Genova: i giornalisti e quello straziante ritorno a casa, sotto il ponte

A poco più di due mesi dal crollo del ponte di Genova, torniamo ad occuparci di quella vicenda con la nostra Francesca Di Palma (de “Il Cittadino”). In questi giorni ha seguito da vicino l’atteso e straziante ritorno a casa delle persone sfollate dalle loro abitazioni a rischio (ar)

Francesca Di Palma

Solo 50 scatoloni e 2 ore di tempo per raccogliere gli effetti personali e i ricordi di una vita. È così che gli sfollati dei palazzi di Via Fillak e Via Porro hanno potuto entrare ancora una volta, a distanza di due mesi e accompagnati dai Vigili del Fuoco, nelle proprie abitazioni rese inagibili dopo il crollo del Ponte Morandi per recuperare quanto più possibile.

Le operazioni, iniziate lo scorso giovedì 18 ottobre, sono andate avanti per alcuni giorni, secondo una precisa e puntuale organizzazione, e così tutti hanno potuto fare rientro, anche se per poco, nelle proprie case.

Davanti alle transenne che delimitano la zona rossa, fra gli sfollati emergono sentimenti contrastanti, che oscillano fra il desiderio di poter avere nuovamente accesso alla propria dimora e la paura che questa sia l’ultima volta.
Anche la stampa, per documentare questa triste circostanza, può accedere alla zona rossa a bordo di un bus scoperto.

Dal basso, sembra proprio che siano i palazzi a sostenere quel moncone di viadotto che li sovrasta. Mentre i Vigili del Fuoco accompagnano nelle abitazioni le famiglie e conducono le operazioni di sgombero e di recupero di beni ed effetti personali, non si può fare a meno di osservare le finestre chiuse, le piante secche che fanno capolino dai poggioli, i panni ancora stesi da quel 14 agosto e ormai rinsecchiti.
Via via che passa il tempo, le prime abitazioni vengono svuotate: i 50 scatoloni saranno portati in un magazzino in attesa di poter essere recuperati.

Allontanarsi dalla propria casa senza sapere se sarà possibile farvi ritorno è penoso per tutti, anche per chi è chiamato ad assistere e a documentare: al di là delle transenne una famiglia carica in macchina qualche sacco pieno di oggetti recuperati. Una signora tiene in mano un vasetto con una piantina sopravvissuta alla mancanza di acqua. Un piccolo segno in mezzo a tanta desolazione.
Tutto intorno alla zona rossa, Genova sta cercando di acquisire una stabilità, dopo aver fatto fronte all’emergenza.

Il capoluogo ligure prova a darsi una normalità grazie alla riapertura di via 30 Giugno, alla recentissima realizzazione della rampa sopraelevata che collega il casello di Genova Aeroporto alla strada a mare Guido Rossa e alle tante altre opere messe in atto nel corso di questi due mesi per cercare di smaltire, all’interno della viabilità ordinaria, il traffico che prima del crollo era convogliato in autostrada.
A margine delle operazioni di rientro degli sfollati nelle proprie case, il sindaco Bucci e il presidente della Regione Toti, rispettivamente Commissario straordinario alla ricostruzione e Commissario straordinario all’emergenza, hanno dichiarato che il problema abitativo può considerarsi sostanzialmente concluso, auspicando la realizzazione del nuovo ponte entro Natale 2019.

Tocca ora alla magistratura, che sta svolgendo indagini delicate e che sempre più lasciano emergere anni di incuria e manchevolezze, restituire una verità che possa permettere a Genova di mettere un definitivo punto e ripartire. È iniziato in queste ore anche l’iter, non breve, che tramuterà in legge il “Decreto Genova”.
L’auspicio è quello espresso in proposito, proprio a Genova, da Raffaele Cantone, presidente Nazionale dell’Autorità Anticorruzione: “Proviamo a far partire il più velocemente possibile i lavori e soprattutto a farli partire senza che si verifichino intoppi successivi".

foto e testo pubblicati su "Il Cittadino"

Ultima modifica: Mar 23 Ott 2018