L'esercizio dell'ascolto

Ascoltami! Mi senti?!”. Sara, un’adolescente ospite di una comunità per minori, urlava implorante questa espressione di aiuto contro tutti, senza rendersi conto che in realtà lo stava dicendo a se stessa. La sua educatrice mi fece notare che stava attraversando un passaggio di riscoperta della sua storia, della sua persona...e, soprattutto, delle ferite che la vita le aveva già inferto.

Da allora, la dimensione dell’ascolto mi ha sempre incuriosita e, purtroppo, non passa un giorno senza che mi arrivi da qualche parte quest’imperativo. Sarà un’attenzione? Una sensibilità? Ma perché l’ascolto in una società tanto evoluta e tecnologica sembra essere un esercizio così impegnativo, per non dire raro?

L’ascolto non è solo udire, ma è lasciarsi coinvolgere empaticamente da chi è in relazione con noi in quel momento. Ascoltare impone di dare priorità a quella persona, significa esser edisposti a lasciare ogni pensiero fuori dalla porta, del cuore, per concentrarsi lì. Esserci. Testa e cuore.

Spesso la richiesta di essere ascoltati è anche l’espressione del bisogno di essere visti: ti rendi conto che esisto? Sara voleva uno sguardo benevolo su di lei, due occhi che le dicessero che lei era qualcosa di unico e meravigliosamente bello per vivere l’esperienza che non aveva mai vissuto prima: quella di esistere per qualcuno.

Si ascolta anche con gli occhi mentre si leggono i post sui social media che, dietro ogni parola, raccontano vissuti, desideri, speranze, paure... Quanto insegnano quelle bacheche virtuali, che sono invece reali espressioni dei nostri giovani, in particolare!

Si ascolta, naturalmente, con l’orecchio che coglie il tono della voce, le sue pause ed i silenzi, il timbro... La voce delle persone amate si riconosce in mezzo a mille e basta una piccola incrinatura per allarmarci!

Paradossalmente anche con il gusto ed il tatto si può ascoltare perché racchiudono sfumature di una cura indescrivibile. Alcuni piatti ci portano in luoghi lontani, anche in luoghi del cuore, ma quando non riescono bene, comprendiamo che qualcosa non va in chi li ha preparati! Allo stesso modo, toccare un manufatto ci spiega la lavorazione accurata che l’ha realizzato!

Si ascolta molto, tuttavia, con il cuore e probabilmente questo è l’aspetto dell’ascolto che stiamo dimenticando nella frenesia di una routine quotidiana divenuta sempre più complessa. Ascoltare con il cuore richiede tempo, energie, ma anche dedizione, attenzione. E’ un vero e proprio esercizio. Sant’Ignazio di Loyola direbbe che questo non è ascolto, ma sentire, una dimensione più profonda che raccoglie sentimenti e vissuto, anche interiore, di una persona. Alda Merini diceva che le piaceva il verbo “sentire”... Sentire profondamente una persona è disporre il proprio animo all’accoglienza di quanto abita fuori di noi, perché si conosce già quanto abita il nostro mondo interiore. Significa percepire con tutto noi stessi l’altro. E’ stare difronte all’altra persona sapendo di essere davanti al mistero che è ogni essere umano, sospendendo il giudizio e guardando con occhi limpidi, senza precomprensioni, offrendo una possibilità.

Sara chiedeva di esistere per chi aveva davanti, non di essere udita, ma di essere ascoltata, sentita profondamente. Quando in una relazione si esiste reciprocamente, si creano le condizioni perché l’autostima cresca, ma anche la capacità di accogliere le critiche perché è chiaro che la franchezza è per il bene più grande, non per umiliare.

Solo così la crisi, ogni crisi, diventa crisalide permettendo di spiccare il volo di una vita piena.

Solo così chi fa della comunicazione non solo il proprio lavoro, ma una vocazione, diventerà autentico testimone della verità in tutti i suoi dettagli così. Saprà “comunicare incontrando le persone dove e come sono”, come ha esortato Papa Francesco con il messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali del 2021, perché capace di ascoltare profondamente, cioè di sentire interiormente.

Ultima modifica: Sab 6 Mar 2021