Trovare le parole: una nuova forma di militanza

(#restart-03) Le parole sono state bombardate, eppure è proprio da loro – o dalle loro macerie – che occorre ri-partire, oggi. Da quelle parole che dovrebbero essere strumento di conoscenza, comunicazione, relazione e che invece sono soprattutto – sui social, in televisione e su alcuni giornali, in politica, nelle piazze sui muri delle città – armi da lanciare contro gli altri, per ferirli, zittirli, mortificarli, emarginarli. E da lanciare contro le parole degli altri, per distruggerle.

La crisi delle parole è nata molto tempo fa. Alla fine degli anni Ottanta Corrado Guerzoni, allora direttore di Rai Radio 2, nonché inventore di quella “radio del dialogo” che era il “3131”, scriveva: «La crisi d'oggi è proprio crisi della parola. Una volta esistevano i grandi sistemi di pensiero, le grandi costruzioni di logica formale. C'erano delle regole per stabilire se un'affermazione fosse vera o falsa... Allora la parola era potente perché si iscriveva dentro un sistema di spiegazione dell'uomo e del mondo. Tutto questo è venuto meno a causa di una forte tendenza critica, autocritica e per quel fatale deludere che è nel cuore stesso della travagliata esperienza storica dell'uomo. Ma questo ha portato via con sé anche il significato pieno della parola...» (Corrado Guerzoni, Il valore della parola, Sei 1988, p. 19).

Senza eccessive nostalgie per i grandi sistemi di pensiero (mi basterebbe che ci fossero ancora pensieri, anche se non sistematizzati), questa analisi vale ancora oggi, con alcuni elementi che la esasperano: il definitivo disincanto dei cittadini nei confronti delle istituzioni, la negazione del valore della competenza e della conoscenza (“uno vale uno”), l’invasione delle piattaforme grazie alle quali ognuno può prendere pubblicamente la parola (fatto di per sé positivo, ma rapidamente degenerato a un bailamme di ovvietà, arbitrarietà e pure invenzioni)... Durante la pandemia, poi, hanno concorso a pari merito a distruggere il valore delle parole gli espertoni che se le dicevano l’uno contro l’altro nel tentativo di conquistare i riflettori; i commentatori che le sparavano più forte possibile, sperando in questo modo di ottenere un’altra comparsata; i comuni cittadini, che le buttavano lì a caso, tra fake news e complottismi, ma sempre con assoluta certezza.

Passando da device a device, più che da persona a persona, le parole oggi grondano rancore e odio, diventano gogna mediatica, bullismo, revenge porn, crimini d’odio, esaltazione dei fascismi vecchi e nuovi, muri che ogni giorno creano una nuova forma di discriminazione ed esclusione.

Le parole non sono solo parole, si legge nel libro “Trovare le parole. Abbecedario per una comunicazione consapevole“, di Federico Faloppa e Vera Gheno (Ed. Gruppo Abele 2021). Sono pietre, per esempio, e dunque sono strumenti di distruzione tanto possono esserlo di costruzione, perché la parola è «possibilità, logos, conoscenza. Duttile e potentissimo attrezzo per costruire socialità, negoziare appartenenze», scrivono gli autori. In questo senso, la ricerca delle parole oggi è una forma di militanza, per chi si è schierato dalla parte del dialogo, delle relazioni, della consapevolezza che l’ascolto e il dubbio sono strumenti per affrontare una complessità difficile da capire e da raccontare.

Come cittadini, prima ancora che come comunicatori, dobbiamo decidere da che parte stare, tornando ad assumerci la responsabilità delle parole e il gusto di cercare e “abitare” quelle che costruiscono socialità, prendendo le distanze da quelle che la distruggono. Dobbiamo assumerci la fatica di muoverci in mezzo al dizionario, scriveva Enzo Siciliano, «come in mezzo a mucchi di macerie. Le parole sono state bombardate, e sono accatastate a casaccio su un terreno vago e difficile. In mezzo crescono le ortiche, i rovi. Le ortiche bruciano, i rovi pungono. Uno spazio impraticabile. Eppure, là in mezzo, solo tu puoi andarci con una certa saggezza, con una certa grazia: scavare tra quelle macerie il poco di vita che vi resta, alitarci sopra come il padreterno ha fatto con la creta di Adamo, e procedere oltre. Verso dove? Io non lo so. Potresti saperlo tu» (Enzo Siciliano, Carta Blu, Mondadori 1992, p. 138).

Ultima modifica: Lun 16 Ago 2021

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