Comunicazioni sociali: il messaggio del Papa e l'esperienza della pandemia

(da Avvenire del 13 ottobre 2020) “Vieni e vedi”. I due verbi citati nel Vangelo di Giovanni riguardano l’annuncio cristiano, reso possibile a partire da una presenza, da un’esperienza personale e diretta, ma dicono qualcosa anche del modo di fare, da sempre, un’informazione corretta: farsi presenti lì dove i fatti accadono, vedere con i propri occhi, rendersi conto, raccontare fatti e notizie in maniera credibile, essendone testimoni e interpreti.

Il sottotitolo del Messaggio per la 55° Giornata delle Comunicazioni Sociali invita a “Comunicare incontrando le persone come e dove sono”. Difficile che per gennaio 2021, quando la giornata sarà celebrata, la pandemia sia passata. Saranno necessarie, infatti, ancora per diversi mesi, le misure per prevenire i contagi, a partire dal distanziamento fisico che ci è tanto pesato durante il lockdown. Come si fa a sperimentare vicinanza e prossimità nel distanziamento? Proprio quei mesi di clausura forzata ci hanno costretti alla creatività anche nelle relazioni e nella comunicazione, innescando –o velocizzando - processi in qualche modo irreversibili.

Se il distanziamento fisico non è diventato sempre e comunque distanziamento sociale è stato soprattutto grazie a un trasferimento in rete di incontri, dibattiti, percorsi formativi, pubblicazioni, perfino celebrazioni religiose. Per l’Ucsi, ad esempio, ha suscitato un inaspettato interesse, con alcune migliaia di visualizzazioni in pochi giorni, un video con le testimonianze dei giovani curato da Antonello Riccelli, direttore del sito, per mantenere attiva la rete nata con la scuola di formazione di Assisi. A livello più generale la didattica a distanza ha salvato l’anno scolastico, e lo smart working ha fatto ripensare in maniera radicale modalità di lavoro e processi produttivi, consentendo anche in remoto l’operatività delle redazioni giornalistiche.

Nell’udienza all’Ucsi di un anno fa papa Francesco ha invitato a rovesciare l’ordine delle notizie quando si tratta di dare voce a chi non ne ha (leggi qui l’intero intervento). Oggi, ripensando a quelle parole, viene in mente che la parte più dolorosa dell’esperienza planetaria del Covid-19 è legata alle vittime che hanno lasciato questo mondo in solitudine e ai malati separati dalle famiglie. Storie e nomi che ogni comunità non dovrà dimenticare, perché proprio nella memoria riconciliata delle sofferenze patite c’è un germe di futuro.

Il messaggio del papa per la giornata delle comunicazioni 2020 richiamava alla necessità di una narrazione umana, che «nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano (....) riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri». L’isolamento forzato non ha spezzato quei fili, ma al contrario ha rafforzato i legami e le cose che contano, facendoci sentire in maniera ancora più forte che “siamo tutti sulla stessa barca”. L’invito, per il prossimo anno, a “utilizzare tutti i media, in tutte le loro forme, per raggiungere le persone come sono e là dove vivono” chiede analogamente di rafforzare nella comunità i legami di solidarietà, via maestra per vincere isolamento e paura. L’enciclica Fratelli Tutti avverte che «il cumulo opprimente di informazioni che ci inonda non equivale a maggior saggezza», e suggerisce che «una via di fraternità, locale e universale, la possono percorrere soltanto spiriti liberi e disposti a incontri reali». Questa la sfida, ci sembra, per questi tempi difficili.

Ultima modifica: Gio 15 Ott 2020