AltraEstate/7 - Appassionarsi, da giornalisti, al 'lato umano' dei campioni dello sport (2)

Riccardo Clementi, autore di questo intervento, è anche un giornalista sportivo. Di recente ha scritto "Un Piraia in Cielo", appassionato ritratto di Marco Pantani (ndr).

Riccardo Clementi

Campione è una parola che evoca emozioni forti. Perché campione è colui che, attraverso gesta sportive spesso irripetibili, lascia un segno indelebile negli albi d’oro delle varie discipline e soprattutto nella mente dei tanti tifosi che si appassionano alla sua vicenda.

Anche in un contesto fortemente emotivo, qual è quello sportivo, il giornalismo ha il dovere di raccontare i fatti. Di narrare le azioni del campione, di seguire la sua parabola sia nella fase ascendente che in quella calante, che a volte si verifica in modo repentino e inaspettato e che in altre situazioni invece non avviene magari perché il campione dà l’addio all’attività agonistica proprio quando si trova all’apice del successo. Comunque vada, il giornalista deve cercare di mantenere il dovuto distacco per raccontare le gesta in modo oggettivo, senz’altro facendo vivere nel racconto anche l’emozione che il campione suscita in migliaia o milioni di persone, ma evitando di diventare anch’egli tifoso. Pro o contro, non importa. Quel che conta è che il giornalista non parteggi nell’approcciarsi alla notizia, più che altro per non inficiare la “purezza” di una narrazione che, nello sport, è tanto più bella quanto più sa far rivivere nel fluire delle parole l’essenza delle gesta compiute dal campione.

Certamente, laddove si tratti di competizioni in cui gareggiano rappresentanti delle Nazioni, il giornalista potrà sostenere nella cronaca gli atleti della sua stessa nazionalità ma senza far sì che questo condizioni il racconto, rendendolo così meno aderente alla realtà.

Semmai, per fare un buon servizio, il giornalista potrà fare un passo in più: narrare i fatti ricordando che dietro ogni atleta c’è un uomo e che un campione è prima di tutto una persona. Soprattutto nel giornalismo sportivo italiano, abbiamo visto campioni essere esageratamente adulati per poi venire scaricati da un giorno all’altro senza tener conto della loro storia personale ma esprimendo giudizi solo in base alla gloria dell’attimo. Il campione funziona? Vince? È una macchina di soldi, di sponsor? È anzitutto il ritratto della celebrità? Bene, lo si pompa anche mediaticamente. Il campione scade? Perde la sua aura luminosa? Non è più trend? Finito, morto e sepolto anche nel mainstream.

Ecco perché, indipendentemente dal fatto che il campione viva un momento di gloria o incappi in un rovinoso fallimento, è sempre importante che la narrazione dei fatti sappia svelare qualcosa anche dell’uomo o della donna che si celano dietro il personaggio. Non per osannare oltremodo una vittoria né per giustificare una caduta ma per fornire un quadro più completo, per far capire che un successo o una sconfitta sono sempre figli di un percorso che va oltre la mera forma fisica, per passare il messaggio che lo sport è vita in tutti i sensi con le mille sfumature che l’esistenza contempla nella sua scala di colori.

Narrare i fatti in modo oggettivo e fedele alla realtà, ma farlo appassionandosi al lato umano dei campioni, questo dovrebbe essere il compito del buon giornalista sportivo, lasciando perdere la superficialità del gossip e provando a scavare un po’ più a fondo. Potrebbe essere utile rileggersi la poesia “Goal” di Umberto Saba: non c’è bisogno di “violentare” la vita privata dell’atleta – questo lo fanno già in troppi – ma c’è semplicemente da cogliere l’umanità che sta dietro un gesto sportivo, la sensibilità che traspare da una smorfia di sofferenza, la filosofia che si nasconde in un’esultanza o in un’espressione di sconforto. Per andare oltre il tifo, il gossip, l’evento sportivo. E raccontare quel di più che solo quell’atleta – vincente o perdente sul momento non importa, perché Baggio ad esempio rimase campione anche quando sbagliò il rigore nella finale di USA ‘94 – sa fare e che lo rende campione. Unico e irripetibile. Come l’umanità di ognuno di noi.

nel riquadro: un frame del video di YouTube con le lactime del campione NBA James Lebron

Ultima modifica: Lun 20 Ago 2018