#altropresepe - La lezione di Benino (il pastore che dorme) per noi giornalisti: 'non dare nulla per scontato'
Il pastore della meraviglia. Così è chiamato Benino nel presepe napoletano.
Una tradizione antichissima per uno dei personaggi che forse non tutti conoscono ma che è di fondamentale importanza per spiegare la scena della natività e non solo.
Il presepe napoletano, in particolare, ha una caratteristica peculiare: è il luogo dell'incontro dei personaggi del popolo, raffigurati per l'appunto come pastori, con il Divino e con quel momento che ha cambiato per sempre le sorti dell'umanità: un Dio fatto uomo, umiliatosi fino in fondo nella nostra natura per aprirci le porte della vita eterna.
Il mistero dei misteri, davanti al quale ci sorprendiamo ogni volta, con infinita tenerezza, proprio come Benino fece quando si risvegliò dal suo sonno per assistere al momento fondamentale della Storia. Sta vicino alla grotta, il piccolo Benino, pastorello che dorme come avrebbero fatto gli apostoli prima della cattura di Gesù al Getsemani.
Al suo risveglio, però, il suo sguardo pieno di stupore e le sue braccia rivolte verso il cielo sono le nostre, ricordandoci il dono prezioso di lasciarci rapire di fronte alla presenza di Cristo, seppur a mani vuote. Al contrario dei Magi, il piccolo Benino non ha doni preziosi, non ha ori, incensi o mirra. Offre soltanto il suo stupore, la sua emozione. Nulla di materiale, ma, da bambino, dona la sua dedizione; il suo candido ed innocente incanto. Quello necessario alla nostra fede, alla nostra genuina semplicità per poter entrare nel regno dei Cieli. Ma non solo.
Per chi si occupa di giornalismo e comunicazione, Benino rappresenta l'invito a non dare mai nulla di scontato. A lasciarsi andare senza pregiudizi e senza presunzione alle storie in cui ci imbattiamo, raccontandole con correttezza, approfondendole attraverso uno sguardo nuovo, rinnovato, onesto, senza sovrastrutture. Una lezione grande, che ancora una volta ci arriva da quella metafora di vita chiamata presepe.