#altropresepe - come la levatrice di Betlemme, ammirati davanti alla Storia

Non l’ho mai conosciuta. Ma tutti me ne hanno sempre parlato. E a scorgere nel presepe tante donne, tra le quali anche le levatrici, mi è venuto subito davanti il suo volto, che ho incontrato solo in fotografia.

La mia bisnonna, Maria, era la levatrice del paese. La conoscevano tutti perché era la depositaria di quelle ore dolorose e meravigliose, allo stesso tempo, in cui le donne, giunte al termine della gravidanza, davano alla luce i propri figli.

Quando era l’ora, in paese, le famiglie la chiamavano. Maria, nonna Maria, arrivava puntuale, pronta, con povere cose al seguito – non c’erano certo gli strumenti di oggi – ma un’esperienza ed una determinazione più grandi della sua statura minuta. In testa il suo consueto fazzoletto annodato sulla nuca. I capelli annodati in un minuscolo chignon. Organizzava le donne che l’avrebbero aiutata nel suo prezioso compito: chi a prendere l’acqua dal pozzo, chi ad accendere il fuoco per scaldarla, chi a racimolare panni puliti... c’era lavoro per tutti, anche se il lavoro più importante era nelle sue mani e in quelle della puerpera.

La accompagnava nell’arrivo, la vita, lei che non aveva di certo studiato. La accoglieva al suo venire alla luce, la nuova vita, lei che custodiva inquietudini e grida delle partorienti. E la accarezzava, quella vita, mentre la porgeva, in tutta la sua tenerezza, alle calde braccia della madre, sfinita e grata dopo il parto. Per poi tornare a casa, pronta per un’altra chiamata.

E la immagino lì, davanti a Maria, Giuseppe e il Bambino. Certamente incredula per come la giovanissima Madre di Dio fosse riuscita ad affrontare, senza il suo aiuto, un parto in una stalla. Ne vedo gli occhi ammirati. Ne sento il cuore colmo di stupore e di fede. E mi piace pensare che raccontare storie di persone, come faccio per lavoro, è un po’ come custodirne la preziosa eredità: lei a far nascere figli, io a lasciar fluire storie. Per portare alla luce la vita.

Mi sembra importante potersi mettere a lato di una storia che, per lavoro, dobbiamo scrivere. Osservarla nel suo sciogliersi al racconto, offrirle il giusto ascolto – quasi come l’acqua calda e i panni puliti – affinché possa affacciarsi al cuore di chi si narra per diventare nuovo sguardo sulla vita. Raccontare perché ciascuno, prima narrandosi e poi rileggendosi, possa riconoscersi e guardare avanti.

E Maria, nonna Maria, sorride davanti a Maria, la Madre di Dio. Mi hanno raccontato un’altra storia. Insieme. E qui ho potuto, con semplicità, provare a raccontarla.

Ultima modifica: Gio 27 Dic 2018

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