I modelli dei minori di oggi e il ruolo (eticamente irrinunciabile) dei giornalisti

In #deskdelladomenica oggi riproponiamo l’intervento di Marco Brusati alla nostra scuola di formazione del 2016. L’autore è docente e ricercatore del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze e dirige l’associazione Hope (fondata dalla Cei vent’anni fa nell’ambito della pastorale giovanile). E'stato anche incaricato di coordinare la Festa delle Famiglie a Dublino, durante la recente visita di papa Francesco.

Ovviamente l’articolo riporta alcuni riferimenti a fenomeni ‘musicali’ di quell’anno, il 2016.

Marco Brusati (2016)

Quali modelli antropologici i minori incontrano nei prodotti musicali mass-mediali e che influenza questi ultimi stanno avendo nei loro percorsi di crescita?
Per cercare di rispondere ad una questione così complessa e non potendo parlare di tutti i minori, né di tutte le esperienze musicali, dobbiamo iniziare limitando il campo di analisi: ci concentriamo così sui preadolescenti e gli adolescenti (femmine 8-12 anni, maschi 10-14) che sono entrati in relazione, a vari livelli, con il mondo pop-rock e hip-hop.

Perché parlare di prodotti musicali?
La musica oggi ha due funzioni sociali privilegiate ed imprescindibili: quella di sherpa, che apre strade nuove nelle coscienze, e quella di architetto, che ri-progetta le gerarchie valoriali. Inoltre, nell’epoca della percezione iconica, evocativa e non-logica, la musica interessa tutti i canali di comunicazione: radio, televisione, cinema, fiction, web, social network, eventi live; possiamo perciò dire che la musica è per-formatrice culturale e che le nuove generazioni stanno ri-modulando la loro vita su modelli affascinanti nel brevissimo periodo, ma che non saziano la fame di bellezza, verità e bontà.
Infine, i prodotti musicali mass-mediali possono essere usati come una macchina del tempo. Quello che oggi sta interessando l’ambito legislativo (ad esempio: pezzi di ideologia gender, uso della cannabis) e che sta passando in quello educativo (scuole) è transitato 10 anni fa dalla pop-music americana per diffondersi in tutto il mondo occidentale. Così, leggendo le proposte antropologiche di oggi provenienti dal mondo musicale mass-mediale, possiamo capire cosa potrebbe succedere entro un paio di lustri in campo normativo e in campo educativo.

Alcuni dati
Alcuni dati ci permettono di evidenziare la stretta correlazione tra i nuovi modelli antropologici e quelli musicali mass-mediali.
1) I soggetti che nel mondo realizzano circa il 75% dei prodotti musicali mass-mediali sono 3: Universal Music Group, Sony Music Entertainment e Warner Music Group.
2) Secondo l’Accademia Americana dei Pediatri (A.A.P.) un bambino tra gli 8 e i 10 anni passa quasi 8 ore al giorno davanti a computer, smartphone e televisione, mentre per gli adolescenti le ore sono 11: il che significa che a 7 anni i bambini hanno già trascorso un anno davanti ad uno schermo.
3) L’inchiesta “Sex and Teen” pubblicata da Il fatto Quotidiano evidenzia che l’attività sessuale delle adolescenti, dalla prima volta alla frequenza successiva, è uno strumento per farsi accettare dal gruppo e non venire marginalizzate.
4) Da un’indagine di Skuola.net e Adolescenza.it su un campione di circa 5mila under-14 è emerso che 1 adolescente su 10 ha postato immagini intime o per far colpo (22%) o per scherzo (23%). Il 17% di queste immagini è stata abusivamente trasmessa ad altri in chat private o pubbliche. Chi ha subito questo abuso ha pensato al suicidio nel 50% dei casi e nel 10% ha tentato di togliersi la vita.
5) In Italia, nel 2015, in un solo anno, gli adolescenti che usano eroina sono passati dall’1% al 2%, mentre quelli che fumano cannabis sono aumentati dal 22% al 27%. Lo dice il CNR. Statisticamente, lo scostamento è di straordinaria evidenza. Eroina: più 100%. Cannabis: più 23%.

Cosa ci suggeriscono questi dati
Questi dati ci suggeriscono anzitutto che, all’arrivo nell’adolescenza, i minori sono stati per oltre un anno esposti a modelli antropologici promossi a livello globale da uno sparuto gruppo di produttori e che, in varie forme e nella diversità dei progetti, fanno loro una proposta piuttosto omogenea e che si può riassumere così: “il tuo tempo è il tempo del divertimento e nel tuo tempo fai quello che vuoi”.

Divertimento è uscire, andare fuori con il gruppo dei pari, stare lontano da tutto ciò che sa di ordine e regola, siano essi genitori, insegnanti, educatori o sacerdoti, percepiti come agenti allergenici o antidoti al vero divertimento. Ascoltando una canzone o vedendo un video musicale, per esempio, si può facilmente intuire che il divertimento ha due caratteristiche che richiamano l’epoca pagana: è orgiastico e dionisiaco, ovvero è finalizzato alla sovraeccitazione dei sensi (orgiastico) e all’andare fuori controllo con una sostanza additiva (dionisiaco), in un tempo sospeso tra altri pezzi di vita.

Il divertimento, detto in modo diverso, è un non-luogo e un non-tempo s-regolato, dove gli avversari da superare non sono, per esempio, i competitor sportivi, ma le proprie possibilità e la propria resistenza, talvolta anche in termini di ore senza dormire, alcol o sostanze psicotrope.

L’archetipo di questa prospettiva è ben rappresentato da We can’t stop di Miley Cyrus, che, ricordiamo, è stata la protagonista di Hannah Montana, fiction Disney, che canta: “Possiamo dire quel che vogliamo, è la nostra festa; possiamo amare chi vogliamo, possiamo baciare chi vogliamo, possiamo vivere come vogliamo. Ci piace fare festa, ballare con Miley, facendo quello che vogliamo; questa è la nostra casa, queste sono le nostre regole e non possiamo fermarci e non ci fermeremo: non capisci che è così che si possiede la notte? (...) E tutti in fila nel bagno provando a farsi una striscia: siamo tutti così accesi, qui ci accendiamo, sì”.
Ci accendiamo sniffando, o ci calmiamo fumando, la proposta è grosso modo la stessa, anche senza andare negli Stati Uniti: prendiamo due esempi italiani, più diretti ai maschi rispetto alla proposta precedente che, invece, ha un target più femminile.

Nel brano “Fumo”, il rapper Clementino canta: “21 come lettere nell'alfabeto, 21 il giorno di dicembre che son nato, 21 se li sommi è perfetto consumo, 21 come le canne che fumo; si te piac 'o sound te piac 'a ganjaa”. Nel brano “Sempre vero” è Moreno a cantare: “Ormai sklero anche a prendere l’aereo (...) e mi controllano se (...) mi porto dell’ero quando al massimo trasporto due canne di nero pregio”.
Nel brano “Happy Meal”, Rocco Hunt canta: “E se faccio un disco d’oro lo appendo in quartiere in ricordo delle canne, delle birre e delle sere”.

Strettamente collegata al modello che via via si sta delineando, c’è la questione della genitalizzazione precoce, che cresce in un humus culturale ed etico alimentato continuamente dal sistema musicale mass-mediale. Per esempio, l’apparizione senza veli di Demi Lovato, che ha postato su Instagram una foto che poco lascia all’immaginazione per il lancio di un recente disco. Al senza veli e alla gestualità dai forti richiami sessuali ci ha abituato la già citata pop-star, Miley Cyrus, che si espone nei video musicali (tra tutti, Wrecking Ball), nei programmi televisivi (tra tutti, il World Music Award) e nella vita privata. Al twerking (danza erotica) si dedicano pop-star come Lady Gaga, Katy Perry e Taylor Swift.
L’eros diventa pornéia e non è più nemmeno riconducibile alla sfera privata di una coppia seppure non costituita stabilmente, ma ha una sua valenza pubblica ed è una sorta di visto sul passaporto per il gruppo, un must per la propria accettazione, nonché una validazione dell’identità. Che il gruppo sia quello della scuola o quello del pubblico planetario poco conta. È da qui che deriva pure l’abitudine diffusa a postare immagini intime, in una sorta di processo mimetico, per dirla con René Girard.

Il processo in atto è simile a quello che lo psicologo statunitense Stanley Milgram chiamava, già nel 1961, la generazione di uno “stato eteronomico”, che induce la persona a comportarsi come chiede chi è percepito come autorità in un dato momento o in un certo ambito. Per i preadolescenti e gli adolescenti, la star-cantante diventa perciò l’autorità, che determina non solo la percezione di ciò che è bello, cioè la forma artistica, ma anche di ciò che è vero e buono; in particolare, il sistema delle pop-star americane e lo star-system dei cantanti hip-hop si presenta oggi come un’uniforme e coerente autorità cui obbedire per imitazione.

Cosa possiamo fare?
Proponiamo alcuni semplici atteggiamenti che possono costituire, in questo specifico ambito, un punto di partenza.
Anzitutto, per dare un aiuto competente, occorre capire la situazione, che può essere riassunta così: i modelli musicali mass-mediali hanno affermato la cultura del divertimento come spazio preadolescenziale e adolescenziale imprescindibile e caratterizzante quell’età, che è orgiastico e dionisiaco.
In secondo luogo, bisognerebbe evitare di riba-dire il classico “più ballo, meno sballo”: sono vent’anni che sentiamo ripetere questo mantra quando, per esempio, un ragazzo muore di droga in discoteca, com’è accaduto al Cocoricò di Riccione, proprio nel 2015, l’anno in cui l’uso delle sostanza psicotrope è aumentato vertiginosamente. “Più ballo, meno sballo” è una terribile menzogna, che, tradotta, significa: è possibile sballare un pochino, ma non troppo; è possibile star fuori fino alle 7 del mattino, ballare e uscire col sorriso sulle labbra, tirati a nuovo come dall’estetista; basterebbe togliere droga, musica massacrante e sesso e le discoteche sarebbero degli oratori laici dove passare il tempo in compagnia di amici e amiche, magari parlando di come mettere su famiglia. In realtà, quel ballo, in quei luoghi, a quelle ore, con quella musica è, ontologicamente, “sballo”: l’uno senza l’altro sono inconcepibili nella mente formattata di chi in quei luoghi ci va “per lo sballo”: “sballo” di volume, frequenze basse e ritmo; “sballo” di ecstasy e di alcol; “sballo” erotico in pedana, sul cubo, nei bagni o nei parcheggi.
Infine, le comunità educanti, quelle cristiane in primis, dovrebbero iniziare a sostenere l’uso consapevole e critico dei prodotti musicali mass-mediali con specifici progetti di formazione per preadolescenti e adolescenti.

E i giornalisti cattolici?
È importante che i giornalisti cattolici continuino ad avere viva coscienza di essere un’agenzia educativa primaria e di svolgere un’originale quanto insostituibile attività pedagogica, in quanto, notiziando, generano costume e sostengono la diffusione di modelli antropologici. Con questa consapevolezza, hanno pertanto la possibilità missionaria di illuminare la zona grigia del divertimento dei minori, contribuendo a sollevare l’attenzione su cosa ascoltano, vedono e su come vivono tempi e spazi sempre più terra di nessuno. Il tutto, come opera ormai irrinunciabile oltre che interessante.

Ultima modifica: Sab 13 Ott 2018

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