L'Ucsi non si è fermata e con il congresso di Roma ora guarda al futuro

L'Ucsi si avvia a celebrare il XX Congresso nazionale a cinque anni e mezzo dal precedente appuntamento di Matera, con un anno e mezzo di ritardo rispetto alla scadenza naturale del mandato, mentre dalla pandemia non siamo del tutto usciti e avvertiamo la necessità di un nuovo inizio per l'informazione che coincida con un nuovo inizio anche per l’Ucsi.

Sarà stato sicuramente un caso, ma il cammino di questi anni è stato accompagnato da alcune cifre tonde, e credo – spero - che questo porti bene, perché le cifre tonde coincidono di solito con momenti di bilancio, che inducono a tornare alle radici e andare avanti: il 60esimo dell’Ucsi, il 25 esimo della rivista Desk, il 20esimo congresso nazionale. Proprio il congresso sarà chiamato a fare delle scelte, spero coraggiose, poiché non ci ritroveremo per un momento celebrativo o peggio autocelebrativo, ma per programmare il futuro che vogliamo.

Nei mesi più terribili della pandemia, tra le funzioni in “prima linea", c'è stata l'informazione che non si è mai fermata. Anche quando i lockdown hanno costretto tante categorie di persone e di lavoratori a ritirarsi in casa i giornalisti erano in campo, alcuni da casa, con modalità di lavoro a distanza, altri continuando a uscire, per garantire un servizio "essenziale": il diritto dei cittadini a essere informati, tanto più prezioso e importante in una fase pandemica, in cui l'informazione può essere un ponte prezioso tra cittadini e istituzioni, tra comunità scientifica e popolazione, collante e costruttore di comunità o al contrario- strumento di divisione e di disgregazione.

Abbiamo scoperto quanto siano importanti:

un’informazione di servizio, fatta di tutte quelle notizie che comunicavano cosa si può fare e cosa no, come dovevano cambiare le regole di comportamento, gli orari, le modalità della vita quotidiana;

un’ informazione di prossimità (i giornalisti entrati in laboratori e centri di ricerca, nei reparti Covid degli ospedali, quelli che hanno raccontato l'"assenza", il vuoto, la morte, la privazione, cercando i modi e le parole più adatte per aiutare a elaborare raccontandolo- quello che tutti stavamo vivendo). Questo tipo di giornalismo, oltre che aiutare a costruire la memoria di questo periodo storico, ha anche aiutato ad accompagnare certe solitudini, evitando, in alcuni casi, che il distanziamento fisico diventasse distanziamento sociale;

l’informazione medico-scientifica accanto a quella istituzionale. Non solo in Italia, che pure ha scoperto quanto è prezioso avere un Servizio Sanitario Nazionale, una delle conseguenze del Covid è stata la sproporzione tra la richiesta di cura e la capacità di risposta. La cura presuppone una relazione, e abbiamo visto esempi eroici da parte del personale medico-sanitario che si faceva carico di accogliere, curare e accompagnare le persone malate. Abbiamo visto anche quanto sia necessaria un'informazione scientifica che richiede preparazione specifica ma anche capacità divulgativa per parlare "a tutti" e non solo agli addetti ai lavori. Dell'informazione scientifica abbiamo colto anche i limiti (luminari che non sono abituati a parlare al pubblico, giornalisti non in grado di centrare bene le domande o di capire le risposte, difficoltà a leggere cifre e curve epidemiologiche). Tutto questo ci dice solo qualcuno degli ambiti in cui si può - si deve- migliorare.

Pur con tutti i limiti l’Ucsi non si è fermata, trasferendo parte delle attività on line, dai consigli nazionali agli incontri del gruppo JOlab, con alcuni dei giovani conosciuti alla scuola di Assisi (l'ultima a febbraio 2020, poche settimane prima del lockdown). Quello che abbiamo sperimentato è stata una Ucsi che "tiene" laddove c'è non solo una proposta da spendere, ma anche un insieme di persone che vogliono mantenersi collegate, facendo emergere insieme alla dimensione culturale quella spirituale, che non è accessoria, ma che attinge alla radice profonda di una identità.

Guardando avanti, con il Congresso di Roma dovremo rinnovare una dirigenza e rimodulare una proposta. Lo faremo, mi auguro, con la libertà di fondo e il senso di responsabilità che hanno contraddistinto questi anni. In dialogo e in cammino. All’incontro pubblico di venerdì 24 settembre ci aiuteranno nella riflessione il cardinale Mauro Gambetti, la direttrice dell’offerta informativa Rai Giuseppina Paterniti e il collega di Avvenire Nello Scavo, già insignito, tra i numerosi riconoscimenti, del premio Emilio Rossi promosso dall’Ucsi.

Nel tempo duro della pandemia tanti equilibri sembrano spezzati, e in tanti ambiti, non ultimo quello dei media, si sono evidenziate fragilità, ritardi e inadempienze, segnando l’inizio di una crisi da cui «non si esce uguali, come prima: si esce migliori o peggiori», come ha sottolineato il Papa in più di un’occasione. Ciascuno è chiamato a fare la sua parte perché se ne esca migliori, cambiando ciò che è da cambiare. Noi Ucsi proveremo a farla insieme cogliendo l’invito dello scrittore irlandese George Bernard Shaw:

«Certe persone vedono come stanno le cose e chiedono perché. Io sogno cose mai esistite e dico: “perché no”?

 

invito 2La foto è di Maurizio Di Schino e ritrae un momento dell'inaugurazione della nuova sede Ucsi di Assisi, durante la scuola di formazione "Giancarlo Zizola" del febbraio 2020. E' l'ultimo evento in presenza prima della pandemia

 

Ultima modifica: Ven 24 Set 2021

UCSI - PI 01949761009 - CF 08056910584 - Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 224 del 29/09/2014 - Tutti i diritti riservati