Dove affonda le sue radici l'articolo 21 della Costituzione

Lo abbiamo premesso nel precedente articolo (leggi qui): la diffusione dei sistemi democratici ha favorito la nascita di nuovi diritti per i cittadini.

A partire dalla fine del 1700 è stata posta l’attenzione sui diritti che tutelavano le libertà di espressione e di manifestazione del pensiero come l’art. 11 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese del 1789 e a seguire le altre costituzioni-(*)

Ci chiediamo: in Italia quando si comincia a parlare di libertà di manifestazione del pensiero e su quali presupposti culturali si fonda l’art. 21 della Costituzione?

Lo Statuto Albertino del 1848 ha fatto da apripista. Lo ricordiamo: si trattava di una Costituzione liberale ispirata alle costituzioni francese e belga, flessibile per essere abrogata o modificata con legge ordinaria. Era per l’Italia - nonostante i limiti e le differenze rispetto alla Carta costituzionale del 1948 - la fine dello stato assoluto e la nascita di uno stato moderno, costituzionalizzato. Sul diritto di manifestazione del pensiero, l’art. 28.1 dello Statuto Albertino stabiliva che “la stampa sarà libera, ma una legge ne recepisce gli abusi”.

La genesi dell’art. 21 della Costituzione italiana inizia qui: dall’art. 28 dello Statuto Albertino a sua volta nato dall’art. 11 della Costituzione francese che stabiliva la libertà di manifestazione del pensiero tra i diritti fondamentali dell’uomo.

La concezione delle libertà di stampa nelle costituzioni di fine Settecento era ispirata da due filoni culturali diversi, quello americano e quello francese. Il primo considerava la libertà di stampa come guardiana dei poteri. Per questo essa è stata posta all’esterno della Costituzione, così da prevalere su ogni forma di limitazione possibile. Francesco P. Casavola, già Presidente della Corte costituzionale, è tra i massimi esponenti di questa tesi: “Nelle carte costituzionali tardo settecentesche dei singoli Stati della nascente America liberale correva la formula della indispensabilità di una libera stampa per un governo libero” (**)

La tradizione francese invece predilige la posizione opposta, il controllo della legge sugli abusi della libertà di stampa. Da questa tradizione discende l’art. 28 dello Statuto Albertino che viene considerato preponderante per la genesi dell’art. 21, ma non totalizzante per la sua istituzione.

L’avvento del ventennio fascista infatti è stato tutt’altro che marginale. Una serie di provvedimenti negli anni Venti hanno ridotto sensibilmente la circolazione di informazioni grazie alle restrizioni sulla diffusione dei quotidiani e della radio, per poi subire un’ulteriore evoluzione negli anni Trenta con l’assorbimento, a favore del regime, degli organismi di stampa e di informazione. Il Regio Decreto n. 384 del 26 febbraio 1928, ad esempio, stabiliva che la conditio sine qua non per l’iscrizione all’albo dei giornalisti era di non aver “svolto una pubblica attività in contraddizione con gli interessi della Nazione” ... vale a dire contro il regime fascista.

Così la nascita della libertà di manifestazione del pensiero, sancita dall’art.21 della Costituzione italiana, non può essere compresa senza conoscere la storia dell’evoluzione del diritto dell’informazione in Italia a partire dal suo primo riconoscimento, l’art. 28 dello Statuto Albertino, e dalla tradizione dalla quale esso trae fondamento. Ma per la sua stesura altrettanto determinante è stato il ventennio fascista: tutte le privazioni di libertà dettate dal regime hanno ottenuto il risultato opposto. E l’accordo che trovarono i padri costituenti è stato quello di garantire ai cittadini la libertà di espressione contro ogni forma di costrizione del potere politico.

(2 - segue lunedì prossimo 20 maggio 2019)

(*) Tra le Carte Costituzionali è bene ricordare il I Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti del 1791 e la Costituzione francese del 1848 che all’art.8 sancisce che “i cittadini hanno il diritto di associarsi, di riunirsi pacificamente e senza armi, di rivolgere petizioni, di manifestare i loro pensieri per via della stampa o diversamente. L’esercizio di questi diritti trova i suoi unici limiti nei diritti o nella libertà degli altri e nella sicurezza pubblica. La stampa non può, in nessun caso, essere sottoposta a censura”, www.dircost.unito.it. È rilevante citare la Costituzione della Seconda Repubblica francese in quanto, seppur di breve durata, ha visto la nascita del regime democratico a scapito della monarchia di Luigi Filippo d’Orleans.

(**) F. P. Casavola, “Il giornalismo deve tornare tra i cittadini”, Ordine dei Giornalisti – Consiglio della Lombardia, 1997, www.odg.mi.it.

 

Ultima modifica: Dom 12 Mag 2019