Il ruolo delle nostre associazioni e il rischio dell'autoreferenzialità. Prosegue il confronto dopo il nostro articolo

Pochi giorni fa su questo nostro sito abbiamo proposto la riflessione di Mauro Banchini sul ruolo delle associazioni che in ambito ecclesiale si occupano di comunicazione (vedi qui l’articolo). Lo spunto gli era venuto da alcuni contenuti del convegno promosso dall’Aiart a Milano. Banchini, che adesso è uno dei garanti dell’Ucsi e in passato è stato a lungo presidente dell’Ucsi Toscana, ha aperto un confronto che sta facendo registrare nuovi interventi. Uno, in particolare, è di Massimiliano Padula, presidente del Copercom (il Coordinamento di 29 associazioni che operano in questo ambito). E’ ospitato nel sito del Copercom, di seguito lo ripubblichiamo anche noi (ndr)

di Massimiliano Padula (presidente Copercom)

È giornalisticamente efficace e, nello stesso tempo, carica di significato la metafora che l’amico Mauro Banchini usa a proposito delle 29 Associazioni del Copercom. Secondo il giornalista toscano il nostro Coordinamento potrebbe essere una vera e propria “potenza di fuoco”. Banchini usa un’espressione guerresca ma lo fa in chiave positiva, spiegando chiaramente come le 29 associazioni avrebbero le carte in regola per incidere nel dibattito culturale relativo ai temi del digitale. Il suo articolo, ospitato sul sito dell’Ucsi, non mi ha lasciato indifferente. Anzi mi ha chiamato prepotentemente in causa sia come piccolo studioso di processi sociali che come presidente del Copercom.

Reagisco alla sua sollecitazione partendo da una considerazione forse un po’ spinta ma a mio parere appropriata: i processi digitali nuocciono gravemente alla salute dell’associazionismo. È innegabile che i media, fagocitando tutto l’esistente e rispondendo ai bisogni più disparati, annullano i cosiddetti corpi intermedi. Provo a fare degli esempi. Che senso hanno le associazioni cattoliche di giornalisti se il mestiere del cronista è sempre più indebolito dalla spietata concorrenza del web? Ha ancora ragione di esistere una associazione che si occupa di telespettatori (ma non solo) se la televisione è un medium che si evolve e perde la sua tradizionale identità? O ancora: le associazioni di genitori possono funzionare nell’era dei nativi digitali? Naturalmente le mie sono soltanto provocazioni.

Ogni associazione del nostro Coordinamento ha un senso fecondo, lavora con onestà intellettuale e passione e, nella maggior parte dei casi, lo fa in rimessa. Tuttavia, credo sia necessaria una riflessione che ribalti quelle che Banchini definisce “antiche e spesso autoreferenziali liturgie”, che spesso ci impediscono di essere e comunicare il bene che facciamo. Uscire dai labirinti dell’autoreferenzialità non è però operazione facile. Sarà paradossale ma a volte una presidenza o addirittura un posto nel comitato direttivo è opportunità di scontro. Bisogna mettersi in testa che le associazioni non sono una proprietà privata e su di loro non vale un diritto di usucapione in nome dei bei tempi andati. Questo non significa svecchiare anagraficamente le nostre realtà associative. È evidente che la maggior parte dei nostri soci ha superato da un bel po’ la maggiore età così come è chiaro che il legame tra giovani e associazionismo non è così florido. Perché un giovane dovrebbe impegnarsi in un progetto sociale se ha un lavoro precario o se il lavoro non ce l’ha proprio?

Insomma, il contesto di riferimento è profondamente cambiato. A parte poche associazioni radicate sia a livello nazionale, con un numero consistente di associati, con strutture organizzative e professionalità impiegate, le altre fondano la propria azione sulla buona volontà. E proprio quelle persone (indipendentemente dalla loro età), “nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia” (Gaudium et Spes, 22), rappresentano il punto di ripartenza per un ripensamento generale anche dell’universo associativo.

La comunicazione oggi è sempre meno istituzionalizzata e molto più personale. E lo stesso discorso vale per ogni realtà collettiva che, se vuole sopravvivere, deve ripartire da se stessa (ri)iniziando a (ri)percorrere – scrive Papa Francesco nell’ultimo Messaggio per la Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali – quell’“autentico cammino di umanizzazione (che) va dall’individuo che percepisce l’altro come rivale alla persona che lo riconosce come compagno di viaggio”. E il Copercom si propone come il mezzo di trasporto per compiere questo viaggio. E ancora come un laboratorio culturale di incontro e di confronto. E anche di scontro a patto che esso sia costruttivo, aperto all’altro, capace di discernere e non solo di distruggere e costruire muri o recinti (ben sapendo come la forza del vento facilmente li abbatterà).

Grazie Mauro, di cuore.

Ultima modifica: Dom 24 Feb 2019