La pandemia si è presa un pezzo della nostra professione (e della vita) - #Ripensiamoci / 14

É giunta l’ora anche di tornare a scuola. Driiiin! Centinaia di campanelle tornano a suonare e migliaia di studenti tornano in aula. Quegli stessi studenti che negli ultimi sei mesi sono rimasti a casa divisi tra compiti e didattica a distanza. Un periodo che ha avuto del surreale.

Lentamente ora le vacanze diventano un lontano ricordo, ma c’è una cosa che non va via dalla testa ed è il rumore delle onde. Quel lento cadenzare che scandisce ogni singolo momento trascorso in riva al mare.
Poi ci sono gli scogli contro i quali le onde si infrangono, un po' come il giornalismo e il coronavirus. Un enorme scoglio, quasi un iceberg che ha segnato il passaggio da uno stile di vita “normale” a quello attuale.

La vita è un “panta rei” in continua evoluzione, un po’ come l’informazione. Un mondo che lotta quotidianamente contro le fake news per cercare di mettere in luce i veri miracoli della vita.

Il giornalismo in questi mesi ha raccontato il bello e il brutto di un periodo nero ma che ha visto fiorire tanti piccoli protagonisti delle storie che fanno bene al cuore. Medici che hanno salvato vite, le mamme alle prese con lavoro e figli, le difficoltà degli infermieri. Storie di morte e resurrezione che da sempre accompagnano la penna dei giornalisti.

Ma qualcuno si è chiesto cosa volesse dire scrivere e fare giornalismo senza vita di redazione? La pandemia si è presa un pezzo della nostra vita, togliendo la parte più bella: la possibilità di stare insieme.

Manca la vita di redazione, mancano i convegni, gli eventi di comunità, manca il senso di libertà, perché anche se piano piano si tende a tornare ad uno stile di vita pre covid rimane il terrore negli occhi delle persone. Che faccio, ci salutiamo? Un saluto frettoloso sfiorandoci a stento con il gomito e via...e sarà così finché non uscirà l’agognato vaccino.

Ma la comunicazione quanto può ancora sopravvivere? È vero che questo lavoro può andare di pari passo con lo smart working, ma quanto effettivamente gli fa bene o male? Non credo molto, un po' come la scuola con la didattica a distanza. Ed ora che è il momento di tornare in aula come lo racconteremo?

#Ripensiamoci è il messaggio giusto, perché bisogna davvero ripensare alle nuove forme, al come adeguarsi al tempo che ci aspetta. Non sarà facile, saranno tempi lunghi, ma la comunicazione continuerà a fare il suo lavoro.

#Ripensiamoci ripartendo dal sorriso dei bambini che si ritrovano, dagli occhi lucidi delle insegnanti che rivedono i loro alunni piccoli o grandi che siano. Ripartiamo da quelle mura che sono state rivisitate per accogliere gli alunni in sicurezza. Scotch a terra e banchi monoposto, ma gli studenti italiani come la prenderanno? Bisogna rimettere al centro l’uomo. Lui deve tornare ad essere il protagonista dei racconti. Il lettore vuole leggere storie e il giornalismo dev’essere sempre di più un faro acceso sulle realtà di periferia.

#Ripensiamoci quindi a partire dalle persone

#Ripensiamoci a partire dall’ultimo.

#Ripensiamoci a partire da noi, da come vorremmo essere e come vorremmo fosse la società che ci circonda. In fondo essa non è altro che lo specchio del nostro essere.

Ultima modifica: Sab 19 Set 2020