Le città in transizione.

Oggi, per il nostro #deskdelladomenica, restiamo su temi legati all'ambiente. E così, dopo aver raccontato giorno dopo giorno quello che è accaduto al Forum di Greenaccord (compreso il contenuto del 'manifesto' finale), estraiamo dalla rivista Desk un interessante contributo sul movimento 'Città in trasnzione' e sulla 'Permacultura'-

di Martino Seniga

Il movimento delle Città in transizione nasce dalla necessità di agire per rispondere a due emergenze globali: il cambiamento climatico e il picco del petrolio.

Il cambiamento climatico è ormai un problema conosciuto dal grande pubblico e dibattuto sui media internazionali, il tema del picco del petrolio si basa invece sulla tesi, formulata da una parte della comunità scientifica internazionale, che l’attuale sistema energetico ed economico, fondato sull’estrazione di petrolio e altri combustibili fossili, sia destinato ad una crisi repentina e irreversibile.
In questo contesto le Città in transizione si propongono di agire a livello locale per tentare di governare la transizione culturale e sociale verso forme di economia più sostenibili e resilienti.

PER RIDURRE I DANNI DELL’UOMO SULL’AMBIENTE
Il Movimento per la transizione è stato fondato circa 10 anni fa nella cittadina inglese di Totnes ed è oggi attivo in centinaia di città e comunità locali sparse in tutto il pianeta. Rob Hopkins propone un modello economico decentrato, volontaristico e solidale che operando dal basso sia in grado di ridurre i danni che l’uomo sta provocando all’ambiente naturale e allo stesso tempo permetta di sopravvivere, grazie alla sua maggiore resilienza, agli scenari catastrofici a cui potrebbe portarci l’attuale sistema economico ed energetico.

A prima vista Totnes, una tranquilla cittadina del Devon, non si discosta molto da una normale città di provincia inglese, eppure in una decina di anni l’attenzione all’ambiente di una parte consistente della comunità locale ha consentito di migliorare in modo sensibile il bilancio energetico. Riducendo l’utilizzo di combustibili fossili, ha portato allo sviluppo di nuove imprese economiche che valorizzano le risorse locali e ha creato un modello culturale che viene replicato in altre città e zone del mondo.
Nel Regno Unito sono oggi attive più di 300 città - o quartieri di grandi città - in transizione. Seguono gli Stati Uniti con circa 200 comunità e l’Europa, dove sono attivi un centinaio di movimenti locali. In Italia le città e i quartieri in transizione raggiungono le trenta unità.
Il Movimento per la transizione è un movimento senza capi, che ritiene che solo agendo dal basso in ambito locale sia possibile iniziare un cambiamento ecologico, economico e sociale. Gli attivisti da una parte pensano che non ci sia più tempo per aspettare l’azione di governi nazionali o sovranazionali, dall’altra sono convinti che gli individui debbano unire le forze in gruppi e comunità locali per attuare in modo diretto e solidale un cambiamento decisivo dell’ecosistema locale.

LA PERMACULTURA
Strettamente collegati al movimento delle Città in Transizione sono gli studi e le attività che traggono origine dalla Permacultura, una metodologia ambientale che cerca di restituire centralità all’agricoltura sostenibile, coniugando le attività produttive alla progettazione di ecosistemi in cui gli uomini, gli animali e le piante possano vivere in modo sinergico e rispettoso dell’ambiente.
La Permacultura è stata sviluppata da due agronomi australiani, Bill Mollison e David Holmgren, a metà degli anni ’70. In essa le persone, i loro edifici ed il modo in cui si organizzano sono centrali. Perciò, la visione della Permacultura di una agricoltura permanente o sostenibile si è evoluta in una cultura permanente o sostenibile. Proprio a Totnes ha sede lo Schumacher College, un centro internazionale per lo studio delle scienze ambientali e lo sviluppo di progetti collegati alla Permacultura e all’economia circolare.

I progetti realizzati in questo contesto sono caratterizzati da un approccio sistemico, basato su una profonda conoscenza scientifica, e su una importante componente creativa. Nell’isola di El Hierro, alle Canarie, la sostituzione dei generatori termoelettrici con sistemi eolici e solari e la geniale idea di utilizzare un vulcano spento per costruire un bacino per la produzione di energia idroelettrica, hanno consentito agli abitanti dell’isola di raggiungere l’autonomia energetica e idrica e di irrigare e fertilizzare nuove aree agricole.

A Firenze la società Funghi Espresso, partendo da uno scarto, il fondo di caffè, produce: funghi, humus, lombrichi, pesci, ortaggi e piante. Il percorso che ha portato alla creazione di Funghi Espresso inizia nel marzo 2013, con uno studio sul riutilizzo del fondo di caffè in agricoltura. Successivamente, il Centro di Ricerca Rifiuti Zero, con la collaborazione di Antonio Di Giovanni, realizza il progetto pilota di educazione ambientale “Dal caffè alle proteine”, sperimentando la coltivazione di funghi (Pleurotus Ostreatus) e utilizzando come substrato proprio il fondo di caffè .

Ultima modifica: Dom 10 Mar 2019