#altropresepe - il potere della mangiatoia che sconvolge il potere del mondo

“Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto. Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!” (Luca 3, 1-6)

Questo brano del Vangelo al capitolo 3 di Luca, che di fatto annuncia l’inizio della predicazione di Giovanni a cui seguirà quella di Gesù, ci fa capire che Dio si è incarnato nell’umanità in un preciso momento della storia e che ieri come oggi esisteva un sistema, civile e religioso, che gestiva il potere.

Anche nel capitolo precedente di Luca, il 2, il racconto della nascita di Gesù si apre con l’inquadramento della situazione storica e politica, che di fatto stabilisce anche il luogo della nascita di Gesù, visto che Giuseppe e Maria si recarono a Betlemme per il censimento: “In quel tempo l'Imperatore Augusto con un decreto ordinò il censimento di tutti gli abitanti dell'impero romano. Questo primo censimento fu fatto quando Quirino era imperatore di Siria” (Luca 2, 1-2).

In questi passaggi non si parla della qualità del sistema ma si capisce che il potere ha una sua struttura, che spesso si organizza per autoconservarsi, magari anche in modo familistico come nel caso di Erode e del fratello Filippo, mentre l’annuncio del Regno dei Cieli parte dalla voce di uno che grida nel deserto, nato da una coppia che era anziana e sterile e che pensava di non poter ormai avere una discendenza. Per non parlare di Gesù, concepito dallo Spirito Santo, nato in una mangiatoia e cresciuto nel nascondimento a Nazareth.

In teoria, il potere non dovrebbe temere questi “predicatori” così lontani per genesi e stile, eppure fin dall’inizio i governanti sono infastiditi da Giovanni e da Gesù. Perché sono “strani”. Sono diversi. Sono scomodi. Parlano un linguaggio che scompagina la logica del potere. Un bambino che nasce in una stalla viene definito 'Re dei Giudei' dai Magi. Il potere va in tilt quando c’è qualcosa che non può controllare, quando c’è un racconto fuori dagli schemi, quando incappa in termini non contemplati dal proprio vocabolario, quando incontra persone che ragionano con una logica opposta: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti” (Marco 10,42–45).

Sono infatti i pastori a ricevere l’annuncio dall’angelo e ad accorrere alla mangiatoia, sono allo stesso modo i Magi a portare i doni al Salvatore. Poveri o ricchi, semplici o saggi, le persone che comprendono la bellezza della Salvezza sono quelle che hanno il cuore aperto, senza sovrastrutture. Chi, al contrario, è concentrato su se stesso, sulla vanagloria, sul mantenimento di una fetta di potere, è turbato da Chi nasce per liberare e cambiare il cuore dell’uomo. Anche se in realtà Gesù tiene sempre distinti i piani (“date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”), il potere lo vede come un pericolo, un potenziale nemico. Anche se è semplicemente un bambino.

In fondo, se ci pensiamo bene, il sistema di potere con le sue azioni contrapposte è la realtà che più riconosce la grandezza del Padre: dalla strage degli Innocenti alla decapitazione di Giovanni fino alla morte in croce di Gesù, il sistema conferma che, laddove il potere è fine e non mezzo per servire, tende ad eliminare ciò che non è allineato oppure a lavarsi le mani per non prendere posizione su una questione che potrebbe diventare compromettente nella gestione del consenso.

È l’avidità che soffoca l’amore, perché abituata com’è a tramare nell’ombra non è avvezza alla luce che spalanca orizzonti nuovi, così belli ma anche così inediti, da far pensare che alla fine sia molto più conveniente arroccarsi nella difesa del proprio potere, piccolo o grande che sia, piuttosto che stravolgere la propria vita fidandosi di uno che invita a servire e a farsi ultimi per essere grandi.

La dinamica del potere spesso si riflette in piccolo nei nostri cuori e nella nostra professione: quante volte siamo così concentrati sui nostri pensieri da vedere gli altri come un impedimento? Quante volte siamo chiusi all’incontro? Quante volte, nella vita e nel lavoro, preferiamo insistere con le nostre consuetudini che ci inducono ad essere eccessivamente prudenti, intimoriti da tutto, attenti solo al nostro orticello? Quante volte optiamo per una narrazione dei fatti allineata al sistema, che tutto sommato ci fa dormire sonni tranquilli, a scapito di una verità scomoda ma liberante? E più cresciamo più ci troviamo ingessati in queste dinamiche assurde, dai rapporti familiari a quelli di lavoro, dalle relazioni di amicizia alla politica. Con il cuore grinzoso e rassegnato. Dimentichiamo che anche noi siamo stati bambini.

Siamo stati come quel Bambino nato nella mangiatoia. Indifesi e liberi, in grado solo di affidarsi all’altro per poter vivere. Antitesi dell’egoismo. Per questo rivoluzione totale che tanto inquieta chi non vuol cambiare niente. Che il Natale ci strappi dalle caverne della nostra cupidigia e restituisca i nostri cuori a quel Bambino che è venuto per darci la pienezza che spesso cerchiamo nei luoghi, nei posti e nei modi sbagliati. Perché la felicità, in ogni ambito della vita, ha solo un prezzo: smetterla di credere a prescindere alle fonti convenzionali e agli abbagli del mondo, per sperimentare ogni tanto una strada nuova, fidandosi di una voce diversa, di chi nasce in una stalla e muore su una croce.

Foto di Sara Bessi

Ultima modifica: Mer 26 Dic 2018