#lamiascintilla/8 - Il vangelo della domenica? Un'inaspettata breaking news per la nostra vita

Non ricordo il momento preciso, ma c’è stato davvero per me un “nuovo inizio” nella sfida di commentare, ogni domenica, la Parola che la liturgia ci mette davanti.

I primi tempi, infatti, fresco di studi teologici, ma anche fin troppo pieno delle mie idee e delle mie prospettive, mi sforzavo di cogliere il collegamento tra le tre letture proposte, di darne un’interpretazione, esplicitando quello che è – lo insegnano gli studiosi di liturgia – il messaggio centrale di ogni celebrazione.
Tutto, però, in modo troppo diretto e guidato da me, con poco o forse perfino nessuno spazio lasciato alla Parola. Ero io a “usarla” invece che lasciarmi usare da essa. Quasi avessi più io da dire che la Parola stessa.

Ed ecco che, improvvisamente, la Parola ha cominciato a prendere l’iniziativa e a mettermi nell’angolo. A esigere di essere ascoltata a un livello diverso e di essere non tanto illuminata da me, quanto, piuttosto, permettere che sia essa a illuminare e orientare. In breve, non più servire la Parola, ma mettersi al suo totale servizio.

Proprio come chi non fa altro che veicolare una notizia che irrompe e ti cambia, che ti scuote e ti costringe a vedere te stesso e le cose intorno a te da un tutt’altro punto di vista. Una breaking news che fai fatica a notiziare perché provoca perfino il tuo linguaggio e il tuo stile e pretende – con un’autorità che ti raggiunge e alla quale non puoi sfuggire – che tu possa essere in grado, in qualche modo, con le tue povere parole, con il tuo lessico, le tue spesso ridicole strategie di comunicazione, di riprodurre lo schianto che ha provocato in te.
Proprio così: si tratta di un dono di cui misuri continuamente l’assoluta gratuità e indisponibilità, specie quando non ti sembra che ci sia alcuna buona notizia, quando sei infinitamente lontano, quando la Parola – che presunzione! – sembra non risuonare e non avere nulla di particolare da annunciare, mentre sei tu a essere rigido e chiuso a quella notizia, bloccato su te stesso, sul tuo io, sui tuoi interessi particolari. E così stai lì e attendi, e tocchi con mano la tua sterilità e la tua pochezza, e capisci che talvolta sarebbe perfino meglio il silenzio: sì, chi sei tu per pretendere di ricevere una qualche notizia? Ben a ragione papa Francesco ha insegnato che «un predicatore è un contemplativo della Parola e anche un contemplativo del popolo» (EG 154).

Ecco, forse non può esserci vera omelia senza questo rapporto vivo e misterioso tra Parola e popolo: una scintilla che si accende grazie a chi si mette a disposizione perché questo dialogo si stabilisca e si mantenga nel cuore dell’evento più alto della nostra povera vita cristiana che è la celebrazione eucaristica domenicale. Poveri mendicanti, tutti, della breaking news che ci sostiene e ci trasforma e che, fino a oggi, continua a sostenerci nella fede. Con immenso stupore e gratitudine.

Ultima modifica: Gio 15 Ago 2019