Di teleodiversità vado scrivendo

Questo articolo è tratto da Desk. E' una psrte dei contributo di Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse (Federazione Italiana Banche di Credito Cooperativo) e tra i fondatori della Scuola dell'Economia Civile. E' pubblicato nel numero speciale di Desk, disponibile nelle librerie paoline e acqusitabile in digitale sullo store di Avvenire

Prendiamo le centrali che producono energia da fonti fossili e le comunità energetiche che la producono catturando il calore del sole, il movimento del vento, la caduta dell’acqua. Sia le prime - che bruciano carbone, petrolio o gas naturale (materie prime che si trovano sottoterra e che se venissero lasciate lì non produrrebbero emissioni che alterano il clima) - sia le comunità energetiche che utilizzano fonti rinnovabili sono entrambi soggetti che producono quella forza che accende le luci, fa andare la macchina del caffè, lo scaldabagno, la lavatrice, l’aspirapolvere... Ma hanno finalità e meta-finalità differenti. Sono teleodiverse.

Altre testimonianze e riflessioni offrono in questo numero speciale di Desk indispensabili cornici e letture dei profondissimi cambiamenti che stiamo vivendo e sul senso, vecchio e nuovo, del fare giornalismo.

Ho pensato di focalizzare il mio contributo partendo da un ristretto angolo visuale: la necessità, oggi più di ieri, di andare oltre. Di leggere gli obiettivi veri. Ad esempio, quelli delle imprese. Lì dove principalmente si crea lavoro (non sempre degno e solidale....) e reddito.

Si esce oggi ancora - e si è usciti a maggior ragione dieci-venti-trenta anni fa – dalle Università con una laurea, e forse si terminano anche le business school con un master, senza aver ascoltato, letto, discusso, approfondito l’approccio della biodiversità imprenditoriale.

Riprendo l’esempio iniziale. La centrale che produce energia è in genere posseduta da società di capitali. Si tratta molto spesso di imprese transnazionali, quotate in borsa. Chi vi investe denaro lo fa - con la parziale eccezione degli Stati – per ottenere un profitto individuale.

La comunità energetica è invece un’associazione o una cooperativa. È di proprietà di un condominio, di un gruppo di cittadini e dell’Amministrazione comunale, di una o più Diocesi, di una o più parrocchie (vedi anche una recente inchiesta pubblicata da Toscana Oggi).

La comunità energetica punta a coinvolgere, a favorire processi partecipativi, a prevenire o ridurre la povertà energetica (che improvvisamente è entrata, prepotente, in famiglie e fasce di popolazione che già erano toccate da forme di povertà educativa e/o sanitaria, oltre che di reddito, naturalmente). I cittadini e le realtà organizzate che costituiscono una comunità energetica, smettono di essere solo consumatori e diventano produttori-consumatori, prendono parte ai processi di produzione-gestione-distribuzione dell’energia e degli incentivi stabiliti da leggi regionali, nazionali e dal PNRR... (CONTINUA SU DESK, disponibile nelle librerie Paoline e sullo store di Avvenire).

Ultima modifica: Sab 19 Nov 2022