Le buone notizie di un mese di sport

Alla vigilia di questa bellissima domenica di sport, il nostro Riccardo Clemnenti aveva offerto questa belle riflessione ai nostri lettori. I risultati adesso li conosciamo e la gente (come vediamo nella foto di Maurizio Di Schino) è scesa in strada per festeggiare (ar)

E così eccoci qua... a giocarci una doppia finale a Londra! Ci eravamo lasciati alla vigilia degli Europei di calcio con l’auspicio, a nostro parere fondato e infatti poi confermato dai fatti, di vedere la nostra Nazionale arrivare in fondo alla manifestazione e ci ritroviamo addirittura con due finalissime da vivere... sì, perché prima degli azzurri di Mancini che domenica sera a Wembley sfideranno l’Inghilterra, nel pomeriggio a Wimbledon Matteo Berrettini con la racchetta in mano e un sogno nel cuore sarà il primo italiano a disputare la finale di uno dei tornei tennistici più prestigiosi, senz’altro il più famoso al mondo su erba. Insomma, un 11 luglio che ricorderemo, speriamo con qualche Coppa da sollevare al cielo...

Intanto, riprendendo i punti che avevamo toccato nell’articolo di presentazione di questo anomalo Euro 2020 giocato nel 2021 causa pandemia, possiamo fare qualche considerazione di carattere sociologico e culturale, con particolare riferimento alla comunicazione per ovvia deformazione professionale:

1) anzitutto, è innegabile che lo sport sia una delle forme di comunicazione più potenti. Pensate a come l’evento calcistico degli Europei ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica e destato l’entusiasmo degli italiani dopo il durissimo tempo del Covid, ma anche al modo in cui lo storico traguardo di Berrettini ha suscitato un moto di emozione nel Paese. Lo stesso è avvenuto per il quintetto azzurro di basket che è andato ad espugnare la Serbia con un’impresa memorabile, guadagnandosi l’accesso alle Olimpiadi. Si tratta di gesta sportive che parlano con i fatti, una narrazione che trova concretezza in gesti atletici capaci di fissarsi nella memoria collettiva, siano essi un goal da incorniciare, un match point trasformato in vittoria con una volée di classe o un canestro da tre punti che “strappa” la partita e scrosci di applausi. È una lezione da ricordare questa, perché tutti, a partire dagli addetti ai lavori, abbiamo il dovere di fare dello sport una realtà più sostenibile dal punto di vista economico ed etico, ma anche un viatico di comunicazione positiva, di buone notizie, di lealtà, di educazione al bene e alla tenacia.

2) È stato il primo Europeo itinerante che ha coinvolto 11 città del continente. Apparentemente in tempo di Covid forse non una grande idea per contrastare la diffusione del virus, anche se tamponi e green pass hanno in parte attutito l’impatto, ma in realtà l’iniziativa si è rivelata una bella e capillare iniezione di fiducia per riportare un po’ di speranza e di sano divertimento in più parti d’Europa. Confinare l’evento in una sola Nazione forse avrebbe privato il resto d’Europa di un assaggio di “normalità” e di socialità quanto mai prezioso in questo periodo.

3) Anche rivedere gli stadi popolati di pubblico - pur con tutte le variabili del caso, sia in termini numerici con eventuali restrizioni di accesso agli spalti in base alle misure di sicurezza sanitaria dei diversi Paesi, sia dal punto di vista della “discrezionalità gestionale” come i circa 70mila spettatori, ben oltre il limite dei 60mila stabiliti, registrati da fonti autorevoli del giornalismo sportivo nella semifinale tra Inghilterra e Danimarca - è stato bello e ha senza dubbio contribuito a riportare gioia e sorrisi nell’Europa falcidiata dal virus e spesso anche dalla stanchezza di vite tanto frenetiche quanto malate di solitudine.

3) Gli Europei hanno creato dibattito, non solo calcistico, ma anche sotto il profilo politico, sociale e comunicativo. Bello è stato il modo in cui la squadra, il pubblico e il mondo intero si sono stretti intorno al numero 10 danese Eriksen, salvato sul campo dopo un drammatico arresto cardiaco nella gara d’esordio contro la Finlandia: tanta solidarietà ed empatia, per una volta per fortuna poco sensazionalismo con i mass media che hanno evitato di indugiare sul momento della rovinosa caduta o del disperato tentativo di tenere in vita il trequartista della Danimarca, anche grazie ai suoi compagni che con pudore e affetto hanno schermato le scene dei soccorsi aiutando peraltro i medici a svolgere il loro compito con meno pressione mediatica. Belle anche tante scene sportive viste su diversi campi di gioco, a partire dallo stile e dal fairplay dopo la sconfitta con l’Italia dell’allenatore spagnolo Luis Enrique, uno che conosce il valore della vita e la priorità delle cose anche per il dramma vissuto con la perdita della sua dolce terzogenita. Esempi da ricordare e da cui ripartire, perché anche da situazioni di sofferenza si può uscire più consapevoli ed uniti.

4) Un po’ meno edificanti, invece, sono state le polemiche innescate dal dibattito sul diritto/dovere di inginocchiarsi prima del fischio d’inizio per esprimere solidarietà al movimento afroamericano “Black Lives Matter” contro il razzismo oppure sugli stadi da colorare di arcobaleno per schierarsi contro l’omofobia: a fronte del sacrosanto e ahimè spesso tradito principio di umanità e fratellanza che dovrebbe contraddistinguere ogni relazione umana, il problema in queste circostanze è che il merito della questione diventa spesso strumentale ad affermazioni ideologiche, da una parte e dall’altra, che erigono steccati e muri anziché ponti. Le tifoserie vanno bene nel calcio e nello sport in generale, non per temi delicati e complessi che richiedono studio e capacità di approfondire per compiere scelte politiche sagge e coraggiose, più che teatrini sull’onda emotiva per ottenere un like e qualche follower in più sui social. Come avevamo accennato nel precedente articolo, le Istituzioni politiche e sportive, così come ognuno di noi nella veste di cittadino, sono chiamate a maturare un approccio meno orientato al consenso di breve termine e ad adottare comportamenti responsabili, illuminati e lungimiranti, altrimenti il futuro dello sport e soprattutto delle nostre società sarà sempre meno coeso e più frammentato con ricadute negative in campo sociale, politico, civile e spirituale.

5) Chiudiamo come ci eravamo salutati, con l’unica differenza che stavolta la considerazione è corroborata dai fatti sul campo di gioco: l’Italia del calcio, ma anche quella del tennis e del basket nonché di molti altri sport erroneamente definiti “minori”, è bella, giovane e vivace. Rediviva dopo anni di decadimento. Sembra quasi un ossimoro presentarsi in due finalissime a Londra, nella terra della Brexit, con un Presidente del Consiglio che è uno degli artefici della tenuta dell’Unione Europea in questi ultimi difficili anni e con un Presidente della Repubblica, che sarà anche in tribuna domenica sera, da sempre italiano ed europeo illuminato. Una incredibile duplice vittoria italiana - mai ottenuta a Wimbledon e assente da ben 53 anni agli Europei di football - sarebbe anche il segno di un’Europa che sa lottare, unirsi nelle difficoltà e vincere le sfide più ardue. E ovviamente sarebbe un bel biglietto da visita per presentarsi alle Olimpiadi con tanta energia, continuando a regalare emozioni e a promuovere forme di comunicazione positiva attraverso lo sport.

Non ci rimane che stringerci (ma senza troppi assembramenti) a coorte e all’unisono sostenere i nostri campioni di sport e, ci auguriamo, di vita!

Ultima modifica: Lun 12 Lug 2021