Il senso del nostro impegno sul rapporto tra ragazzi e media

La moltiplicazione dei media nella cosiddetta era biomediatica crea «disintermediazione». Digitale. È questa, da qualche anno, la parola chiave della contemporaneità, nell’ultimo decennio di «rivoluzione copernicana» che sta segnando l’orizzonte comunicativo. È emerso con chiarezza durante la presentazione a Roma del XIII Rapporto Censis-UCSI sulla comunicazione, «I media tra élite e popolo». Con tutte le conseguenti ombre e luci (sociali e politiche) che questo nuovo (e velocemente cangiante) scenario comporta. Lo ha sottolineato bene, nella sua sintesi finale, il presidente del Censis Giuseppe De Rita, mettendo in guardia contro i rischi di derive tecnocratiche che sempre più, per essere arginate, richiedono, al contrario, sforzi di mediazione: «ogni giorno più necessari», ha concluso De Rita.
Non a caso, la parola «mediazione» è diventata, nelle dinamiche relazionali in vari campi, anche strumento pedagogico dei nostri tempi di crisi e di “disincanto del mondo”. E sembra saldarsi allora perfettamente con un sogno condiviso dall’attuale nuova dirigenza dell’UCSI: quello di rimettere al centro della nostra riflessione sui processi comunicativi proprio l’attenzione al rapporto tra ragazzi e media. Oltre gli stereotipi che generano disinformazione. Un sogno “lanciato” al Congresso di Matera, rilanciato in seno al primo Consiglio nazionale, precisato sulla nostra rivista «Desk» (a. XXIV, n. 1-2/2016) e avviato nei lavori iniziali della Giunta esecutiva. Dai quali sono scaturiti la ristrutturazione di questo sito, una sorta di «casa comune della comunicazione» che in questo spazio intende offrire ospitalità a media e contributi «amici dell’infanzia e della gioventù», e i contenuti della Scuola annuale di formazione intitolata a «Giancarlo Zizola»: che si è svolta per la prima volta ad Assisi, sito francescano e luogo dell’anima per molti di noi.
Ma come declinare i verbi «vedere, narrare, comprendere» – titolo della Scuola, oltre che fondamenti etici della comunicazione – con occhi, voci, orecchie (ma anche corpi, menti e cuori) di bambine e bambini, adolescenti, ragazzi e giovani adulti? Come raccontare correttamente la complessità della loro condizione dicotomica (protagonisti e spettatori della realtà, a un tempo soggetti di interesse e oggetto di interessi) di nativi digitali, che vivono immersi nella crossmedialità “liquida”? E come tutelare i loro diritti nell’attuale galassia mediatica? L’abbiamo chiesto ad alcuni specialisti che ci hanno offerto, ad Assisi, il loro contributo di “testimoni militanti”: ruolo forse più prezioso, ammoniva già Paolo VI, di quello dei “maestri”. Tra babele informativa e racconto, pubblicità e quadri normativi, realtà e immaginario, trappole del web e impegno di lotta alle devianze on line ne hanno parlato Renzo Di Renzo, direttore creativo di Heads Collective e autore di un albo-progetto per bambini, Due destini, illustrato da Sonia Maria Luce Possentini ed edito da Fatatrac in collaborazione con la Ong Medici con l’Africa CUAMM e, alla tavola rotonda finale, Marco Brusati, direttore di «Hope»; padre Stefano Gorla, ex direttore del settimanale «Il Giornalino» e del mensile «GBaby» ed Elvira D’Amato, vicequestore aggiunto della Polizia Postale, responsabile del Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia on line e al cyberbullismo. Amici e amiche delle bambine e dei bambini, che anche in questo sito – casa comune della comunicazione – troveranno da oggi spazio, e ospitalità. Per condividere un cammino aperto.

 

Ultima modifica: Mar 28 Mar 2017