Ascolto, sintonia e cuore: tre parole chiave del messaggio del Papa

Le parole-chiave del messaggio del Papa mi sembrano, accanto all’atteggiamento dell’ascolto, sintonia e cuore. Non a caso San Francesco è patrono dei giornalisti e dei comunicatori: ha avuto la capacità, straordinaria in quel tempo in cui le chiese erano poco frequentate e le omelie poco ascoltate, di cercare la sintonia con la gente attraverso short message, i nostri moderni tweet. Anche per questo è passato alla storia.

Oggi chi comunica è molto più attento alle cose che dice, molto poco alle cose che, ascoltate, potrebbero essere arricchimento. Il Papa però ci dice che, in questo tempo in cui la capacità media di ascolto è di pochissimi secondi, prima che suoni il cellulare o intervengano altri elementi di distrazione, non basta rafforzare la capacità di ascolto, occorre metterci il cuore.

Occorre sapere attivare e mantenere, come persone e come professionisti, una relazione significativa. Vale nella vita, ancora più nel nostro lavoro.

Aggiungerei, non un ascolto qualsiasi, ma un ascolto consapevole e attento ai bisogni dell’altro: l’ascolto “attivo”, quella capacità di porre attenzione alla comunicazione dell’altro senza formulare giudizi. Qui entrano in gioco testa e cuore, perché non è una semplice disponibilità, ma un atto intenzionale che impegna la nostra attenzione a cogliere quanto l’altro ci riferisce, in modo esplicito ma anche implicito, anche nel non verbale. Non è una piccola cosa: non é raro il genere di informazione che lavora su tesi precostituite, che inserisce dichiarazioni in interviste su telai già strutturati o domande che tendono ad adeguare le risposte a griglie già pronte.

L’ascolto è uno strumento fondamentale di formazione e crescita, personale e quindi anche professionale: per essere attivo deve essere aperto e disponibile non solo verso l’altro e quello che dice, ma anche verso sé stessi. Non c’è ascolto migliore di quello che mette in discussione, anziché consolidare, le proprie opinioni di partenza.

Ecco perché l’invito di papa Francesco non è affatto banale, né scontato. Ci chiede un esercizio al quale siamo poco abituati: stare in silenzio e prestare attenzione, soprattutto a non giudicare. Nella nostra professione, poi, diventa fondamentale riuscire a cogliere quanto il nostro interlocutore a volte non si accorge di esprimere anche oltre le parole, con il tono della voce, la postura, i movimenti delle mani, le espressioni del volto.

C’è, poi, un altro grande tema, che definirei del pre-ascolto. Per attivare una relazione con l’altro, occorre dimostrare prima una disponibilità significativa, senza la quale spesso diventa difficile o addirittura impossibile stabilire un’alleanza. Quante volte un ‘buco’ giornalistico nasce dall’empatia o meno di un giornalista? A volte si tratta di doti naturali, ma oggi il papa ci fa capire che questo tema richiede un grande impegno per rafforzare la nostra autenticità e credibilità individuale. Relazioni personali, professione, infine vita pubblica, con un crescendo di responsabilità.

Invece di ascoltarsi, spesso “ci si parla addosso”. Più che l’ascolto, la verità, il bene, si cerca il consenso. La buona comunicazione, invece, non ridicolizza l’interlocutore, ma è attenta alle ragioni dell’altro e cerca uno sguardo ampio sulla complessità della realtà. Condividiamo la preoccupazione del pontefice, quando, anche nella Chiesa, si formano schieramenti ideologici. Le condizioni per l’ascolto scompaiono e lasciano il posto a sterili contrapposizioni che neutralizzano l’efficacia dell’evangelizzazione.

L'autore, Vincenzo Varagona, è il presidente nazionale dell'Ucsi

Ultima modifica: Lun 24 Gen 2022