Il contributo dell'Ucsi alla 'settimana sociale' di Taranto

Pubblichiamo di seguito, alle vigilia dell’avvio della ‘settimana sociale’ di Taranto, l’introduzione di Vania De Luca al volume “Pensare il futuro” (a cura di Maria Paola Piccini e Paola Springhetti, leggi qui la presentazione).

Vania De Luca

Pensando all’equilibrio tra uomo e ambiente, oggi fortemente compromesso, al futuro e ai giovani, ai temi del lavoro e della sostenibilità, viene in mente un pensiero di Franz Kafka ispirato al libro della Genesi e contenuto in uno degli otto Quaderni in ottavo scritti tra il 1917 e il 1918, mentre l’Europa bruciava sotto i colpi della prima guerra mondiale e l’autore manifestava i primi sintomi gravi della tubercolosi: «Noi fummo creati per vivere nel paradiso, il paradiso era destinato a servirci. Il nostro fine è stato mutato; ma nessuno ha mai detto che sia mutato anche il fine del paradiso». 

Quando nell’ottobre 2017 si tenne a Cagliari la 48ma Settimana sociale dei cattolici in Italia, l’Ucsi volle offrire come suo contributo di riflessione un numero della rivista “Desk” sul tema Raccontare il Lavoro, che si chiedeva e si sperava, allora, come libero, creativo, partecipativo, solidale. A distanza di quattro anni, mentre siamo tutti segnati dal vortice di una pandemia tutt’altro che vinta, la 49ma settimana sociale di Taranto rilancia ancora il tema lavoro, invitando a coglierne, in particolare, le connessioni con due parole chiave: ambiente e futuro.

Siamo convinti, ora come allora, che l’informazione abbia un ruolo insostituibile nell’accendere i riflettori sui grandi temi sociali del nostro tempo, per aiutare scelte consapevoli e condivise, e che nel futuro giocherà la sua credibilità tanto sul piano del “come” quanto su quello del “cosa”.

La lezione della pandemia dovrebbe portare a una revisione profonda dei modelli di sviluppo e degli stili di vita perché la sostenibilità ambientale non è un lusso, ma una necessità improrogabile se si ha a cuore la sopravvivenza stessa della vita sulla Terra, come ha profeticamente sostenuto l’enciclica Laudato Si’ a partire dal 2015.

Un approccio ecologico gioverebbe anche all’ecosistema dei media, in continua evoluzione, e oggi chiamato a ridefinire se stesso, e la propria funzione sociale, sapendo che «praticare un’ecologia dei media significa anche preoccuparsi di agire per migliorare le relazioni interpersonali e il rapporto con il mondo attraverso i media»[2].

Nell’affrontare i tanti aspetti connessi alla pandemia, l’organizzazione mondiale della sanità ha ripreso un neologismo creato dal politologo americano David J. Rothkopf nel 2003, e oggi entrato nel linguaggio comune: infodemia, definita come «abbondanza di informazioni, alcune accurate, altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno».

Secondo Marica Spalletta l’unico possibile rimedio all’infodemia (e alla disinformazione che ne deriva) possono essere da un lato i media mainstream «che una forse troppo semplicistica vulgata vorrebbe pachidermici rispetto alle esigenze e caratteristiche di un’informazione che viaggia veloce, e perlopiù in Rete», dall’altro gli stessi giornalisti, la cuiprofessionalità (e credibilità), dopo anni di disintermediazione, «si misura anche in ragione della propria capacità di mantenere la giusta distanza.» [4]

Dopo Cagliari, l’invito della Chiesa italiana fu quello di continuare a lavorare sui temi che erano stati messi a fuoco, e l’UCSI lo fece commissionando nel 2019 una ricerca all’istituto Catchy, che analizza i big data con algoritmi di intelligenza artificiale, sulle dinamiche di coesione e polarizzazione delle opinioni espresse dagli utenti di Twitter attorno ad alcuni temi d’attualità politica in quel momento, poi confluita nel numero della rivista “Desk” dedicato al temaRaccontare la Comunità[5]. Dal 31 marzo 2019 al 13 maggio 2019 furono raccolti 1.222.747 tweet contenti almeno una parola tra le seguenti: “posti di lavoro”, “mercato del lavoro”, “giustizia”, “migrazioni”, “migranti”, “immigrazione”, “cittadinanza”, “politica”, “democrazia”, “disuguaglianze”, “diritti”, "economia civile”. Furono raccolti inoltre 128.341 tweet contenenti la parola “diritti”, che misero in evidenza una stretta connessione con il tema del lavoro, così che il Primo Maggio (#1maggio) veniva definito come una festa dei diritti.

Il dataset costituito per indagare il tema “ambiente” mostrava come questo non fosse più di tanto pubblicizzato dalla politica nazionale. La maggior parte degli hashtag più popolari (#sostenibilità, #rifiuti, #ecologia, #clima, #inquinamento, #salute, #natura) era contraddistinta dalla prevalenza di utilizzo con sentiment positivo. #Plastica era l’unico hashtag popolare connesso alla politica nazionale, soprattutto grazie ai tweet del ministro dell’ambiente che aveva lanciato un’iniziativa per la limitazione degli imballaggi, contrassegnata dall’hashtag #plasticfree.

La ricerca metteva in evidenza come i temi lavoro, ambiente, diritti, fossero fortemente sentiti dall’opinione pubblica (a questi vanno oggi aggiunti i temi legati a salute e sicurezza), con un’implicita richiesta alla politica di fare di più.

Nel desiderio di partecipare anche al percorso preparatorio per la settimana sociale di Taranto, UCSI ha deciso di collaborare con la Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale della Università Pontificia Salesiana per la realizzazione delle due ricerche presentate in questo volume, per capire che tipo di sensibilità e di conoscenza abbiano i giovani da un lato e l’informazione dall’altro, sugli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibile, in linea sia con lo spirito della Laudato Sì, sia con gli obiettivi di Taranto 2021.

Per diventare migliori

Quando si comincia un lavoro di ricerca, capita a volte di non avere del tutto chiaro l’obiettivo che si vuole raggiungere, che poi si centra strada facendo, passo dopo passo. Per incertezza sulle coordinate o anche solo perché la rilevazione da fare è sottotraccia, di non immediata percezione e richiede un’analisi approfondita i cui elementi possono variare sotto gli occhi dell’indagatore.

Non è il caso di questo lavoro, per il quale due finalità sono state chiare fin dall’inizio: da un lato cercare di capire cosa sanno i giovani della Agenda 2030 e dei suoi 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, dall’altro verificare se e come l’informazione si è impegnata sui temi dell’agenda e quali problemi ha incontrato.

I due profili indagati sono ben definiti e il loro orizzonte si colloca all’interno di due coordinate: da una parte, l’importanza vitale (sempre più riconosciuta anche a causa di recenti disastri ambientali) dell’intervento umano a tutela e conservazione del Pianeta, delle sue risorse e delle relazioni sociali che vivono donne e uomini, presenti e futuri; dall’altro lato, la percezione (anche questa netta) che su questi temi e sul lavoro che si sta facendo per raggiungere, in tutto o in parte, i 17 obiettivi entro l’anno prefissato, non sia sufficiente (se non proprio latitante) l’informazione prodotta.

Detto ciò, i giovani (fascia di età sempre di difficile inquadramento, oggi forse più che in passato) sicuramente sentono la necessaria preoccupazione che su questi temi fondamentali si stia giocando la qualità della vita del nostro (e ancora più del loro) futuro. Il movimento Fridays for future ne è una prova. Ma cosa pensano che si stia facendo in concreto?

Ecco allora che accertare le potenzialità e le difficoltà, i punti forti e i punti deboli di una possibile azione di informazione e formazione basata su una strategia globale come quella in atto con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile, significa, di fatto, molte cose.

Far conoscere l’Agenda 2030 significa, innanzi tutto, far presente (di questi tempi non è affatto poco) che ci sono istituzioni – in particolare quelle internazionali, spesso sconosciute o, quanto meno, considerate megastrutture deboli e ininfluenti per le reali sorti dei singoli Paesi – che si sono attivate da tempo: con idee, strutture, risorse, progetti e finalità molto concrete e in maniera lungimirante su questi obiettivi.

Parlare di standard da raggiungere (su fame, lavoro, povertà, acqua, mari, cibo, parità di genere, ecc.) con una scadenza lontana nel tempo, ma per nulla irrealistici, significa inoltre parlare di progettualità, di costruzione del futuro, di visione, nell’interazione pensata di strutture, temi, persone, schemi, tempi e idee. Con step specifici e verifiche costanti.

L’agenda, con i suoi 17 obiettivi, fissa e trasmette, nello stesso impianto che la disegna, tre principi, oggi in controtendenza, ma decisivi per la salvaguardia del Pianeta: favorire un senso di “corresponsabilità” diffusa, perché ognuno con il proprio agire si senta personalmente protagonista attivo per favorire uno sviluppo che sia sostenibile e inclusivo. Secondo: la costruzione di comunità attive, non come somma di singoli individui, ma vere e proprie aggregazioni di sentimento e di pensiero, strutturate e capaci di intervenire in maniera collettiva e condivisa per raggiungere risultati efficaci. Infine, aprire uno sguardo ampio su orizzonti e Paesi diversi, andando al di là del proprio giardino di casa, perché le sorti di tutti sono sempre più interconnesse, in un globo fattosi sempre più piccolo.

Allora per rendere operativi nel quotidiano comportamenti, stili di vita, opzioni, scelte, bisogna fare in modo che l’attenzione alla sostenibilità sia un patrimonio diffuso e in costante crescita. È necessario che si faccia un salto di qualità, duraturo e mantenuto vivo grazie ad un’informazione completa, comprensibile, coraggiosa, che sappia esplorare anche linguaggi diversi coniugando insieme la concretezza dei fatti e il profumo delle passioni che scaldano cuore e menti.

Il messaggio del papa per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2020 conteneva un suggerimento prezioso: «Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana [...] che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri».

Sempre più fitti questi intrecci, come le connessioni e le interdipendenze che legano tanti aspetti della vita.

Il tempo duro della pandemia ha messo in luce tante fragilità e svelato tanti inganni, segnando l’inizio di una crisi da cui «non si esce uguali, come prima: si esce migliori o peggiori», come ha sottolineato in più di un’occasione papa Francesco.

Ciascuno può fare la sua parte perché se ne esca migliori, cambiando ciò che è da cambiare. Noi proviamo a fare la nostra cogliendo l’invito dello scrittore irlandese George Bernard Shaw: «Certe persone vedono come stanno le cose e chiedono perché. Io sogno cose mai esistite e dico: “perché no”?»[7].

 

Ultima modifica: Mar 19 Ott 2021