Proviamo anche a rovesciare l'ordine della nostra narrazione - #Ripensiamoci / 13

Stiamo vivendo un momento di grandi cambiamenti e di trasformazioni e lo smarrimento è grande. Siamo davanti a un crocevia, sospesi tra il desiderio di tornare alla vecchia vita, la cosiddetta normalità, e la necessità di andare oltre per ravvedersi.

Sono tante le questioni aperte, l’elenco sarebbe lungo; penso alla sanità, settore di cui la pandemia ha mostrato tutte le sue debolezze e la determinazione a volerle superare. C’è poi il tema della sostenibilità ambientale. Ci sono processi economici che vanno bloccati, il Covid 19 e, prima di esso, molti eventi tragici ci hanno insegnato che la natura presto o tardi presenta il conto. E poi il tema del digitale, che è collegato a quello del lavoro, giornalistico e non solo, che si è trasformato in smartworking, e a quello della formazione. Il mondo della scuola sta vivendo un momento decisivo e delicato. C’è bisogno di nuove infrastrutture, dalla banda larga alla messa in sicurezza del territorio.

Tanti sono i temi che si intrecciano tra loro che hanno cambiato la nostra professione, il nostro modo di raccontare, le nostre relazioni, i valori e i bisogni della nostra quotidianità. Anche la confusione diventa grande. Siamo bombardati da notizie che non sono notizie, per cui diventa rilevante ciò che non lo è. Le cattive notizie hanno quasi sempre il sopravvento sulle buone. Le conseguenze sono la diffusione di ansia, stress e preoccupazioni che ci rendono immobili, impotenti di pensare in maniera positiva, approfondita e creativa. E allora come fare a ripensarsi?

Papa Francesco al Meeting 2020 ha indicato una direzione, un percorso da intraprendere, facile o difficile dipende dai punti di vista, che sta nella capacità di utilizzare le difficoltà di questo momento come un’occasione per affrontare finalmente le criticità dei nostri modelli (economici, sociali, ambientali e di informazione) che si trascinano da tempo.

Entrando nel merito del mondo dell’informazione e della comunicazione nel quale operiamo, è indubbio che c’è qualcosa da migliorare. Siamo sempre più connessi, ma sempre meno informati in modo serio e capaci di pensare in maniera approfondita e originale. Si producono tante notizie che non aiutano a comprendere le dinamiche dei fatti. In questo momento più che mai è necessario fare buon giornalismo, quel giornalismo positivo che indica anche le soluzioni, non soltanto i problemi e le cattive notizie. I giornalisti dovrebbero puntare più sulla qualità che sulla quantità delle notizie. E poi il giornalismo non può limitarsi a raccontare i fatti. È necessario ripartire dalla narrazione, scegliere con cura le parole, cercare il bene tra le sfumature del nero.

Durante il lockdown Papa Francesco ha utilizzato molto la tecnologia e la messa del mattino è diventata un appuntamento fisso per tantissime persone, non solo credenti. Nelle sue intenzioni di preghiera ha denunciato, lanciato appelli ai medici, ai governanti, agli insegnanti, persino alle donne delle pulizie negli ospedali 8e ha ringraziato tutti loro, anche i giornalisti). Ma tornati alla normalità, il Papa ha messo in guardia contro la ‘virtualizzazione’ della Chiesa. E andando a riprendere il suo messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni, scritto prima della pandemia, penso che nell’incipit ci sia tutto. Ci dice molto chiaramente da dove ripartire per non smarrirci, per andare avanti insieme, per ripensarsi:

“Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazione, perché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme. Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri”.

Ci dice che non tutte le storie sono buone, bisogna raccontare e fissare nella memoria gli episodi più significativi, quelli capaci di comunicare il senso di ciò che è accaduto. Una banalità, forse! Ma che richiede di ripensare, di rimodulare, di cambiare, fino a rovesciare l’ordine delle priorità delle narrazioni.

Ultima modifica: Dom 6 Set 2020