3/1 - Nel 2018... liberaci dall'azzardo e dal silenzio (talvolta complice) dei media.

Erano le 3:30 del mattino dell’otto gennaio 2017 a Ostia quando i carabinieri furono attirati dalle richieste di aiuto di un bambino di tre anni chiuso in auto al freddo con temperature sotto lo zero, a rischio ipotermia. Gli uomini dell’Arma indicarono al bambino i tasti della chiusura centralizzata per uscire dalla macchina in cui era rimasto intrappolato, al gelo. Il padre poi è stato trovato a giocare alle videolottery in una sala slot.

Ma quello è stato solo l’inizio di questo 2017 appena concluso, ce ne sarebbero tanti altri; c’è stato anche un padre che ha perso tutto nell’azzardo e la madre si prostituiva per permettergli di continuare a “giocare”.

Questo orrore i governanti del Paese lo chiamano “gioco lecito”, “gioco pubblico”, “gioco legale”, spesso con la complicità dei media. Sono tragedie che non trovano molta visibilità sull’informazione. I comunicatori troppe volte trattano questi argomenti in modo approssimativo e impreciso. Presi dalla velocità che viene loro richiede non dedicano lo studio e l’approfondimento che il tema necessita.

Non sono fatti che riguardano la cronaca spicciola se saltano i sentimenti più elementari e intimi di un padre per un figlio a causa di una slot machine. Sono materie che riguardano le politiche economiche e sociali del Paese. Si tratta di capire dove l’indifferenza di chi governa ci sta portando. Siamo di fronte a un’emergenza economica, etica, sociale e culturale che stenta ad essere compresa in tutta la sua portata e complessità.

Nel 2016 l’azzardo ha fatturato 97,8 miliardi (parliamo di circa 470mila macchinette sparse per tutto il Paese), fruttandone quasi 10 allo stato. Nel 2015 il giro d’affari ammontava a 88 miliardi. Il trend è in deciso e progressivo aumento. Da tempo il governo annuncia una riduzione mai attuata.

Il 7 settembre scorso la Conferenza unificata Stato Regioni ed Enti locali ha licenziato un documento che a oggi non si è mai tramutato in decreto legislativo e che non accenna ad alcuna riduzione del “consumo” di azzardo. Perché sulla riduzione dell’azzardo bisogna intendersi, soprattutto con le parole. Ridurre le sole apparecchiature non significa ridurre il gioco d’azzardo. Diminuire le macchinette non serve se non diminuisce il tempo di esposizione della persona al gioco.

Quando i politici annunciano ai cittadini “ridurremo del 30% le macchinette”, non significa che l’azzardo si ridurrà del 30%. Una macchina più moderna può fare il lavoro di due o tre e produrre danni anche maggiori. I nuovi apparecchi sono costruiti per creare dipendenza dal gioco. È facile dunque entrare a far parte dell’esercito dei 900 mila giocatori patologici italiani. Le slot machine e anche il ‘gratta e vinci’ rappresentano la via di fuga dalla vita reale, quando le cose non vanno a gonfie vele. Un momento di sofferenza e di depressione capita almeno una volta nella vita, tutti quindi saremmo potenziali giocatori. Ma questi sono alcuni degli aspetti dell’azzardo. Ce ne sarebbero tanti altri, come il legame con l’usura, il riciclaggio del denaro sporco, l’estorsione, sui quali ora non mi soffermo.

Liberarsi dall’azzardo direi che è utopistico, è un fenomeno antico quanto l’uomo, ma si può provare almeno ad invertirne la rotta. L’Italia è tra i primi Paesi al mondo per la diffusione dell’azzardo, ne ha fatto una ragione di politica economica e industriale. È il primato di cui bisogna liberarsi.

La missione è complicata, significherebbe bonificare il Paese dalle decisioni pubbliche prese negli ultimi venti anni. Ma non è impossibile. Ai comunicatori è affidato il ruolo da protagonista che hanno il dovere professionale, etico e morale di assumere.

Ultima modifica: Mar 2 Gen 2018