Il mosaico dello sport che (dopo Wembley e le Olimpiadi) dovremmo raccontare meglio

(restart-05) Quel pallone che ha gonfiato la rete nell'ultimo rigore sul prato di Wembley, quel colpo ben assestato sul tatami, quella corsa infinita verso il traguardo: ognuno di noi ha ammirato le prodezze degli atleti azzurri, immedesimandosi ed emozionandosi ad ogni sfida, ad ogni grande trionfo.

Una sequenza importante di vittorie che, in questa torrida estate, ha mostrato un'Italia unita nelle diversità, un mosaico multietnico che rappresenta il Paese vero, quello che vive il quotidiano lontano dai riflettori, ma spesso ignorato. Eppure la bellezza del confronto e la meraviglia della scoperta dell’altro con altre radici, altra cultura, anche altro credo religioso, lo viviamo già ogni giorno sul posto di lavoro, a scuola, all’università, oppure proprio sul campo di calcio, sulla pista di atletica o nel dojo.

Un’Italia di cui anche i media hanno parlato non a sufficienza (forse per non infastidire una certa parte della classe politica), ma inevitabilmente presente, a dispetto di qualsiasi normativa o diatriba che possa limitarla; lo sport ha così dimostrato chiaramente che l’integrazione e il rispetto reciproco sono scenari non solo possibili, ma necessari, e non per un prossimo futuro, quanto piuttosto per l’immediato presente.

E in tutto il territorio nazionale, infatti, sono numerose le associazioni e gli enti del terzo settore che vivono pienamente questo incontro di storie e di culture tramite percorsi educativi e sportivi, che hanno continuato o ripreso nonostante i problemi legati alla pandemia. Una di queste associazioni, già premiata dal Coni, è l’Africa Academy Calcio di Livorno, che seguo ormai da qualche anno e che continua nel suo impegno di inserimento e di orientamento attraverso lo sport popolare. Decine di ragazzi provenienti da Paesi quali Gambia, Costa d’Avorio, Togo, Nigeria e Senegal, si allenano e giocano sui campi livornesi e nei campionati locali, seguendo schemi e metodi tradizionali, grazie all’impegno di Franco Marrucci - ideatore e anima di questo gruppo – e di una rete capillare di organizzazioni quali Caritas e S. Egidio, che collaborano per il proseguimento di questo progetto, a cui i giovani atleti affiancano anche lo studio e l’apprendimento della lingua italiana e della nostra cultura.

Una bella realtà ma che necessita, come moltissime altre, di attenzione e di promozione, soprattutto per veicolare il concetto di integrazione, l’educazione all’accoglienza e lo stimolo a conoscere l’altro. Questi valori crescono inevitabilmente anche grazie al messaggio quotidiano di cui si fanno portatori soprattutto gli operatori della comunicazione verso la popolazione: considerando la realtà del Paese, probabilmente è necessario ripartire proprio da qui.

Ultima modifica: Mer 18 Ago 2021