La fiducia (tradita) sui social network - Mercoledì della settimana Santa

Mercoledì della Settimana Santa: IL TRADIMENTO (DELLA FIDUCIA)«Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto»” (Matteo, 26) .

Vincenzo Grienti (2018)

Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia scriveva Ernest Hemingway. In fondo è anche quello che hanno fatto e fanno milioni di utenti cliccando “accetta” o “consenti” sui form e sui moduli on line per aprire un profilo o una fanpage su un social network a volte, purtroppo, senza leggere le condizioni e i termini di utilizzo.

La vicenda di Cambridge Analytica e dei dati raccolti per profilare gli elettori durante la campagna elettorale Usa del 2016 ha sollevato tanti dubbi e molte perplessità, ma soprattutto ha generato un senso di sfiducia in centinaia di migliaia di persone nei confronti di Facebook, il più popolare e diffuso social network a livello planetario con oltre 2,2 miliardi di utenti attivi. L’inchiesta dell’Observer e successivamente gli altri articoli pubblicati dal The Guardian, dal New York Times, dalla Bbc e da centinaia di testate giornalistiche in tutto il mondo, oltre a dare la notizia del crollo di Facebook a Wall Street, ha contribuito a far riflettere su quanto effettivamente Facebook abbia fatto e stia facendo per proteggere i nostri dati personali.

La coda lunga di quel dibattito non era tanto la consapevolezza di fondo sul fatto che in Rete ci si espone e che la vita di ciascuna persona che decide di stare dentro ai social mostra il suo lato pubblico, ma bensì, al di là dei livelli e delle capacità di utilizzo degli strumenti da parte degli utenti, la presa di coscienza che il rapporto fiduciario tra persona-utente e social network sia stato tradito.

Non è un caso che nei giorni successivi alla vicenda di Cambridge Analytica la reazione immediata che si è innescata sui social media sia stata la campagna che ha avuto come denominatore comune #DeleteFacebook in segno di rifiuto nei confronti del social network fondato da Zuckerberg.

Al di là dell’impulsività scaturita da quanto è successo tutto ciò deve far riflettere sul mondo che ruota attorno ai “big data”. Quanto accaduto con la vicenda Cambridge Analytica ha posto diversi interrogativi: qual è lo stato di salute dell’ecosistema europeo di protezione dei dati personali? Quanto effettivamente le imprese e gli enti pubblici degli Stati membri dell’Unione Europea sono preparati? Qual è il grado di maturità dei cittadini in termini di sicurezza e protezione dei dati personali?

E' chiaro che i temi legati alla cyber security e alla privacy in Rete sono rilevanti, ma il caso Cambridge Analytica è un’opportunità per le persone-utenti di sottolineare ai colossi della Silicon Valley che avere fiducia, in questo caso dagli utenti, occorre conquistarsela. Tutto ciò mette in evidenza quanto siano rilevanti i fattori culturale ed educativo sull’uso delle reti sociali che investono non solo i nativi digitali, ma anche i migranti digitali. Una cultura all’uso responsabile che parte dalla famiglia e dalla scuola per ogni singola persona ma che coinvolge anche coloro che operano all’interno di enti e di istituzioni private e pubbliche.

Ultima modifica: Mar 12 Apr 2022