L'ascolto come condizione della buona comunicazione

Un approccio etico al grande ed attuale tema della comunicazione diventa quanto mai necessario ed anche fecondo alla luce del recente Messaggio di Papa Francesco per la 56aGiornata mondiale delle comunicazioni sociali. Una prima considerazione è una constatazione che può apparire abbastanza ovvia ma che non bisogna mai dare per scontata: riconoscere che “raccontare la realtà” non è mai sufficiente per fare “buona comunicazione”.

L’efficacia comunicativa e lo spessore etico di ogni comunicazione richiedono che essa sappia essere rispettosa delle persone coinvolte e dei valori ad esse legati: ogni “buona comunicazione”è certamente un “racconto della realtà”, ma un racconto che si configura anche come condivisione delle prospettive con le quali la realtà viene letta e raccontata. Per questa ragione la comunicazione, che desidera essere veramente efficace, non solo sotto il profilo tecnico, ma soprattutto etico, deve ricercare con onestà tutte le modalità “comunicative” per mettere l’interlocutore nelle giuste condizioni per giungere non solo ad un’acquisizione, il più possibile oggettiva, dei fatti, ma anche nella concreta possibilità di “sentirsi” personalmente coinvolto nell’interpretazione degli eventi narrati, attraverso la condivisione, da parte dell’operatore della comunicazione, della griglia di lettura usata. Questo consente a chiunque di farsi un giudizio critico sulle cose. In questo modo il destinatario del processo comunicativo potrà opportunamente collocare i dati raccolti in un orizzonte “ermeneutico” ampio e condiviso, dove la verità e il bene comune diventano chiari parametri di riferimento.

Alla luce del messaggio del 24 gennaio possiamo affermare che tutte le forme di comunicazione, ma, soprattutto quelle che hanno un impatto evidente sulla collettività, chiamano in causa l’operatore della comunicazione, che - oltre alla professionalità - deve saper mettere in campo anche un esplicito esercizio di eticità, che non è identificabile con la semplice deontologia professionale. In questo senso, per una buona comunicazione, il ruolo dell’operatore è determinante, non solo sotto il profilo professionale, ma anche sotto l’aspetto più squisitamente etico. La mission degli operatori del mondo dei mass media e delle comunicazioni sociali non può mai essere disgiunta dal concetto di “servizio” e dall’orizzonte valoriale della verità e del bene. Parlare di etica e di deontologia in questo campo significa riconoscere che l’operatore della comunicazione, secondo una definizione di San Giovanni Paolo II, è colui che esercita indubbiamente un lavoro, importante e delicato, ma è soprattutto una persona che esplica un “lavoro che impegna l’intelligenza a servizio della verità e del bene, e svolge un ruolo di vasta portata nell’orientamento della mentalità e della coscienza individuale e collettiva” (1983). Tale consapevolezza porta ad affermare che la realtà comunicata e raccontata attraverso i vari mezzi della comunicazione sociale oggi a disposizione incide sulla visione del mondo non solo delle singole persone, ma ha un peso notevole sulla collettività (opinione pubblica) ed anche sull’elaborazione della scala dei valori di una comunità; questa constatazione ci deve far riconoscere che la realtà, come afferma Papa Francesco in questo Messaggio, non può essere accostata con superficialità e soprattutto non può essere manipolata a livello interpretativo, ma deve essere “ascoltata” nella sua integralità. L’ascolto vero non è mai un optional nel dinamismo comunicativo umano, sia a livello interpersonale che collettivo.

Papa Francesco, con questo Messaggio per la prossima “Giornata delle comunicazioni sociali” invita tutti, ma in modo particolare gli operatori delle comunicazioni sociali, a focalizzare l’attenzione sull’ascolto. Infatti, il Santo Padre - con la sua consueta capacità profetica di interpretare le situazioni umane e con la sua grande lungimiranza nell’indicare percorsi di alto profilo etico e spirituale - si sofferma soprattutto sull’arte di ascolta

re, intesa come condizione essenziale per una comunicazione corretta e buona. Il Messaggio offre, come dicevo, preziose suggestioni teoretiche capaci di illuminare ed orientare le possibili scelte operative del mondo dei mass media. Il testo pontificio è pertanto un utile strumento per aiutare a ripensare in maniera più organica la natura comunicazione, interpretandola come momento altamente umano di dialogo e di scambio. Il titolo scelto è di per sé altamente eloquente e fortemente emblematico: “Ascoltare con l’orecchio del cuore”. In esso si coglie con facilità la punta di diamante del Papa. Per Papa Francesco “ascoltare” è non solo il primo comandamento dato da Dio al popolo d’Israele, ma “ascoltare” è anche il primo criterio dell’operatore della comunicazione sociale. L’arte di saper ascoltare, nel mondo delle comunicazioni sociali, evoca un approccio che sa essere insieme oggettivo ed empatico, integrale e specifico, capace cioè di superare il semplice “registrare” e “sentire”. Il verbo “ascoltare”, infatti, nell’uso che ne fa il Papa, nel contesto delle comunicazioni sociali, evoca un metodo di avvicinarsi alla vita che ha un sapore profondamente umano e uno spessore altamente spirituale.

Infatti, l’ascolto, in vista di una buona comunicazione, è autentico quando riesce a non farsi imbrigliare da presupposti ideologici, spesso non dichiarati, che propongono inevitabilmente una lettura precostituita della realtà e impediscono ogni forma di dialogo. L’ascolto di cui parla Papa Francesco è invece un vero esercizio sapienziale, e perciò esso deve essere paziente ed umile, proteso cioè a cogliere il senso profondo degli avvenimenti da raccontare e attento a salvaguardare, in ogni fase del processo comunicativo, la dignità delle persone. “Ascoltare” è anche un esercizio intellettuale, dove la professionalità sa coniugarsi con lo sforzo di ricercare la verità e di garantire la tutela del bene comune.

Il Papa, inoltre, nel Messaggio, non nasconde il fatto che, soprattutto oggi, in un mondo in cui c’è un’inflazione di parole, spesso non controllate e non controllabili, l’ascolto, prima di essere un dovere etico, è un bisogno dell’animo umano; oggi, a più livelli e nei diversi ambiti di vita, si vive il dramma di non sentirsi ascoltati! I presupposti teologici della riflessione del Santo Padre affondano le radici nella visione biblica dell’uomo.

Infatti Papa Francesco nel Messaggio non solo commenta il grande comandamento che Dio dà al popolo di Israele: «Shema’ Israel - Ascolta, Israele» (Dt 6,4), ma spinge a fare un passo in avanti,che è di una grande portata antropologica e sociale. Il Papa evidenzia, con estrema chiarezza, che il Dio che comanda ad Israele di “ascoltare” la sua Parola, è il Dio dell’ascolto: il Dio della rivelazione ebraico-cristiana è, infatti, Colui che ascolta sempre il suo popolo; che accoglie soprattutto il grido del povero e che si sintonizza con la voce di chi non ha voce. L’ascolto, così inteso, diventa la vera cifra ermeneutica per comprendere, non solo lo stile con il quale Dio si rapporta al suo popolo, ma anche l’atteggiamento che ogni uomo, in particolare il credente, deve aver nei rapporti interpersonali.

Lo snodo argomentativo del Messaggio è racchiuso nella scelta di presentare l’ascolto in una prospettiva “sapienziale” attraverso la tematizzazione del “cuore” inteso come un’antenna infallibile per sintonizzarsi con il mondo che ci circonda e con l’altro che ci sta di fronte. L’ascolto a cui educa la Sacra Scrittura è nell’ordine di un’attenzione “integrale” ed “empatica” verso il “tu” che ci sta dinanzi e nei confronti della “realtà”, entrambi intesi però come in-disponibili per essere “usati” arbitrariamente come “cose”, ma percepiti sempre come “doni” da custodire.

L’ascolto sapienziale è per Papa Francesco il vero presupposto per ogni “buona comunicazione”, perché esso non sfugge alla fatica della ricerca della verità e non rinuncia mai al dovere di tutelare il bene comune. In tutto il Messaggio, ma, soprattutto in alcune parti, si ritrovano importanti sfumature, teologiche e spirituali, che danno fondamento teoretico all’intera riflessione, tanto da consentire al Santo Padre di introdurre con naturalezza il concetto chiave dell’ascolto del cuore, come condizione fondamentale e necessaria affinché la comunicazione sia buona, ovvero corretta e significativa. Egli, infatti, scrive: “Il re Salomone, pur giovanissimo, si dimostrò saggio perché domandò al Signore di concedergli «un cuore che ascolta» (1 Re 3,9). E Sant’Agostino invitava ad ascoltare con il cuore (corde audire), ad accogliere le parole non esteriormente nelle orecchie, ma spiritualmente nei cuori: «Non abbiate il cuore nelle orecchie, ma le orecchie nel cuore». E San Francesco d’Assisi esortava i propri fratelli a «inclinare l’orecchio del cuore»”. Dall’evocazione di queste importanti figure della storia biblica e del cristianismo, il Santo Padre giunge poi a sottolineare, con chiarezza e vigore, che il mondo ecclesiale non solo non deve esimersi da questo esercizio, ma deve sentire maggiormente la necessità e il dovere di allenarsi in questo tipo di ascolto. Questo concetto è chiaramente esplicitato quando afferma che “nella vera comunicazione (...) l’io e il tu sono entrambi ‘in uscita’, protesi l’uno verso l’altro”.

Questo ascolto sapienziale, mentre rispetta la vita da raccontare nella sua entità oggettiva, consente soprattutto di evitare alcune derive ideologizzate, che impediscono alla comunicazione di essere vera, integrale ed empatica, portandola a chiudersi in prospettive preconcette. L’ascolto del cuore è, invece, una pratica che richiede sempre pazienza e umiltà; è un lavoro spirituale, che impone anche, soprattutto in alcuni casi, il dovere di mettere tra parentesi le proprie personali convinzioni; è un esercizio interiore, che esige dunque tanta trasparenza, vera onestà intellettuale e una sincera apertura verso le “diversità” per conoscerle e riconoscerle nella loro reale identità. L’ascolto del cuore, che è sempre il presupposto per ogni autentico processo dialogico, rende possibile quella buona comunicazione, quel racconto “vero” della realtà che, da una parte, porta il sigillo del rigore metodologico e,dall’altra, esprime la freschezza della libertà che è in continua ricerca della verità. La presenza, invece, del pregiudizio ideologico nelle diverse fasi del processo comunicativo diventa un serio pericolo, perché, non partendo dall’ascolto della realtà e della vita, fatto con il cuore, non riuscirà mai ad approdare alla costruzione di un concretoorizzonte dialogico,dove le diversità possono incontrarsi, confrontarsi, e dove la verità non è mai intesa come un presupposto previamente acquisito, ma resta sempre una meta da ricercare insieme, in forma dialogica. La sfida che lancia Papa Francesco consiste nel mettere in gioco “il cuore”, l’interiorità, la coscienza e l’affettività, il nucleo più sacro della persona, nell’importante fase dell’ascoltare, affinché la lettura della realtà si possa trasformare nel racconto di una “sinfonia” di voci o di una“armonia” di colori, che riesce ad accompagnare l’interlocutore ad incamminarsi verso un libero giudizio personale.

Il Messaggio giunge alla comunità cristiana mentre essa è impegnata a concretizzare il “cammino sinodale”; per questa ragione esso non poteva non concludersi con un riferimento all’ascolto ecclesiale.

Il “cammino sinodale” nasce, cresce e si irrobustisce nella misura in cui ogni comunità ecclesiale si sforzerà nell’esercitarsi quotidianamente a vivere l’ascolto del cuore, che è sempre, come dicevo sopra, un ascolto sapienziale, ovvero inclusivo, integrale ed empatico e perciò, per certi versi, anche terapeutico. Il Santo Padre, nella parte finale del messaggio, ricorda che “nell’azione pastorale, l’opera più importante è ‘l’apostolato dell’orecchio’. Ascoltare, prima di parlare, come esorta l’apostolo Giacomo: «Ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare» (1,19). Dare gratuitamente un po’ del proprio tempo per ascoltare le persone è il primo gesto di carità”. Il dovere di allenarsi in questo ascolto del cuore deve consistere anche nel fare in modo che in ogni fase del processo comunicativo ci sia sempre la consapevolezza che esso è un “servizio” ed è funzionale alla costruzione di una “comunità sinfonica”, oppure, per usare un’espressione di Don Tonino Bello, è propedeutico alla realizzazione della “convivialità delle differenze”: questo compito, oggi, ribadisce il Papa, è prioritario,soprattutto per le comunità cristiane e per i pastori. Le comunità ecclesiali nel loro “cammino sinodale” devono sentirsi sicuramente impegnate a “far correre la Parola” in tutte le modalità possibili, ma non devono mai dimenticare che è parte integrante dell’annuncio del Vangelo costruire comunità ecclesiali sinfoniche: la comunione e la missione sono dimensioni della Chiesa strettamente interconesse tra loro, tanto che solo da una loro reale inclusione si genera e cresce una reale partecipazione sinodale. “Ascoltare con il cuore” per Papa Francesco significa anche creare le condizioni affinché ognuno sia in grado di “cantare con la propria voce, accogliendo come dono quelle degli altri, per manifestare l’armonia dell’insieme che lo Spirito Santo compone”.

L'autore, mons. Ciro Fanelli, è Vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa e delegato episcopale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale di Basilicata

 

Ultima modifica: Mar 8 Feb 2022