Le complesse realtà urbane che i giornalisti devono saper interpetare

Alla vigilia dell'avvio della 'fase 2' di questa stagione così difficile, abbiamo pensato di riproporre un bell'articolo di Vittorio Sammarco, pubblicato su Desk nel 2019. Affronta il tema della compessità delle nostre realtà urbane, pone l'accento sulla necessità che i giornalisti imparino ad analizzarle e soprattutto interpetarle. E' un quadro pre-Covid. Ma proprio da questo scenario e con questi strumenti possiamo partire per capire se davvero questa pandemia potrà cambiare radicamente anche le nostre città.

Vittorio Sammarco (2019)

«La costruzione della città non è mai soltanto un gesto singolo, un costruire per se stessi. È, piuttosto, un costruire insieme. (...) La città è l’artificio assoluto, realizzazione del progetto umano. (...) è sempre in progettazione, protesa verso il proprio futuro. La città è il luogo in cui l’uomo percepisce il cambiamento come progetto umano; il luogo in cui l’uomo intravede la propria modernità». Così il grande filosofo francese Paul Ricoeur in uno dei suoi numerosi saggi sulla vita urbana.

E in quella “percezione”, in quell’”intravedere”, conta – e non poco – il lavoro di chi comunica l’immagine di una città, i suoi punti critici, l’evoluzione nel tempo, le risorse non ancora esplose e quelle che rischiano di deperire in modo irreversibile. Conta, in primis, la voce di chi le città le vive. Che, come spesso accade, è filtrata dagli operatori dei media, da chi di quelle vite e istanze si fa portavoce, spesso in modo inconsapevole, sempre e comunque producendo effetti a cascata che, inevitabilmente, incidono su coloro i quali in quelle realtà spendono le proprie esistenze.

Ecco perché è importante saper leggere e interpretare il volto delle città, sapere, cioè, dove e come attingere alle fonti giuste che – con chiarezza e aggiornamento costante – forniscono informazioni, dati, gerarchie di valori, schemi e inquadramenti corretti per fare di quelle letture il fondamento più dettagliato, veritiero e approfondito possibile dei nostri prodotti finali. In poche parole: trovare gli strumenti utili per fare bene il lavoro del giornalista.

Cosa stanno diventando le città, in questa enorme trasformazione che le sta attraversando? Partiamo dai numeri e dalle conseguenti strategie di politiche urbane impiegate.
Le città stanno crescendo, non soltanto per un tasso demografico sempre più elevato, ma soprattutto per il peso politico, culturale ed economico che vanno assumendo. Secondo la Banca Mondiale, gli abitanti delle cento città più grandi del pianeta erano oltre 750 milioni nel 2011 e a fine secolo saranno tra gli 1,6 e i 2,3 miliardi, con ben 10 città oltre i cinquanta milioni di abitanti. In Europa, secondo l’ultimo report della Commissione europea sulla situazione delle città, più del 70% dei cittadini vive in aree urbane e, secondo proiezioni ONU, entro il 2050 la percentuale è destinata a salire all’80. Oggi nelle aree urbane si concentrano il 73% dei posti di lavoro dell’UE e l’80% dei laureati con un’età tra i 24 e i 64 anni. La crescita delle aree urbane, dunque, è la dinamica che avrà l’impatto più importante sullo sviluppo sostenibile dell’Europa e sui cittadini europei. Le città sono sempre più centri attrattivi e di crescita economica, per il mercato del lavoro, per i centri di svago e di formazione, i luoghi dell’innovazione e della produzione. In esse si condensano le sfide del cambiamento e della stessa tenuta della democrazia. La città rimane comunque un luogo palese di contraddizioni, tra opportunità e criticità, che vanno lette nell’insieme, proprio per la difficoltà di interpretazioni univoche che esse presentano.

Perciò l’attenzione delle istituzioni globali si va facendo più serrata e politicamente orientata al miglioramento della qualità della vita degli abitanti.
Da queste intuizioni nasce il “Patto di Amsterdam” per l’agenda urbana UE, adottata il 30 maggio 2016, che è l’attuazione - a livello europeo - di principi, impegni e azioni previsti dalla nuova agenda urbana dell’ONU (il cosiddetto goal 11 dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile). Le due agende urbane, quella dell’ONU e quella UE, condividono l’identica visione di uno sviluppo equilibrato, sostenibile e integrato delle nostre città.

Per conoscere nel merito le proposte e concentrarsi sul percorso italiano, si vedano i documenti forniti dall’Asvis (le 200 realtà associative, pubbliche e private, che hanno fondato la Rete dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile); nonché il Rapporto italiano per la Conferenza internazionale Onu Habitat III che si è tenuta a Quito (Ecuador) dal 17 al 20 ottobre 2016, dedicata al tema dello sviluppo urbano sostenibile, per l’attuazione della “Nuova Agenda Urbana”, costruita sull’Agenda Habitat adottata ad Istanbul nel 1996. Forse i due anni trascorsi rendono il documento italiano un po’ datato nell’analisi di partenza, ma non nelle iniziative promosse: comunque resta attualmente l’unico testo prodotto dalle nostre istituzioni sul tema e presentato a livello mondiale.

Per analizzare lo stato delle città italiane – e produrre quindi elementi utili all’analisi grazie ad un quadro aggiornato, completo, dettagliato e soprattutto di facile consultazione - non si può che partire dal portale dell’Anci (l’Associazione nazionale dei comuni italiani, www.anci.it ) che con i suoi sottoinsiemi di siti tematici dà visibilià e leggibilità non solo ai numeri (tanti), ma anche a temi trasversali come Piccoli Comuni; Unioni di Comuni; Richiedenti Asilo e Rifugiati; Anticontraffazione; Osservatorio Smart City; Patrimonio immobiliare; Protezione Civile; Opendata Anci; Pari Opportunità; Sicurezza urbana; Municipi Senza Frontiere, ecc.

Per capire le politiche urbane in atto a diversi livelli, offre un lavoro prezioso il Centro nazionale di studi per le politiche urbane (www.urbanit.it). Il suo Terzo Rapporto sulle città, dal titolo “Mind the gap. Il distacco tra politiche e città”, dettagliato e ricco di “fotografie sociali” delle diverse situazioni (pubblicato a inizio 2018), «prova a dar conto delle forme in cui si articola la distanza che ancora le contraddistingue (le politiche urbane, ndr.) per suggerire di metterla in conto, e di prenderla sul serio nelle diverse sedi in cui si è impegnati a disegnare oggi le politiche urbane». E aggiunge: «l’idea di un Rapporto che cerca di chiamare i suoi lettori a prestare attenzione alla distanza tra politiche e città, ma anche ai modi in cui essa si sta ridefinendo; una distanza che, a nostro avviso, è importante saper leggere, ma anche provare a ridurre e riarticolare». Il quarto rapporto di Urban@it, “Le economie delle città italiane. Strutture, trasformazioni e governo”, è stato presentato in questi giorni presso l’Università di Bologna.

Non è l’unico report che aiuta a capire le città oggi. Ne esistono tanti (italiani e internazionali), ma, per esigenze di spazio, ne citiamo solo alcuni, per gli utili spunti che forniscono e per la garanzia di credibilità della fonte.
I City Rate – 2017”, ad esempio, è la classifica delle città-intelligenti (smart) italiane, realizzata per il Forum della PA da G. Dominici e V. Piersanti. In sintesi, i risultati evidenziano: «un complessivo ritardo del sistema urbano italiano nei confronti degli obiettivi di sostenibilità che rischia di limitare fortemente l’attrattività e la vivibilità dei nostri centri urbani; la coesistenza di modelli di sviluppo e di governance urbana diversi, ma in grado di restituire importanti risultati di valore rappresentati dalle tre città al vertice: Milano, Bologna e Firenze; l’importanza delle città intermedie del centro-nord che rappresentano un importante tessuto connettivo tra le diverse aree metropolitane; un pesante ritardo strutturale rappresentato da gran parte delle città del Sud e dalla Capitale (pur con qualche parziale segnale di movimento) difficilmente colmabile, se non intervengono forti azioni correttive, nei tempi necessari».

Da quelle “intelligenti” a quelle che presentano “situazioni critiche”, degrado e disagi che “mordono” la vita delle persone. Da tenere in considerazione soprattutto gli “Atti della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie”, commissione istituita il 27 luglio 2016 e che ha portato a conclusione i lavori il 14 dicembre 2017, report pubblicato in GU.

Seppure non centrato solo sulle città, è utile il Rapporto “Amministratori sotto tiro. Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie”, a cura dell’associazione Avviso Pubblico, che nel 2017 ha censito 537 atti intimidatori, di minaccia e violenza nei confronti degli amministratori locali. Dal 2011, anno della prima edizione del Rapporto in cui furono censiti 212 casi, gli atti intimidatori sono aumentati del 153%. Il fenomeno, nell’anno rilevato, ha coinvolto per la prima volta tutte le 20 regioni italiane, 78 Province e 314 Comuni, il 6% in più nel confronto con il 2016.

Non sono pochi, infine, gli strumenti concreti di analisi offerti da soggetti della cosiddetta società civile. Da segnalare innanzitutto il lavoro continuo e documentato del gruppo che lavora intorno al sito Openpolis.it, che ha (tra le attenzioni particolari sul mondo della politica a tutti i livelli) uno spazio apposito sulle periferie e sulle città in generale.

Di tutt’altro genere ma importante, vista la valenza della mobilità per la qualità della vita dei cittadini, è il secondo Rapporto nazionale sulla Sharing mobility, verso un ecosistema della mobilità condivisa, a cura dell’Osservatorio nazionale sulla Sharing Mobility, Ministero dell’Ambiente e Fondazione per lo sviluppo sostenibile.

Infine: “Le strade della cittadinanza: una rassegna di progetti selezionati nell’ambito del Programma Europa per i Cittadini” a cura del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dell’ottobre 2017, un racconto articolato e vivo di come i cittadini negli ultimi dieci anni si sono mossi per rendere partecipato e concreto l’amore per la propria comunità di vita.

Come queste informazioni, poi, dovranno coniugarsi con l’esperienza della costruzione comune della città (Ricoeur), è difficile ipotizzarlo a tavolino. Ma per questo appaiono significative le parole di un gruppo di architetti, contenute in un appello lanciato nel dibattito agostano per “Una nuova agorà in difesa dell’Europa”: «È indispensabile – si legge - che l’architettura che è scienza, cerchi una sintesi con il pensiero per organizzare razionalmente interi settori del sapere: necessaria continuità e contiguità tra architettura, pensiero e altri linguaggi, non esclusi i poteri economici con cui da sempre l’architettura ha a che fare».
E in questi “altri linguaggi”, le parole corrette dei giornalisti non possono mancare.

Ultima modifica: Dom 3 Mag 2020

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