Li amò fino alla fine

«Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine»: leggiamo queste parole nel vangelo di Giovanni (Gv 13,1) all’inizio del racconto della Passione di Gesù. Un amore fino alla fine, fino alla morte in croce, fino alla risurrezione e all’apparizione ai suoi, prima a Maria Maddalena e alle altre donne, poi agli apostoli, a Pietro, al discepolo amato, a Cleopa e al suo amico, all’incredulo Tommaso...

Un amore tenero e attento, fedele e gratuito, che sorprende e sovverte le nostre logiche, come nel gesto della lavanda dei piedi, e per questo ci interroga e ci provoca.
Un modo per celebrare la Pasqua, per dare corpo agli auguri che ci scambiamo, può essere allora quello di seguire la traccia di questo amore donato da Gesù, per poi ritrovarlo nelle nostre vite. Per farlo guardiamo al Cristo risorto, ai segni della Passione che mostra ai suoi, perché lo riconoscano e credano.

Guardiamo al costato trafitto, da cui uscì sangue e acqua: è quello stesso cuore che più volte ha sentito una profonda misericordia e compassione per le persone che incontrava, come la vedova di Nain che accompagnava il figlio morto alla sepoltura o come le tante persone che erano accorse ad ascoltarlo ed «erano come pecore che non hanno pastore» (Mc 6,34). Guardiamo alle mani che portano il segno dei chiodi e ricordiamo le persone di cui si è preso cura, le donne e gli uomini provati che hanno sperimentato un nuovo inizio, quanti sono stati sfamati, nel corpo e nello spirito, grazie ai pani spezzati. Chi sono oggi le persone piegate dal dolore? Chi sono gli smarriti e confusi? E chi è al loro fianco?

Fermiamoci a contemplare in particolare i segni della Passione che ci mostra il Risorto: essi ci parlano della vita donata che si fa strada attraverso il dolore e la sofferenza, attraverso l’odio e il rifiuto, senza ignorare o evitare il male, ma aprendo una breccia al suo interno, mostrando che non ha l’ultima parola, nonostante l’apparente forza. In un tempo ferito dai tanti conflitti in corso e dalle diseguaglianze che si approfondiscono, quali sono i volti di chi è stato abbandonato per strada e di chi si china per prestargli aiuto come nella parabola del samaritano?

Guardiamo al suo costato e alle sue mani per fare memoria di quanto è accaduto duemila anni fa e per riconoscere oggi, nel nostro quotidiano, come questo amore sia ancora all’opera, anche se alle volte passa inosservato, come scriveva George Eliot: «Poiché il bene crescente del mondo dipende in parte da atti ignorati dalla storia; e se a te e a me le cose non vanno così male come sarebbero potute andare, lo dobbiamo in parte a coloro che hanno vissuto con fede una vita nascosta e riposano in tombe dimenticate».

Riconoscere e raccontare questi atti di amore apparentemente minori e modesti di cui siamo testimoni, ma che sono capaci di costruire un bene concreto e profondo, è allora il modo più autentico di augurarci “Buona Pasqua” in un tempo che è assetato di pace e giustizia.

L'autore è il consulente ecclesiastico dell'Ucsi nazionale

Ultima modifica: Sab 8 Apr 2023