La speranza che ogni volta rinasce a Scampia

Dal numero di Desk che nel 2019, prima della pandemia, abbiamo dedicato al 'racconto' delle nostre città, riproponiamo questo interessante contributo. Lo ha scritto Vania De Luca, descrive un segno di speranza, dimostra che anche dalle situazioni più difficili ci si può risollevare. Tutto questo si evnice chiaramente dal libro Un gesuita a Scampia, di Fabrizio Valletti, con una prefazione dell'ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e una postfazione del maestro di strada Marco Rossi-Doria, già sottosegretario all'Istruzione (ar)

 di Vania De Luca (2019)

Anche a Scampia si può sognare

Romano di origine, Valletti è il fondatore del Centro Hurtado nella popolosa periferia di Napoli, che nell’immaginario collettivo evoca degrado, abbandono, dispersione scolastica, disoccupazione e droga, ma dove invece, pure in mezzo a tante contraddizioni, la speranza sembra avere trovato una strada per rifiorire. Anche qui per un sogno, nato dalla convinzione che “anche a Scampia si può pensare, si può sognare, si può cercare di vivere insieme nella legalità e nella libertà”.

Dopo aver vissuto a Livorno e Firenze al tempo di La Pira e Balducci, poi a Follonica e Bologna, Valletti arriva a Napoli, per prestare assistenza nelle carceri di Poggioreale e Secondigliano. Dalle sbarre risale alle famiglie dei carcerati, alla città e ai contesti di vita che portano, come sbocco quasi naturale, alla reclusione, intuendo che è lì che bisogna intervenire. Un’idea di città legata alla bellezza e alla vita l’aveva del resto sempre avuta, dai tempi in cui era studente di architettura e frequentava mostre d’arte o occupava la Facoltà per protestare contro la mancata attuazione del piano regolatore cittadino.

Scampia è un quartiere ma potrebbe essere una città, con i suoi 55mila residenti ma 80mila abitanti effettivi. Quando Valletti vi arriva la prima volta, è colpito dalle siringhe per strada e dalle “case dei Puffi” del Lotto P, più basse del normale, apparente terra di nessuno, come Le Vele di Gomorra, che ricordano il Bronx o il Far West. Insieme ad alcuni confratelli gesuiti riesce ad avviare processi formativi che attivano piedi, cuore, testa e mani.

La scommessa educativa

Un’idea forte che emerge da questo libro-testimonianza è la scommessa sulla scuola, sull’apprendimento non solo teorico e sull’educazione come via di riscatto, sull’esempio di don Lorenzo Milani, più volte citato.

Dalla scuola “fuori dalla scuola”, dove si impara per strada, alla scuola sul mare, dai corsi di avviamento professionale al laboratorio di sartoria, dalla biblioteca Le Nuvole, dove l’immaginazione si nutre di lettura, all’orchestra dei bambini e ai corsi sportivi. C’è la fantasia e c’è il realismo, e nascono una cooperativa, La Roccia, una bacheca virtuale, Scampiainforma, e molti progetti di cui diventa promotore il centro titolato al gesuita cileno che a partire dagli anni ’30 aveva aiutato la rinascita spirituale, sociale e culturale del suo paese.

Tra le intuizioni sullo sfondo, l’idea che il rapporto con il territorio per i preti “è importante, è indispensabile”, e che “al di là della latitanza dei progetti politici e delle istituzioni” bisogna fare leva “sulla capacità di riunire energie oneste e intelligenti, per una presa di coscienza da parte della popolazione cittadina”, per avviare percorsi che affermino “il diritto allo studio, alla salute e al lavoro per tutti”.
Così Scampia è diventata laboratorio politico e crocevia di esperienze. Il volume restituisce la traccia “di un felice cammino di rinascita e di speranza condiviso e goduto”, e a tutti consegna una domanda: “Chissà che allora, le periferie non possano essere il volano per una visione della società più solidale, meno corrotta e decadente?”

A colloquio con l’autore

All’autore abbiamo chiesto quali segni di speranza, di luce, intravede in un contesto certo non facile, se si è mai scoraggiato nel corso del suo cammino (nel libro, ad esempio, sono citate persone che non ce l’hanno fatta...), cosa può rappresentare l’esempio Scampia per il resto d’Italia. Ecco le sue risposte.

“Vivere a Scampia significa immergersi in una realtà di sofferenza per le contraddizioni generate da un’urbanistica ispirata soprattutto alla speculazione e al profitto. Ci sono poi le responsabilità economiche e politiche di quanti non hanno tenuto conto che vivere un clima di relazioni, di possibilità lavorative, di occasioni di socializzazione, è un’esigenza importante specialmente per i giovani, per contribuire alla loro formazione di cittadini attivi e onesti.

È proprio in un contesto così complesso che emergono le esperienze positive di reazione, come tutte le iniziative di volontariato di ispirazione sia laica che religiosa che si sono moltiplicate in questi anni. Il quartiere si è sviluppato dal 1970 in contrasto all’abbandono da parte delle istituzioni. Oggi può vantare una vivacità di associazioni che non ha pari in nessun quartiere di Napoli.

Il numero dei giovani che non hanno trovato sbocco lavorativo, anche per una insufficiente formazione professionale, è indice di una pericolosa deriva che la camorra ha saputo ben sfruttare.
Un’urgenza che le istituzioni pubbliche non affrontano è quella di investire in iniziative che possano far crescere il livello culturale della popolazione, offrire opportunità di impresa commerciale ed artigianale, stabilire un ponte fra il “centro” e la periferia della città di Napoli.

Questo è quanto si è proposto il Centro Hurtado nei suoi dodici anni di vita, attento, come altre associazioni, a offrire opportunità di recupero scolastico, di formazione, di esperienze che anche nell’arte, nello sport e nella socialità, siano fermento di cambiamento e di vivere civile.
Fondamentale è stata la cura nell’avvicinare i detenuti del centro penitenziario di Secondigliano e della casa circondariale di Poggioreale, che ospitano non pochi giovani e non più giovani provenienti da Scampia. È stato importante aver cura delle loro famiglie, e specialmente delle donne e dei bambini in difficoltà.

Scampia presenta diverse forme di disagio sociale, è terra di emigrazione per i giovani, esempio di sottocultura che ha anche radici in una religiosità che non aiuta a far maturare le coscienze. Possiamo dire che è una galassia che partecipa della condizione di sottosviluppo che caratterizza il sud del nostro Paese.

Le dovute eccezioni confermano che le attitudini di valore ci sono, ma hanno bisogno di una progettualità culturale e politica che è mancata in questi anni. Il quadro attuale che il nostro Paese vive non sembra modificare la tendenza, anzi avvalora l’idea che la popolazione ha bisogno di concrete disposizioni progettuali e meno di slogan, che emotivamente incantano ma che in realtà aggravano la non partecipazione di iniziativa responsabile.

Nella Chiesa cattolica e anche nelle esperienze più vive delle chiese riformate è sempre più presente una coscienza critica che accomuna l’impegno della fede con la promozione della giustizia e la crescita culturale della popolazione.

La stagione che stiamo vivendo è ricca di segni positivi di speranza: nella conflittualità che il bene spesso genera e anche nelle reazioni che non accettano il cambiamento e soprattutto il riscatto dei poveri.
È tempo di martiri e anche di grandi testimoni di impegno, sia di carità, sia di sviluppo sociale”.

 

Ultima modifica: Dom 3 Apr 2022