Il giornalista è il medico delle fake news - #ioinformo

"Il giornalista - che è il cronista della storia - è chiamato a ricostruire la memoria dei fatti, a lavorare per la coesione sociale, a dire la verità ad ogni costo: c'è anche una 'parresia' del giornalista, sempre rispettosa, mai arrogante".
I richiami di Papa Francesco fatti il 23 settembre 2019 nella sala Clementina del Palazzo Apostolico in occasione dell’udienza concessa a noi dell’Ucsi in occasione del sessantesimo della nostra fondazione, sono di grande attualità in questi giorni nei quali siamo chiamati a raccontare su web, giornali, radio e tv la pandemia del Covid -19.

#ioinformo - con i mezzi Giornale, Radio e Web - è la missione che in questi giorni il Signore mi ha chiamato a svolgere, in un tempo di “deserto”, dove si deve stare #acasa per ridurre il contagio di questo virus invisibile. Cosi sto sperimentando quotidianamente di essere in guerra e di raccontare, convincere, invitare lettori, radioascoltatori e amici a #restareacasa se si vuole il bene personale e della propria famiglia.

La battaglia inizia con tre episodi che si susseguono nell’arco di sette giorni. Parto dall’episodio di una fake news di un collega che anzichè raccontare il quotidiano, gli inviti a stare a casa, si inventa una notizia, nei primissimi giorni della pandemia, di un caso di coronavirus. Una notizia che aveva preoccupato oltre sessantamila abitanti. Nei minuti successivi sono arrivati sul mio dispositivo decine e decine di messaggi per sapere la notizia. Così ho subito capito che si doveva verificare, accertare la notizia.
A quel punto è risuonato nelle mia mente l’appello di Papa Francesco a noi giornalisti: “essere voce della coscienza di un giornalismo capace di distinguere il bene dal male, le scelte umane da quelle disumane. Perché oggi c'è una mescolanza lì che non si distingue, voi dovete aiutare in questo". Sono sceso in campo, armato di penna, taccuino e microfono per accertare, verificare e incrociare le fonti, secondo la deontologia professionale, per accertare la notizia. Con grande sorpresa scopro che la notizia non esisteva ed era una fake news. Ho scritto un articolo per dire che non esisteva nessun caso di coronavirus nei cinque comuni, riportando un po’ di tranquillità tra i lettori, radioascoltatori e followers. Da quel momento è cominciato un vero e proprio attacco sui social. Attacchi che sono continuati per tre giorni, fino a quando sono interventi le autorità di categoria, le istituzioni locali e regionali e infine il prefetto.

La seconda notizia è stata quella di una studentessa che è stata tra i primi laureati ai tempi del coronavirus all’’Università di Palermo, in Chirurgia e Medicina. Ho raccontato la speranza, il futuro del “dopo conoravirus”. Un virus che non ferma la vita, ne tanto meno la cultura e il sapere. Vi dico che in questo momento delicato bisogna essere sicuri delle notizie da pubblicare per il ruolo che ricopriamo.

Il terzo caso: ho esaudito la richiesta del parroco della mia parrocchia il quale, nel momento delle regole comunicate dall’ordinario diocesano di vietare - su disposizione della Cei e della Cesi (la Conferenza episcopale siciliana, ndr - la celebrazione Euristica, mi ha chiesto di mandare in onda in diretta la Messa. Non mi sono tirato indietro. Tutte le sere fino alla fine del coronavirus garantirò questo servizio alla comunità parrocchiale, ma anche alla Chiesa. Noi abbiamo una grande responsabilità sopratutto in questi momenti di crisi, prima del ritorno alla ‘normalità’.

Conosciamo ormai i meccanismi dei media, sappiamo che l’informazione “gridata” è tipica della stampa moderna in generale e di quella italiana in particolare.

Da sempre, e ancora di più dopo 37 anni di esperienza, credo fermamente che il dovere di un giornalista sia quello di informare, di mediare tra i fatti e i lettori. E di raccontare sempre la verità. Il nostro compito insomma è quello di raccontare in maniera comprensibile e senza troppe complicazioni cosa accade nel mondo. C'è chi lo fa per un colpo di stato, chi per una crisi economica e chi per una partita di calcio. O adesso per questo terribile virus. Non è l'argomento di cui ognuno di noi si occupa che ci qualifica.

Purtroppo, da quando è scoppiata questa epidemia, ho visto e letto di tutto. Ogni giorno si rincorrono le più disparate notizie, ad ogni ora arrivano aggiornamenti a dir poco allarmistici sulla diffusione del virus. Da settimane su quasi tutti i mezzi di comunicazione non leggiamo altro che stime dei futuri contagi, di casi sospetti in ogni pronto soccorso italiano, di psicosi compulsiva, di corsa alle mascherine...

Una notizia deve sempre essere verificata su qualunque piattaforma venga condivisa. E in questo periodo in cui è andato in crisi il meccanismo della verità, il giornalismo è ancora più utile, fondamentale. Evita psicosi e discriminazioni, paure infondate e dietrologie assurde.

Il giornalista è il medico delle fake news. Mai come adesso ce n’è bisogno, anche nelle nostre cronache locali, dei territori. Abbiamo il dovere verso i lettori, radioascoltatori e follwers: raccontare la verità con responsabilità.
"La comunicazione ha bisogno di parole vere in mezzo a tante parole vuote - diceva Papa Francesco, in occasione dell’udienza concessa all’Ucsi. E in questo avete una grande responsabilità: le vostre parole raccontano il mondo e lo modellano, i vostri racconti possono generare spazi di libertà o di schiavitù, di responsabilità o di dipendenza dal potere".

Ultima modifica: Dom 22 Mar 2020