La 'piccola rete' nel vuoto apparente delle nostre chiese

«Seguitemi, vi farò pescatori di uomini. Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono» (Mt4, 19-20). Pescatori di uomini 2.0. Nel tempo della responsabilità e del sacrificio per il bene comune, come quello che stiamo vivendo, sacerdoti, catechisti, educatori, animatori e chiunque operi in associazioni cattoliche a livello parrocchiale e diocesano è chiamato a reinventarsi, a percorrere strade finora sconosciute e a costruire giorno per giorno una sorta di nuova era della comunicazione con metodologie e forme di accompagnamento insolite e innovative.

Un tempo che privilegia la “piccola rete” come risposta alle limitazioni, soprattutto durante questa Settimana Santa particolare che ci prepara a una Pasqua altrettanto diversa e inconsueta segnata dalla sofferenza e dalla solitudine e nella consapevolezza di dover affrontare una prova non indifferente durante questo momento così delicato per il Paese che a sua volta s’inserisce nella settimana più forte e significativa dell’anno liturgico per i fedeli.

Una condizione che richiede un impegno straordinario, se non addirittura rivoluzionario, da parte di tutti gli operatori pastorali per far sì che nessuno si senta solo e abbandonato e affinché ciascuno si senta parte di una comunità, nonostante le distanze, le ristrettezze, la paura perché, come ci ha ricordato Papa Francesco, «nessuno si salva da solo».

E da tutto questo è sbocciata una “creatività pastorale” basata su una comunicazione semplice, immediata, autentica ma fortemente efficace e incisiva fatta di video e messaggi postati sui canali social parrocchiali e diocesani o inviati attraverso mail e Whatsapp con lectio, piste di preghiera, letture, riflessioni, approfondimenti, messe in diretta tv o web; ma anche giochi, progetti, sussidi, storie, audiolibri per accompagnare i bambini e le famiglie nella gestione di questo tempo e nella preparazione alla Pasqua. Una comunicazione capillare e rinnovata che rafforza la comunione spirituale tra le persone e il bisogno dell’altro, che aiuta a pregare e meditare, che ci fa sperare e resistere, che non ci fa sentire spaesati e in balia di questa emergenza.

È vero, le chiese sono vuote, non ci sono fedeli né funzioni. Ma è un vuoto apparente, esclusivamente fisico e materiale che corrisponde invece a tanta pienezza in termini di solidarietà, sacrificio, carità. Una pienezza che passa e si diffonde attraverso appunto canali alternativi, mai sperimentati prima, sicuramente meno canonici ma più “dinamici” che in qualche modo spalancano le porte di quelle chiese e lasciano entrare chiunque voglia affacciarsi e qualunque sia la motivazione per cui voglia farlo e che permettono al proprio parroco, catechista o animatore di raggiungerci forse ancora più facilmente ed efficacemente di prima.

Una “piccola rete” che ci adesca, si fa ancora più prossima e ci educa a vivere il rapporto con Dio e con i sacramenti secondo altri schemi e linguaggi di comunicazione. Un tempo, dunque, che marchia il cristianesimo di una nuova identità in un cammino di scoperta e di riscoperta della fede nel cercare nuovamente Cristo e nel riconoscerlo in forme meno scontate e meno convenzionali.

Foto: AgenSIR

Ultima modifica: Gio 9 Apr 2020