene i candidati, posso dire che sono amici personali, con cui – entrambi- ho personalmente condiviso tante battaglie professionali. A dividerli, oggi, è altro. Ecco, credo che siamo chiamati a inaugurare anche nell’Ordine una nuova stagione, in cui si cerchi quello che ci unisce, più che quello che ci divide in modo esasperante e preoccupante. Cerchiamo insieme una strada che ci porti a offrire all’opinione pubblica un’immagine piena di una professione a servizio della ricerca della verità. L’Ucsi può offrirsi come spazio franco di dibattito, riflessione e proposta, credo che i tempi siano maturi per questo percorso.

Nella prossima giornata delle comunicazioni sociali papa Francesco ci inviterà all’ascolto, prima che alla parola. Anzi, ci chiede proprio di reimparare ad ascoltare. Un bell’impegno, no?

Il papa ci ha invitato, pochi mesi fa, a consumare la suola delle scarpe. Nella crisi della professione, è un invito a recuperare la nostra capacità d’inchiesta. In stagione di pandemia, è un invito a uscire di casa fisicamente, dopo mesi di giornalismo per molti vissuto necessariamente in casa. Adesso l’invito all’ascolto. Ci aiuta a recuperare le tante dimensioni della persona. La persona, prima che il giornalista, ha bisogno di ascoltarsi e ascoltare. Ascoltarsi per recuperare una dimensione di equilibrio interiore, che è fondamentale. Ascoltare, per emarginare il rumore che ci avvolge, e capire, cogliere, cose, persone, fatti autentici. Il silenzio aiuta a rafforzare la relazione con le persone. Un bell’invito, da un Papa Francesco che non finisce di sorprendere.

Che consiglio dare ad un giovane che intende intraprendere la strada del giornalismo?

Altra bella domanda. In genere cerco di disinnescare queste ‘ambizioni’. Sui monti Sibillini c’era un frate che aveva ingaggiato una lotta contro il tempo per costruire un Santuario, con le sue sole mani. Diceva che glielo aveva chiesto in sogno il Signore. Ci ha lavorato mezzo secolo, spesso tra la derisione e incomprensione dei più. Il ‘Muratore di Dio’ ce l’ha fatta, prima di morire, nel 2015. Ebbene, quando qualcuno arrivava al cantiere per aiutarlo diceva: lascia perdere! E i più lasciavano perdere. Qualcuno però resisteva e alla fine, credendoci davvero, dopo mille tentativi, è riuscito a diventarne amico e collaboratore. Ebbene, oggi il giornalismo è ancora un mito: il grande inviato, la vetrina televisiva e - da un po’ di tempo – anche radiofonica e on line. Resta il fatto che “uno su mille ce la fa...”. La stragrande platea si deve accontentare, quando va bene, di essere pagato pochi euro a pezzo o vivere con un gruzzolo di uffici stampa. Non sono in grado di dire se riusciremo a modificare questo scenario. So che è l’ora della semina, ribadendo profili etici che restano alla base della professione e cercando di inventare modelli che alla base abbiano il rispetto della persona, sia giornalista che destinatario della nostra informazione e comunicazione.

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Nella foto Ucsi qui sopra un momento del XX congresso, nel riquadro Vincenzo Varagona subito dopo la sua elezione. Varagona prende il posto di Vania De Luca.

Ultima modifica: Dom 3 Ott 2021

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