#AltraEstate/13 - Non si vive di solo pane

L’aria è più tersa, lassù. Il cielo è più azzurro. O forse è l’animo, più sereno, che sgombra tutte le nubi, anche quelle del cuore.

In cima alla collina, al Ronco (a un tiro di schioppo dal Passo del Furlo nelle Marche), da tempo immemorabile sorge una chiesetta dedicata alla Madonna della Neve. Ogni prima domenica di agosto, ma anche ogni seconda domenica di maggio, ci si arrampica lassù per vivere la spiritualità con Maria e per dividere il tempo, questo tempo, con gli amici, i parenti e gli sconosciuti che, chissà da chi, hanno saputo di questa festa attesa da sempre.

La famiglia di mia madre fu fra quelle che eressero questo piccolo tempio addirittura secoli fa, poi lo ristrutturarono chissà quante volte. Da lassù si domina la vallata del Candigliano, che collega strategicamente la Flaminia alla valle del Tevere; insomma congiunge l’Adriatico al Tirreno. “Dritto per dritto”, guardando in basso dalla recinzione che si erge a difesa dello strapiombo, si vede nitidamente la borgata di tre case fra cui la nostra; appena più giù ecco il fiume che, scavando nella roccia per millenni e più, ha creato un alveo degno dei migliori canyon americani.
La chiesetta è naturalmente di pietra locale bianca e rosa. La singola pietra della parte più antica veniva prelevata da una vicina cava e scalpellata su misura, frutto di fatica, capacità e pazienza infinite. Ho visto personalmente l‘operazione, da bambino, compiuta nella casa di fianco a quella dei nonni dal padre di un mio amico.

La chiesetta vanta due affreschi: entrambi con Madonna e Bambino, quello antico (forse del XV secolo) è nascosto da quno più nuovo.
Spiritualità, storia, tradizione, introspezione, folclore e molto altro ancora si intrecciano dunque attorno a questa antica testimonianza di arte e religiosità, teneramente impreziosita da elementi di cultura popolare. Fino a qualche decennio fa solo una mulattiera collegava la valle alla chiesetta ma la salita per gli instancabili contadini-tartufai della zona era uno scherzo. Poi la Forestale dette vita a una strada bianca che si inerpica sul terreno sassoso abitato da una splendida ginestra presidiata da eleganti falchi in volo concentrico pronti a spaventare le non rade lepri e i sempre piú invadenti cinghiali.

Mio nonno bambino o poco più - fu, poi, un “ragazzo del ‘99” - se ne tornava giù a valle con gli amici sfruttando le ..tecnologie dell’epoca costruendo una grossa fascina con i rami delle numerosissime querce e gettandosi, scavezzacollo, per il pendio.

La messa della chiesetta raduna dunque il popolo in cammino; un popolo antico in cerca , sempre, di protezione e naturalmente di amore ma anche pronto - desideroso - di fare comunità nel segno della preghiera e del ringraziamento ma anche, più prosaicamente, nel segno del vivere la festa in allegria, magari - come da sempre accade - con porchetta e vino. A questo proposito, è facile immaginare il mio stupore quando in un vecchio magazzino, non molti anni fa, trovai antiche carte, una delle quali, di un mio trisavolo, era del comune: autorizzava il mio bis zio a vendere vino in occasione della festa del Ronco. Non si vive di solo pane.

Ultima modifica: Sab 1 Set 2018

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