AltraEstate/5 - Ritemprarsi in montagna, aiutare (da giornalisti) la montagna

In pochi giorni estivi le montagne sono “gettonate”. C’è fresco, si mangia bene, ci si riposa meglio. Ma il problema sono i monti – in particolare quelli, per usare un concetto mauro-coroniano, “non firmati” – quando sono finite le poche ore di piccolo affollamento: i monti in autunno e primavera, ma anche i monti in inverni che i cambiamenti climatici lasciano intendere come in forte deficit di precipitazioni nevose.

Sono, e penso alla lunga fascia del nostro Appennino, terre alte sempre più spopolate e abbandonate. Qualche segno di tendenza invertita non manca, qualche giovane che torna a riscoprire mestieri antichi (la pastorizia, i lavori del bosco) esiste; ogni tanto i media ne parlano, ma in genere solo come fenomeni da baraccone. Segni piccoli, cifre di assai lieve consistenza, in un contesto ancora caratterizzato dal caos di cattive urbanizzazioni in oscene periferie cittadine.

Eppure quante potenzialità di vita ancora umana dai nostri monti, ad esempio dall’Appennino! In genere ignorato da ogni tipo di racconto, salvo purtroppo quando arrivano, per qualche ora, i riflettori dopo qualche tragedia. E quante potenzialità di racconti, anche giornalistici, da una natura ancora pulita e da quei pochi, coraggiosi, esseri umani che ancora resistono.

In questa loro resistenza – ma noi, cittadini di pianura, non sempre ce ne rendiamo conto – loro, in silenzio, fanno l’interesse comune. Così come lo fanno gli alberi: le strane creature di cui a malapena ricordiamo i nomi. Per non parlare di animali (lupi e orsi, pipistrelli e vipere compresi) e biodiversità che resistono, diminuendo sempre come numero, alle nostre quotidiane violenze.

Ricordiamo le montagne, anche di quelle “non firmate”. E chi ci abita. Raccontiamole più e meglio, nelle loro desolazioni ma pure nelle loro potenzialità. Da crinali e vette, cammini e fontane, foreste e sottoboschi, sentieri e sorgenti, paesi fantasma e borghi dove ancora si lotta per non andarsene, funghi e animali, prati e rugiada, alberi e mirtilli, pietre e ... da tutto questo c’è molto da imparare.

Fra qualche tempo le terre alte torneranno a vivere. Si sarà capito che, anche grazie alle tecnologie, l’esistenza quotidiana può essere vissuta, in meglio, anche tornando a far vivere borghi oggi in abbandono.

Occorrono politiche alternative, scelte istituzionali coraggiose, cambiamenti nei grandi scenari economici e nei personali stili di vita. Ma prima ancora ci vuole una saggia inversione culturale che aiuti una rivoluzione anche ambientale. E il racconto, anche quello giornalistico, può aiutare.

Ultima modifica: Lun 20 Ago 2018