Greenaccord: 'il solito rinvio. La conferenza sul clima occasione sprecata'

Pubblichiamo integralmente la nota di Greenaccord sull'esito della conferenza Cop 27

Sono passati sette anni dall’accordo di Parigi, che fu accolto con entusiasmo quasi unanime. Già allora Greenaccord manifestò le sue perplessità sulla fragilità di tale accordo, per l’assenza di vincoli e strumenti politici. Sette anni durante i quali le concentrazioni atmosferiche di gas serra sono continuate a crescere, addirittura con una impennata negli ultimi anni.

La COP 27 si è aperta con la passarella di Capi di Stato e di Governo e Ministri dell’Ambiente, che hanno promesso il massimo impegno per scongiurare un collasso senza rimedio del sistema climatico. Poi due settimane di aggiornamenti tecnici che hanno confermato l’aggravarsi del malato e l’urgenza di una cura che possa scongiurarne gli esiti più nefasti. Poi i soliti due giorni al fotofinish in cui, le decisioni importanti vengono rinviate alla prossima COP. Unica nota positiva è l’istituzione di un fondo delle Nazioni Unite per il sostegno ai paesi in via di sviluppo, per fronteggiare gli impatti di quel cambiamento climatico (Loss and Damage) del quale hanno una responsabilità molto marginale. Il fondo era stato ritenuto urgente nel 2013 durante la COP 19 di Varsavia; son passati nove anni da allora e ancora la cassa langue semivuota. L’obiettivo di mantenere l’aumento medio di temperatura sotto 1,5°C, riconosciuto da tutti a Parigi, è ormai poco più di un miraggio; nell’ultimo anno l’aumento delle temperature si è già attestato fra 1,1 e 1,2°C.

Possiamo ben dire che dopo 27 anni nei quali la scienza del clima, le tecnologie sulle energie pulite e rinnovabili, l’efficienza dei processi industriali e degli altri settori di consumo, le tecniche di accumulo di energia per facilitare la penetrazione delle energie discontinue come il sole e il vento, hanno fatto progressi inimmaginabili, siamo ancora senza decisioni concrete e vincolanti. Continuano a mancare strumenti economici per la carbon equity, come l’applicazione di un dazio sul differenziale fra paese esportatore e importatore, nel commercio internazionale. I politici non hanno più alibi per ritardare la transizione ecologica e tecnologica necessaria eppure, anche di fronte agli enormi danni che ormai il clima sta causando in questi ultimi anni, continuano a difendere strenuamente l’esistente per l’interesse di settori industriali senza futuro ma con un grande potere economico di cui la politica ha bisogno per il suo presente.

In Italia le energie rinnovabili continuano ad esser ostacolate dalla burocrazia, anche oggi che oramai hanno superato la soglia di competitività sia rispetto alle fonti fossili che al nucleare. La Germania si è impegnata ad installare 20 GW/anno di energia rinnovabile; l’Italia appena 0,8 GW/anno. Nel nostro Paese, l’azienda energetica di Stato mette poco a frutto la propria esperienza per sviluppare l’eolico fluttuante in mare ed investire sull’industrializzazione dei tanti brevetti prodotti nelle nostre università e nei centri di ricerca sul fotovoltaico. Nessuno si occupa più della geotermia di media temperatura, abbondante su tutta la fascia appenninica e convertibile in elettricità senza discontinuità.

La politica per 27 anni ha fallito e continua a fallire su un problema che riguarda il nostro presente e minaccia gravemente il futuro dell’umanità. Tutti concordano che il malato è grave, la scienza ha definito la cura per salvarlo, ma i Governi Mondiali rinviano di anno in anno le terapie necessarie avvicinando il pianeta malato ad un esito irreversibile.

Comunicato: Greenaccord

Ultima modifica: Lun 21 Nov 2022