Vigilare sulla cura della casa comune: una nuova missione per il giornalismo?

(restart-11) Spesso si sente discutere, nelle piazze fisiche e virtuali, di responsabilità sociale e di deontologia dei giornalisti e degli operatori della comunicazione, ma negli ultimi mesi accade con toni ancor più accalorati. Anzi, verrebbe da dire che dal dibattito pubblico, che nelle arene dei social si è consumato a suon di tweet e post sferzanti, emerge l’immagine di un giornalismo bersagliato da critiche non di rado ingenerose e posto dinanzi a una crisi di credibilità. Emblematico della rottura del “patto di fiducia” tra media e pubblico è il grottesco assalto alla sede della Bbc avvenuto a Londra a inizio agosto. La domanda sorge spontanea: come uscire da questo vicolo cieco?

Non c’è dubbio che il crollo delle vendite e degli introiti pubblicitari, la velocità della Rete, la moltiplicazione delle fonti e la selezione rigorosa dei contenuti che effettuano i motori di ricerca costituiscano coordinate di difficile interpretazione per il futuro del giornalismo, ma sarà bene insistere sul tema della credibilità. “Nulla sostituisce il vedere di persona”, suggerisce il Messaggio del Santo Padre per la 55° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. E forse è qui una chiave determinante per rinnovare la missione del giornalista. Che cosa dovrebbe sollecitarlo a uscire dalla propria postazione di lavoro e recarsi sul campo? Sono i limiti della Rete a mettere in risalto l’importanza di quel “vieni e vedi”, che suona ora come un rimprovero, ora come un’esortazione. E, di fronte all’estate torrida che ha assetato l’Italia e il resto del mondo, appare ancor più evidente quanto valga l’invito di Papa Francesco a seguire una Chiesa “in uscita”.

Il rapido aggravarsi della crisi ecologica ha messo in luce in che misura i media possano rivelare la forma più terribilmente concreta e minacciosa degli scenari descritti in dati e grafici dai rapporti dell’IPCC. È grazie a reportage, immagini dei disastri ambientali che hanno flagellato la regione mediterranea e interviste ai testimoni diretti che il livello di attenzione pubblica rivolta al cambiamento climatico non si è mai abbassato. Ma c’è di più, poiché l’impegno degli inviati sul campo, volto a sfondare il muro della “debolezza delle reazioni” rispetto a inquinamento e degrado ambientale (Lettera enciclica Laudato si), contribuisce ad accendere i riflettori sullo stato di buona o cattiva amministrazione degli enti locali, nonché dei beni comuni.

Su questi ultimi vorrei porre un accento particolare per via delle emergenze ambientali che hanno interessato negli ultimi mesi la mia regione d’origine, l’Abruzzo: incendi provocati, nella maggior parte dei casi, dall’incuria (oltre alla matrice dolosa) in cui versano ampie aree boschive, come la Pineta Dannunziana nel pescarese, e una crisi idrica imputabile alla gestione inadeguata dei bacini d’acqua e alla mancata manutenzione degli impianti di tubazione. Ecco che la missione del giornalista si carica di una nuova responsabilità sociale: vigilare sullo stato di salute della “casa comune”, indagando e informando sulle “zone grigie” in cui non di rado convergono, a geometrie variabili, gli interessi di amministrazioni locali, mondo imprenditoriale e criminalità organizzata.

E converrà specificare che la buona abitudine di vigilare si può applicare non solo attraverso pratiche di ecologia ambientale, ma anche di ecologia umana. Non deve sembrare strano, infatti, che gli operatori della comunicazione possano prendersi cura degli ambienti pubblici, fisici e virtuali, adottando linguaggi e comportamenti, ispirati ai principi deontologici della professione, che promuovano la concordia e la pace tra le comunità umane. Messaggio che è stato ribadito opportunamente nella Carta di Assisi, di cui sarà sufficiente citare il passaggio che recita: “Le parole sono pietre, usiamole per costruire ponti”. La speranza con cui si conclude il mio restart è che sia una testimonianza quotidiana di coerenza nella cura della “casa comune” a permettere al giornalismo di superare l’attuale crisi di credibilità e a fungere da deterrente contro i “vandali in casa” che minacciano il Creato e la pacifica convivenza tra i figli di Dio.

Nella foto di Maurizio Di Schino i diesgni "sul mondo" dei bambini del Kenya

Ultima modifica: Gio 26 Ago 2021