Giornalismo e democrazia, tempo di analisi e propositi. Confronto promosso da Ucsi Umbria

Per il giornalismo italiano (ma anche internazionale) quella che stiamo vivendo è una fase di grandi riflessioni, di non secondari tormenti, di assillanti domande. Insomma ci si interroga con tante incertezze ma siamo tuttavia stimolati dalla percezione (un po’ più della mera speranza) che il domani potrebbe essere meno terribile di quanto oggi si possa temere.

Ormai ci si è rovesciata addosso un’altra realtà che, su più fronti, specie nell’ultimo decennio, è diventata rivoluzionaria. Si tratta di capire in che modo noi, che facciamo il mestiere del ‘raccontare’, saremo in grado di muoverci. E’ necessario impegnarsi con le migliori risorse (individuali e collettive) per armonizzare le irrinunciabili esigenze di un giornalismo serio e credibile e i più variegati modi di essere di una democrazia che spesso viene onorata a parole, ma non dai fatti concreti.

E’ proprio su alcune di queste tematiche che si è sviluppato il dialogo con Padre Francesco Occhetta, redattore di Civiltà cattolica e consulente ecclesiastico dell’UCSI.

Occhetta da anni cerca di analizzare i tanti fenomeni di un mestiere - il nostro - che talvolta sembra “un naufrago immerso nella tempesta di novità tecnologiche, finanziarie, politiche, sociali e, in sintesi, professionali”.
L’incontro è avvenuto a Montemorcino (Perugia), promosso dall’Ucsi dell’Umbria (in particolare da Rita Valli e Mimmo Piano) e dall’Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali, d’intesa con l’Ordine dei giornalisti. Ha coordinato gli interventi Vania De Luca, giornalista della Rai, presidente Ucsi.

Sono emerse prese d’atto che accomunano ogni riflessione. Oggi, molto più di ieri, è diventato difficile garantire un buon giornalismo: cioè rispettoso della verità, delle persone, della lealtà, della buona fede, del pluralistico spazio che, anche costituzionalmente, compete ad ogni voce. Dilagano disvalori che, anche per il diluvio di una Rete talvolta assai sfrenata, sembrano premiare i meno nobili umori di chiunque, senza un minimo di preparazione o di responsabilità, si senta spinto dalla voglia di dire, magari in maniera persino farneticante.
La presa d’atto non può criminalizzare la Rete in sé che resta uno straordinario strumento di libertà.

LA BUONA INFORMAZIONE E LA COMUNICAZIONE BACATA

Purtroppo nella realtà quotidiane si mischiano informazione seria (per fortuna ce n’è tanta) e comunicazione ‘bacata’, rancorosa o addirittura strumentale, pilotata da quelli che hanno interesse a confondere le analisi della pubblica opinione. E’ proprio un momentaccio! Tutto vero. Eppure- ritiene Padre Occhetta- un buon giornalismo è possibile se al senso della moralità personale si uniscono - nelle varie modalità dell’informazione – il bisogno di una coerente deontologia e la più meditata attenzione per il destinatario finale, il cittadino. Per lui e per il suo irrinunciabile diritto noi svolgiamo ogni giorno il nostro lavoro.

Questa è una riflessione che riguarda gli iscritti all’Ordine, ma, sul fronte della pulizia interiore, anche i molti che si affannano a comunicare pigiando sui tasti della Rete telematica.

Poi – è chiaro- la considerazione ora accennata, deve calarsi nel cuore di multiformi, sconvolgenti realtà che – come dice Padre Occhetta – ci fanno inquadrare il mestiere alle prese con una faticosa ‘’salita’’.

Vanno male, molte male, le vicende economiche, vacillano quelle del confronto con la politica (non solo in Italia, naturalmente), ansimano quelle della civile convivenza e addirittura sovrastano quelle determinate dalla torrentizia diffusione di notizie che, via web, macinano il vero e il falso con tanta determinazione che – sempre secondo Padre Occhetta – più dell’80% dei cittadini utenti non sarebbe in grado di selezionare il buono e il cattivo.

Di certo, sul piano pratico, quando l’economia non supporta il nostro lavoro – e spesso addirittura lo avvilisce – può diventare perfino retorica l’invocazione di un’autonoma libertà personale. I pochi euro per il lavoro che facciamo con entusiasmo possono diventare elementi di ricatto, sfruttato da chi pretende doveri, ma non riconosce diritti. Occhetta, in un libro, ha ricordato una riflessione del Cardinale Carlo Maria Martini: ‘’Non ci è chiesto di essere eroi, ma uomini sì’’.
Nei fatti, come si sa, ci sono giornalisti che, pur di comportarsi secondo il dettato della loro coscienza umana e professionale, affrontano il rischio delle minacce, delle querele presentate a scopo di intimidazione, dell’esistenza sotto scorta perché è in gioco perfino la loro vita.

Un futuro più positivo dipende – lo si capisce – anche dalle migliori intenzioni di ognuno di noi, dalla politica (saprà dimostrare che la libertà di stampa è democraticamente irrinunciabile?), da un’illuminata partecipazione del variegatissimo mondo editoriale e dalla complessiva capacità di transitare dalla stampa cartacea a quella che sempre più si sta dirigendo verso i cellulari, i computer, i tablet.
La realtà non va solo criticata. Bisogna trovare la forza di confrontarsi con essa, sfidandola senza timori. Col desiderio di servirsene e non con l’animo degli asserviti. Molti sono chiamati a fare la loro parte.

L’Ordine nazionale dei giornalisti ha colto, per quel che gli compete, alcune urgenze, varando un’ipotesi di riforma della professione che ha affidato al Governo e al Parlamento. La parola chiave del documento approvato è PREPARAZIONE, al massimo grado. Fondamentale conquista se all’utente si desidera garantire QUALITA’.

Comunque, rileva Padre Occhetta, giornalismo e democrazia sono legati da un sinergico rapporto: se prevale un giornalismo mediocre, soffre non poco l’assetto democratico. E se, al contrario, emerge una presunta democrazia (zoppa e arrogante), la ricaduta sul giornalismo sarà rovinosa.

* L'autore, Gianfranco Ricci, è Presidente della Commissione Giuridica dell'Ordine nazionale dei Giornalisti. gianfranco ricci

Ultima modifica: Lun 11 Feb 2019