Reinterpretare il mestiere di giornalista partendo dal racconto della città

A due giovani partecipanti alla Scuola Ucsi di Assisi abbiamo chiesto di cogliere alcuni aspetti, alcune suggestioni del dibattito iniziale, dedicato a 'Raccontare la Città'.

Connessione delle solitudini, compassione verso un prossimo che non venga più considerato un nemico, ricostruzione dell’identità collettiva per ristabilire la centralità del noi. Sarebbero state solo parole se non ci avessero invitato a una riflessione sull’urgenza di riscoprire il senso di vivere in comunità. In fondo, abbiamo compreso la necessità di rieducarci alla simpatia. Che, sia ben chiaro, non significa soltanto condividere un legame di amicizia, ma è conoscere se stessi per riconoscersi nell’altro.

La diagnosi del paziente recita: grave caso di likepatia. Se sui social prevalgono odio e pettegolezzo, che diventano pietre scagliate per affermare le proprie idee, a maggior ragione siamo chiamati ad avere il coraggio di comunicare con lievità e gentilezza. Sono chiavi di lettura per tornare a fondare relazioni autentiche, a partire dalla centralità della cultura del dialogo. Perdere il senso della complessità è facile, ma non è la ricetta giusta: la risposta è la cura della parola.

D’altra parte, qualcuno doveva pur gridare ad alta voce contro l’affermazione dell’io e la diffusione dell’aggressione verbale. Solo così ci si poteva rendere finalmente conto di quanto converrebbe reinterpretare il mestiere del giornalista come servizio e ripensare l’informazione nel segno del discernimento e della credibilità. Oggi, più che mai, chi racconta la realtà deve fare i conti con il rischio di distruggere piuttosto che costruire, di alimentare sospetti piuttosto che ridare speranza a chi si sente emarginato. Scoprire la bellezza dell’altro, per conoscerlo attraverso la compassione: questa è la vera missione.
.

Ultima modifica: Dom 18 Nov 2018