'Quale comunità è antidoto a pericolo e rischi della community?' L'intervento di don Di Noto all'iniziativa di Ucsi Sicilia

Il nostro hub (letteralmente in inglese fulcro, elemento centrale, mozzo) è Gesù Cristo: l’uomo delle relazioni autentiche vere. L’incontro con Lui genera la comunità che nel mondo dell’insicurezza globale torna con forza: il bisogno di comunità è l’antidoto alle communty, al culto della Singolarità, alla esaltazione del dio dell’algoritmo, alla umanizzazione della tecnologia. Basta non perdere la identità come “popolo che nasce dall’alto”.

Internet è stato e continua ad essere una rivoluzione. Negli ultimi 30 anni la cyber-tecnologia ha sviluppato enormi positive possibilità ed allarmato gli stessi “guru” del mondo digitale a causa degli effetti diretti e indiretti, oltre a quelli collaterali, che hanno imposto nuove ed evanescenti relazioni senza volti e senza storie.
Ha cambiato la vita di coloro che lavorano, ha cambiato le cose e anche i rapporti umani, le comunità (cristiane e sociali) con la forzatura di sostituirle con le community (che creano solo l’illusione di intimità e una finzione di comunità).
Le periferie digitali, sono sempre più aumentate a causa della liquidità dell’identità dell’uomo che ha saputo esaltare se stesso come “unico individuo” che vive in una comunità anarchica composti da singoli e gruppi per lo più anonimi sparsi in tutto il mondo e nella vastità del web (conosciuto e sconosciuto, quali il deep web e il dark web).

Nelle comunità, che impatto hanno tali sfide? Possiamo ancora parlare di comunità che nascono dopo l’incontro personale con Cristo, se si tratta di quelle cristiane? Come accogliere ciò che ha elaborato l’Intelligenza Artificiale, nuova ed entusiasmante vita futura di relazione tra macchina e uomo?

Si affacciano nuove e impegnative sfide con la Intelligenza Artificiale (AI) che già vede contrapposti i ricercatori per lo scopo, il fine e i compiti. Condivisibile l’idea che la differenza tra l’intelligenza umana e quella di una macchina, per quanto sofisticata, è “radicale”. “L’intelligenza artificiale (AI) non va confusa con un ‘analogato’ umano perché è finalizzata a compiti molto specifici”. Le “macchine pensanti” non saranno mai in grado di autodeterminarsi consapevolmente “perché la consapevolezza è una qualità umana e richiederebbe un’intelligenza generale e non specifica come quella artificiale. Richiederebbe che fossimo in grado di creare non qualcosa ma qualcuno. (Benanti, Sir 24 gennaio 2019). Perché, di verso, gli ingenti investimenti tecnologici per far sì (fantascienza?) che avvenga la fusione tra l’intelligenza artificiale e la intelligenza umana? I computer sorpasseranno l’uomo in tutte le sue capacità e svilupperanno una intelligenza non raggiungibile per i nostri piccoli razionali cervelli. Che accadrà? Non abbiamo risolto le minacce attuali nel mondo digitale, non solo giovanile, ma anche adulto? E già se ne presentano altre.

Cosa sta succedendo?
La negazione della realtà comunitaria attraverso la Singolarità per la religione dell’Io info-tecnologico, definita già da tempo, è una tappa nella storia del politeismo. I transumanisti elevano la tecnologia a Dio. Si passa dall’Homo Deus a quello dell’Arithmos Deus: il dio dell’algoritmo. Già nei social network si stimano una moltitudine di “gruppi che adorano l’algoritmo”, come Dio.

Una grande insicurezza globale. Non abbiamo neanche risolto le popolazioni e il loro scarto digitale, né tantomeno il superamento, l’accompagnamento dei naufraghi delle periferie digitali e già ci ritroviamo in nuove situazioni che ci richiamano la profetica domanda di Romano Guardini che rifletteva sulla “umanizzazione della tecnologia” (1925): “La questione che mi tormentava era questa: è ancora possibile, in mezzo a tutto ciò che accade, un tipo di vita che sia completamente imperniato sulla natura dell’uomo e sull’opera dell’uomo?”.
Il superamento di questo “caos” è andare in profondità: dall’umanizzare la terra, di rendere adatta allo sviluppo della vita umana e alla piena espressione delle sue dimensioni umane. Anche nella nuova ed elaborata tecnologia digitale e non solo.

Un unico individuo. Esaltando l’individuo e la sua potenza nell’essere indistinto e non riconoscibile, con una identità fluida e intercambiabile, si generano non più comunità, anzi c’è una grande indifferenza per la comunità che rischia di essere solo una aggregazione di individui senza comunione.
Quale via intraprendere per non scacciare l’umano già in crisi, anche e soprattutto la tecnologia? Leggiamo Papa Francesco: “In questo momento della storia la passione per l’umano, per l’intera umanità, è in grave difficoltà (...) La distanza fra l’ossessione per il proprio benessere e la felicità dell’umanità condivisa sempre allargarsi: sino a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma (...) Come è potuta accadere l’erosione di questa sensibilità, nonostante le risorse economiche e tecnologiche disponibili. Da lì vengono le nostre divisioni più aggressive e i nostri incubi peggiori” (cf. Lettera Accademia per la vita, 15 gennaio 2019).

La rete, risorsa e portatrice di rischi che minacciano. Nel Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2019, Papa Francesco, ci ricorda che “la rete è una risorsa del nostro tempo”, “fonte di conoscenze e di relazioni un tempo impensabili” ma anche portatrice di “rischi che minacciano la ricerca e la condivisione di una informazione autentica su scala globale”.
Così il Papa: “Se internet rappresenta una possibilità straordinaria di accesso al sapere, è vero anche che si è rivelato come uno dei luoghi più esposti alla disinformazione e alla distorsione consapevole e mirata dei fatti e delle relazioni interpersonali, che spesso assumono la forma del discredito”; prosegue Francesco: “Occorre riconoscere che le reti sociali, se per un verso servono a collegarci di più, a farci ritrovare e aiutare gli uni gli altri, per l’altro si prestano anche ad un uso manipolatorio dei dati personali, finalizzato a ottenere vantaggi sul piano politico o economico, senza il dovuto rispetto della persona e dei suoi diritti”.
Per il Pontefice, “la metafora della rete richiama un’altra figura densa di significati: quella della comunità. Una comunità è tanto più forte quanto più è coesa e solidale, animata da sentimenti di fiducia e persegue obiettivi condivisi. La comunità come rete solidale richiede l’ascolto reciproco e il dialogo, basato sull’uso responsabile del linguaggio”.

Ecco perché la comunità dei credenti in Gesù Cristo, che nasce dall’incontro personale e che da vita e nuovi orizzonti e con ciò anche una direzione decisiva è antidoto alla deriva. Siamo però consapevoli che siamo, come comunità, “un popolo nato dall’alto”? Che il dono della fede è dato da un reale incontro “face to face” con Gesù Cristo? Il nostro hub (letteralmente in inglese fulcro, elemento centrale, mozzo) che è Lui: l’uomo delle relazioni autentiche vere.
Si comprende molto e di più la ragione del richiamo di Papa Francesco: “In virtù del nostro essere creati ad immagine e somiglianza di Dio che è comunione e comunicazione-di-sé, noi portiamo sempre nel cuore la nostalgia di vivere in comunione, di appartenere a una comunità”.
Una comunità, che si fa prossima anche nel web, dove la Chiesa, con coraggio, affinché le persone che naufragano nelle periferie digitali (Di Noto, 1991; Ammendolia 2017) possa essere raggiunta, orientata, aiutata e trasfigurata da una grazia sanante e da una carità liberante.

Ai giornalisti. Mi permetto di lanciarVi delle pietruzze. Mi piace farlo. Non faranno male, ma pizzicano un po’.

Non raccontateci soltanto gli eventi, ma spiegateci perché amare ancora l’uomo. Non raccontate soltanto dei fatti, magari senza conoscere le persone, le loro storie, le passioni, i fallimenti e le conquiste. Spiegateci chi siamo e dove andiamo. Non posso che dirvi: ‘grazie’.

Amiche e amici giornalisti: amici dei bambini, dei deboli, degli scartati del mondo, dei poveri, dei senza voce, dei neonati abusati e dei dimenticati. Amici e voce che grida e denuncia la corruzione dei potenti e dei dittatori dei popoli, che sfruttano e sottomettono. Restare, per quanto vi è possibili, liberi e autentici, consapevoli che chi è libero rischia la vita. Raccontare e spiegateci le oscure corruzioni che inquinano la comunità umana e il creato. Non abbiate mai timore di dire la verità, quella che rende liberi gli uomini dalle nuove forme di schiavitù.

Una comunità ha la forza di creare nuove cose, belle cose. Oltre la bruttura, oltre lo scandalo. Lo dico, con tanta passione, e se mi permettete: spiegate il dolore e la sofferenza percepito attraverso il farfugliare dei neonati, anche loro, oppressi e abusati nella loro alta dignità a causa dell’egoismo dell’uomo, ricco e potente. Manipolatore e perverso. La comunicazione ha il potere, un grande potere, di formare o disorientare le coscienze, i percorsi di una storia liberante. Evitate la schiavitù. Aiutate la libertà che nasce dall’Amore.

L'autore, don Fortunato Di Noto, Parroco, e-vice direttore Ufficio Comunicazioni Diocesi di Noto; Vicario episcopale e Direttore Ufficio per le fragilità e il disagio sociale. Fondatore e presidente di Meter onlus (www.associazionemeter.org)

Ultima modifica: Mer 6 Feb 2019