La speranza negli occhi della lost generation. Cent'anni dopo - #raccontarelasperanza

I giovani a vent’anni hanno il sentiero del futuro che si allunga davanti ai loro occhi, oltre l’orizzonte. Non possono essere certi della lunghezza complessiva del sentiero, ma la loro generazione è portata naturalmente a coltivare il sentimento della speranza. La domanda è: che genere di speranza?

Secondo la vulgata, oggi le possibilità generate dal progresso tecnico-scientifico e dallo sviluppo economico consentirebbero alle nuove generazioni di vivere con un tenore di vita superiore a quello delle generazioni precedenti e di sfruttare maggiori opportunità di mobilità sociale e progressione di carriera in ambito lavorativo.

Attraverso le cronache recenti e le banche dati più aggiornate, è emersa però, negli ultimi anni, una realtà ben diversa nel contesto italiano, in cui un chiaroscuro di senso di incertezza e aspirazioni future, sogni inespressi e scarse prospettive di emancipazione economica per i giovani ridimensiona la retorica della “generazione perduta” fatta di svogliati e viziati. Fu lost generation quella di John Steinbeck, Erich Maria Remarque, Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald, generazione consumata dalla Grande Guerra e dalle sue conseguenze politiche, socioeconomiche e culturali. C’è chi ha azzardato la definizione di lost generation anche per i giovani degli attuali anni ’20, segnati dalle molteplici crisi del XXI secolo e spesso ripiegati in un individualismo malato.

Eppure, a vedere la prontezza della mobilitazione giovanile di fronte all’emergenza climatica e l’attivismo delle scuole nella protesta contro i tagli all’istruzione e l’aumento delle spese militari, viene naturale osservare che l’atteggiamento delle giovani generazioni è tutt’altro che apatico e passivo. A Milano, Torino e Roma, tanta è l’indignazione per l’inadeguatezza dimostrata dai governi nazionale e locali durante e dopo la pandemia. Aumento delle disuguaglianze, abbandono e dispersione scolastica, difficoltà di avviamento in un mercato del lavoro spropositatamente competitivo e condizioni lavorative precarie sono alcune delle ragioni alla base di frequenti divergenze e incomprensioni tra giovani e adulti nelle conversazioni reali e virtuali di tutti i giorni. Si ritorna alla domanda iniziale: che genere di speranza può coltivare oggi una lost generation?

La città di Dio non può che emergere dalla speranza comune di un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale, perché, prima ancora della mèta, che in generale può essere rappresentata da una società più umana e più giusta, serve un metodo condiviso. Al centro dev’esserci il dialogo intra- e inter-generazionale, sostenuto da un’etica dell’ascolto e della cura delle relazioni, come ben evidenziato dal Santo Padre. Dev’esserci, per dirla con le parole di Papa Francesco, una tensione sinodale che non abbia timore di affrontare divergenze e fratture nella società, costruendo, mattone dopo mattone, la città del Signore.

Ultima modifica: Sab 23 Apr 2022