La disinformazione sulla guerra e il coraggio di chi resiste per la libertà di stampa

“Trovo davvero inquietante che il Presidente russo Putin abbia chiuso subito Facebook, ma non Tik Tok, social cinese, e che abbia definito tutta l’informazione non favorevole al Cremlino “fake news”. Gli stessi giornalisti russi che dissentono dalla linea del presidente rischiano multe da cinque milioni di rubli (44 mila euro) e fino a 15 anni di reclusione. Altro che libertà di informazione! Siamo decisamente oltre la censura”. Lo ha detto il professore associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Messina e presidente dell’Osservatorio nazionale sulle fake news di Confassociazioni Francesco Pira, che da anni studia il fenomeno della disinformazione.

“Tik Tok funziona per influenzare le nuove generazioni. E’ di poche ore fa la polemica sulla influencer Ale Ivanova che ritiene Putin un uomo di pace e si è detta stupita del fatto che il presidente russo sia considerato un guerrafondaio. Ivanova ha giustificato le operazioni armate. Anche quello che sta accadendo ai giornalisti russi o di altri Paesi che sono inviati di guerra in Ucraina è terribile. Il coraggio dei giornalisti della Novaya Gazeta, diretta dal Premio Nobel Dimitrij Muratov di continuare a lavorare è il segno che esiste ancora un giornalismo di opposizione che non arretra nemmeno di un millimetro”, afferma il docente. “Il bombardamento di una centrale nucleare fa invece parte della strategia del Presidente Putin di sovvertire l’equilibrio del terrore, la locuzione usata durante la guerra fredda per descrivere la pace tenue tra le due superpotenze. Il capo del Cremlino sa che il mondo è terrorizzato dall’uso delle armi nucleari. Lo dimostra il fatto che sui motori di ricerche parole come “guerra nucleare” o “terza guerra mondiale” sono tra le più cercate in queste ore in tutto il mondo”.

Ultima modifica: Dom 6 Mar 2022

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