#lamiascintilla/6 - L'attrazione fatale di 'Tutto il calcio minuto per minuto'

Devo essere sincero, la scintilla che mi ha fatto innamorare della professione giornalistica non è stata una folgorazione di altissima cultura... il merito dell’”attrazione fatale”, infatti, va ascritto alla trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto”, che all’età di 4 o 5 anni cominciai ad ascoltare con grande passione, quale appuntamento irrinunciabile che ben presto divenne punto fermo delle mie settimane.

Più che le partite in sé, mi affascinava la voce del radiocronista che viaggiava nell’etere cercando le parole più adatte per rappresentare al meglio ciò che solo lui poteva vedere.
Ancorata a quella realtà, basata sulla fiducia in un racconto sportivo che attraverso la cronaca in diretta ti trasportava virtualmente ai bordi del campo di gioco, la mia fantasia si sbizzarriva nell’immaginare i dettagli e le ridondanze di ogni azione che per motivi di tempo non potevano trovare posto nella narrazione del cronista.

Fu così che dopo poco non mi bastò più ascoltare le radiocronache né rigiocare in presa diretta le partite nel soggiorno di casa mia, con tanto di cronaca, per la disperazione di mia mamma che tra le pallonate sui soprammobili e la mia vocina squillante non sapeva davvero cosa fosse peggio. No, io volevo fare di più per esercitare non tanto l’aspetto sportivo quanto quello giornalistico: mosso da questa forte motivazione, ebbi la bella idea di prendere gli almanacchi di calcio degli ultimi anni e di immaginare le azioni da rete e i momenti salienti di ogni tabellino ivi riportato, ovvero tutte le sfide di ogni domenica del campionato. Studiavo le formazioni e i marcatori di tutti i match di ciascuna giornata disputata, poi inserivo la cassetta nel registratore e cominciavo a parlare, passandomi la linea di campo in campo in base ai minuti di realizzazione dei goal. Al termine di queste infinite maratone, riavvolgevo il nastro e mi riascoltavo per capire come potevo avvicinarmi al livello dei mitici e reali radiocronisti di “Tutto il Calcio minuto per minuto”.

È stato così che mi sono avventurato nel pianeta del giornalismo sportivo, dapprima locale e poi anche di più ampio respiro, riuscendo qualche anno più tardi ad iscrivermi all’Ordine dei giornalisti.
Crescendo, poi, alcune profonde delusioni - umane e non professionali - rimediate nel contesto del giornalismo sportivo, nonché un’irresistibile passione per la comunicazione prima politica e poi aziendale, mi hanno portato a praticare la professione su “lidi” di altro genere, comunque sempre con il medesimo trasporto emotivo di quando ero piccolo.
Contemporaneamente, ho maturato un crescente interesse per la scrittura in prosa, soprattutto di saggi su temi sportivi o spirituali, senza disdegnare altri argomenti: in questo caso devo attribuire la paternità, anzi la maternità dell’ispirazione, alla mia professoressa di italiano del triennio liceale che ci faceva lavorare moltissimo sui saggi brevi. Un giorno, in particolare, lo sforzo profuso in uno di questi lavori relativo al commento su “L’Infinito” di Giacomo Leopardi mi lasciò la certezza che scrivere per rendere gli altri partecipi di una storia, di un’emozione o di un’esperienza fosse una delle attività più belle che esistessero al mondo.

Per quanto concerne le mie fissazioni sintattiche e grammaticali, infine, devo ringraziare la mia maestra delle elementari e mio papà, professore di italiano, latino e greco, che mi ha fatto assaporare quanto sia affascinante scoprire la costruzione di ogni frase nelle versioni di latino. Ma la prima e autentica scintilla, da cui tutto ebbe inizio, resta lei: la radiocronaca delle domeniche calcistiche di fine anni ‘80/inizio anni ‘90 e, ogni volta che sentivo la voce del conduttore della trasmissione (che in quelle stagioni erano soprattutto De Luca e Provenzali) salutare il pubblico con la chiosa finale “Amici sportivi, avete ascoltato Tutto il Calcio minuto per minuto, vi ringraziamo e vi diamo appuntamento alla prossima domenica”, la mia mente cominciava a viaggiare, cimentandosi nelle amene (soprattutto per mia mamma...) attività che ho raccontato in queste righe, per provare a trasformare #lamiascintilla in fuoco ardente.

Non so come e quanto ci sono riuscito - non penso granché - ma negli anni ho scoperto che in questo mestiere più che il fuoco conta mantenere viva la scintilla. E quella, pur cambiando i temi giornalistici oggetto della mia applicazione, è la stessa di quando ero bambino.

immagini: archivio Rai

Ultima modifica: Gio 15 Ago 2019