Il rischio di perdere un'intera generazione di giornalisti

Ha detto Piero Angela, durante la cerimonia del Premio Ciampi a Castiglioncello, che "la libertà del giornalista dipende dalla sua indipendenza”. Vero, certamente. Questo è uno dei fondamenti della nostra professione.

L’indipendenza deve essere innanzitutto di pensiero. Significa autonomia e ‘schiena diritta’, tanto per dirla con le parole dello stesso presidente Ciampi. Tanti colleghi coraggiosi pagano l’integrità e la coerenza addirittura con la loro vita!

Ma l’indipendenza senza dubbio dovrebbe essere anche economica. E molti giornalisti, loro malgrado, non ce l’hanno. I dati sono impietosi e svelano una realtà che conosciamo bene ma che a volte mostriano di non comprendere fino in fondo.

Il 40% dei sessantamila giornalisti attivi oggi in Italia guadagna meno di cinquemila euro all’anno. Che razza di indipendenza è possibile con 400 euro al mese? Inoltre anche nella nostra professione si è indebolita (e di molto) la classe media, e per tanti di noi ormai il ‘privilegio’ è quello di avere semplicemente uno stipendio al mese.

Questa fotografia della situazione del giornalismo italiano emerge bene anche in un ottimo dossier realizzato di recente dall’Ucsi Sardegna nella sua regione. “Precarietà e incertezza sono le parole che accompagnano sempre più frequentemente il lavoro giornalistico”, è una delle conclusioni a cui arrivava quel rapporto.

L’indipendenza economica infine dovrebbe essere anche quella della testata giornalistica per cui si lavora, che altrimenti è indotta a reperire risorse sul ‘mercato delle notizie’, che è sempre più ampio e meno controllabile. E che spesso è oscuro, sfrutta e paga l’abilità del comunicatore per veicolare contenuti impropri, persuasivi, manipolati.

La pratica quotidiana rivela che le regole deontologiche, ineccepibili, da sole tuttavia non bastano. E’ una questione etica, si dirà. Ed è irrinunciabile, ci mancherebbe, che ci sia una solida ‘etica del giornalista’. Ma è etico, ricordiamocelo tutti, anche avere la dignità di un salario giusto. Quando esso manca, si corrono i rischi di essere condizionati e a nostra volta di condizionare gli altri.

E c’è anche un altro grave pericolo: quello di perdere un’intera generazione di bravi giornalisti che magari, di fronte alla difficoltà anche solo di sbarcare il lunario, rinunciano a questa professione.
Sono quei giovani che, trovandosi la strada sbarrata, scelgono di fare altro nella vita. Ne ho conosciuti molti in questi anni, che avrebbero avuto i numeri, le qualità, il coraggio e la passione per essere degli ottimi giornalisti. Li abbiamo persi, i rimpianti adesso dobbiamo averceli tutti noi. E dobbiamo soprattutto impegnarci, con i nostri mezzi, le nostre possibilità, la nostra associazione e tutti gli organismi di categoria, perchè questo non avvenga più in futuro.

Ultima modifica: Lun 15 Ott 2018

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