Coronavirus: le parole 'pesano'. E se restiamo credibili possiamo sopravvivere alla crisi del giornalismo

Ogni parola pesa, quando c’è un’emergenza di protezione civile. E la parola dei giornalisti “pesa” anche di più. Perché il fatto che le fonti di informazione si siano moltiplicate e che tutti si rendano visibili al mondo attraverso un semplice click non può essere un alibi, anzi aumenta la nostra responsabilità.

Ha detto il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna, a proposito del nuovo virus globale che arriva dalla Cina: “Servono equilibrio e responsabilità, è necessaria un’informazione piena e verificata, senza nascondere gli eventuali rischi e le cautele da attuare, ma sono assolutamente da evitare enfatizzazioni e allarmismi”.

I giornalisti “professionali” sono il baluardo finale della verità, almeno quella conosciuta, e possibile, finora. Bastano poche regole, che poi sono sempre le stesse. Prudenza e verifica accurata, in tutti i casi. Ma soprattutto quando si affrontano temi che investono la salute pubblica e che possono influenzare e persino condizionare i comportamenti di tutti noi.

Perché, se restiamo credibili, una speranza di ‘sopravvivere’ in questa nostra professione ce l’abbiamo ancora.

Ultima modifica: Dom 2 Feb 2020