E' facile accusare di indifferenza

#unastoricache (2) Così, a occhio e croce, direi che la parola più usata dell’estate è “indifferenza”.

Indifferenti coloro che hanno assistito all’omicidio di Alika Ogorchukwu, l’ambulante nigeriano ucciso a Civitanova Marche il 28 luglio; indifferenti i vicini e i conoscenti della mamma di Diana, la bimba di un anno e mezzo morta dopo essere stata abbandonata in casa per sei giorni a Milano; indifferenti i cittadini alle elezioni di settembre, per le quali si prevede un altissimo tasso di astensionismo; indifferente l’opinione pubblica, rispetto all’alto numero dei suicidi in carcere; indifferente rispetto ai problemi del cambiamento climatico, secondo i giovani, la generazione oggi adulta...

E forse è vero: immersi nei social – che ci spingono ad avere tanti contatti, ma poche relazioni – e inseguiti dall’information overload – che ci spinge a non saper più attribuire importanza a ciò che è importante e senso a ciò che ha senso – abbiamo perso il contatto con la realtà e non sappiamo più né vedere né ascoltare.

Ma forse è tutto un po’ più complicato, o più semplice. Il caso più eclatante è quello dell’assassinio di Alika Ogorchukwu: un fatto orribile, che è stato subito letto dal mondo dell’informazione e sui social in chiave, appunto, di indifferenza, perché in quei lunghissimi quattro minuti nessuno è intervenuto, pur essendoci persone presenti, che si sarebbero limitate a filmare quello che succedeva per poi pubblicarlo sui social. È seguito un profluvio di titoli, commenti e tweet che parlavano di “indifferenza vergognosa”, “razzismo dell’indifferenza”, “indifferenza che uccide” e così via.

Ma coloro che si erano fermati a guardare erano davvero indifferenti?

Nella parabola del Buon samaritano, il sacerdote e il levita vedono l’uomo nudo e ferito abbandonato lungo la strada, ma proseguono senza fermarsi. I passanti di Civitanova Marche almeno si sono fermati. Dunque del tutto indifferenti non erano. Magari erano solo curiosi, e anche la curiosità può far male quanto l’indifferenza. Ma forse c’era altro.

Sul sito di Tgcom24 si può leggere la ribellione all’accusa di indifferenza di un uomo che era presente al fatto: «Eravamo in quattro, così ho ricostruito anche dal video: una signora anziana, una ragazza, un uomo anch'egli d'età con il cane e io. Come avremmo potuto fermare quell'uomo?». Lui, che peraltro ha chiamato la polizia, dice di averci provato: «Gli gridavo: basta, lo ammazzi, mi sono avvicinato e con un calcio ho allontanato la stampella con cui stava colpendo Alika. Inutile, perché Ferlazzo lo stava finendo a mani nude. Per poi alzarsi e andare via».

Di fronte a un aggressore così feroce, davvero una signora anziana, una ragazza, un uomo d’età con il cane avrebbero potuto fare qualche cosa? Io non so come avrei reagito, ma mi viene in mente la storia di Willy Monteiro Duarte, massacrato di botte da due energumeni il 6 settembre del 2020 a Colleferro, perché era intervenuto in difesa di un amico. Io non sono un’eroina, e non credo che sia giusto pretendere che lo sia.

Allora possiamo pensare che quelle persone fossero indifferenti, o credessero si essere in un social netowrk o fossero ammalate di binge-watching e pensassero di star guardando una serie televisiva, ma possiamo anche pensare che avessero una molto umana paura, o che non avessero avuto il tempo di capire la gravità di quello che stava succedendo, o che non sapessero, semplicemente, che cosa fare.

Quanto al fatto di girare il video, è probabilmente un riflesso condizionato, ma non è detto che sia negativo: in fondo, documentare ha sempre avuto una sua importanza. Se oggi sappiamo con un po’ più di esattezza quello che è successo, è perché c’è quel video, che – spero – ci aiuterà anche a non dimenticare.

L’indifferenza è un male gravissimo, causa di tanti altri mali della nostra società, ma proprio per questo va trattata con attenzione e delicatezza: è troppo facile costruire titoli e tweet ad effetto, puntare il dito sulla “gente”, conquistare visibilità con giudizi tranchant. Come ho detto prima, le cose sono più complicate. O forse più semplici.

Spero che queste persone, che si sono trovate nel posto sbagliato nel momento sbagliato, possano superare lo shock e il senso di colpa che l’accanimento mediatico avrà suscitato in loro.

Ultima modifica: Mer 17 Ago 2022