Le edicole aperte, un presidio per la sopravvivenza - #allafinestra

Perplessa, quasi contrariata, perché nei vari decreti del presidente Conte le "edicole" sono considerate indispensabili. E, dunque, restano aperte. Così una mia “amica” su Fb, cara amica anche nella vita reale: persona sensibile, di sicura fede democratica, di forte fede religiosa.

Ma su questo piccolo dettaglio proprio non transige: hai voglia di intavolarci discussioni virtuali, tentare di farle capire che sempre ma specie in questo momento il “pane” distribuito in un’edicola equivale a quello comprato in un forno. Hai voglia di postare pareri altrui che a te sembrano autorevoli, a sostegno di questa elementare e un tempo scontata tesi. Nulla da fare.

A che serve oggi un’edicola? Tutti quanti, i giornali, li possiamo leggere online. In rete troviamo tutto. A ogni istante la rete ci fornisce, gratis, notizie di ogni genere. Dunque – dice “Antonella” (nome di fantasia) – perché, mentre si deve stare tutti chiusi in casa per rallentare il grande virus, a qualche girandolone viene dato il pretesto per uscire con la scusa del giornale?

Nulla da fare, con “Antonella”, neppure facendo presente che molte edicole si sono attrezzate per la consegna a domicilio. Nulla neppure facendo appello agli arcinoti studi secondo cui “leggere” su uno schermo non è la stessa cosa, in termini di apprendimento, come leggere un testo su carta. Nulla: figurarsi intavolare un confronto sul valore dell’informazione, libera e pluralista, per essere davvero cittadini consapevoli. Nulla: tenere aperte le edicole in tempi di coronavirus è una sorta di lusso – questo il pre/giudizio di “Antonella” – che oggi non possiamo permetterci.

Nei giorni scorsi mi sono divertito, ma soprattutto impaurito, con l’assurdo e spesso cattivo dibattito social fra “sceriffi” e “camminatori”. Premesso che vivo in un paesino di campagna dove non mancano certo, specie nelle zone collinari, stradine e stradelli su cui camminare senza incontrare anima viva: chi farà la storia di queste settimane storiche, dovrà per forza ricordare le “furbizie” di quelli con i cani (povere bestie in certi momenti costrette a girare fuori come trottole), i trucchi di quelli che si sono inventati “runner” per uscire, ma anche le forzature di quelli che, assumendosi il ruolo di “sceriffi”, si agitavano fomentando odio contro chi, anche nel rispetto assoluto delle norme, osava fare “attività motoria” (magari avendone pure necessità mediche) o far sgambare il cane.

Su questo ho letto confronti allucinanti, ho visto montare odi paradossali. Ho visto il manzoniano “senso comune” (una sorta di “dagli all’untore che cammina”) sempre più capace di sostituirsi all’altrettanto manzoniano “buon senso”. Ma l’opposizione all’apertura delle edicole non me la sarei proprio aspettata.

Oltretutto “Antonella”, mi si creda sulla parola, nulla ha a che vedere con Napalm 51. E’ persona garbata, colta, sensibile. Con lei, stremato, ho chiuso questo confronto. Ribadendo la tesi per me ovvia che lei, ovviamente, ha respinto fin da ultimo.
Tenerli aperti - questi piccoli presidi di libertà e democrazia, già pieni di problemi per conto loro, chiamati “edicole” – non è né tossico né ingiusto; non sparge virus ma aiuta nella lotta contro varie tipologie di virus. Inutile obiettare che le notizie possiamo trovarle (gratis?) sulle rete, ma che troppo spesso la rete, se non si è abili, è veicolo di trappole pericolose.Inutile insistere sul valore della lettura approfondita, non superficiale.

Un’edicola è davvero come un forno. I loro pani sono diversi, ma entrambi risultano fondamentali per la nostra sopravvivenza. A te, cara “Antonella”, questi giorni di paura fanno concludere che chiudere le edicole sia giusto. A me è anche questo a fare paura. Il terrore per Covid19 prima o poi finirà. Fra i terrori residui - temo – anche la scomparsa definitiva delle lucciole. Delle api. Dei ghiacciai. E anche delle edicole.

Ultima modifica: Mar 24 Mar 2020